Strada Facendo

Per Confindustria l’autotrasporto
è una categoria di serie B?

Da quando è entrata in vigore, la scheda di trasporto è stata oggetto di molte prese di posizioni e sia i favorevoli sia i contrari hanno potuto illustrare le proprie tesi. I responsabili di Fai – Conftrasporto hanno fornito le proprie riflessioni, dichiarando la disponibilità (a patto che non vengano stravolti gli obiettivi) anche a semplificare il possibile. Quanto l’argomento sia sentito lo dimostrano gli interventi di Confindustria e delle associazioni del trasporto, che ovviamente sostengono tesi contrapposte. Tra le imprese di autotrasporto  che operano in modo serio e professionale, via via che passa il tempo e aumenta la consapevolezza dell’importanza della scheda, il consenso cresce sempre più. Ne è una riprova la lettera che un imprenditore del trasporto aderente a Confindustria, Paolo Oberti, amministratore delegato di SO.LOG, società che si occupa di trasporti e logistica, ha voluto inviare al presidente di Confindustria Sondrio, Paolo Mainetti, lettera che è stata ripresa dal giornale  locale “Centrovalle”. Una lettera che ripropone le ragioni che hanno indotto la categoria a richiedere la scheda di trasporto quale completamento della riforma del settore, basata sul principio della responsabilità condivisa. “Caro presidente, ti scrivo per rappresentarti il forte disagio della categoria dopo la levata di scudi di Confindustria a livello nazionale contro l’introduzione della scheda di trasporto, in vigore dal 17 luglio scorso a tutela della sicurezza della circolazione di mezzi e merci”, si legge nella lettera. “La scheda di trasporto prevede che vengano indicati il proprietario della merce, il committente e il trasportatore, solo se nei documenti di trasporto (contratto, Ddt, fatture eccetera) già esistenti non siano individuati. Si tratta dunque di un foglio e di un foglio soltanto, ma per Confindustria nazionale questo semplice documento, che sancisce il principio di corresponsabilità tra committente e vettore, rappresenterebbe “forti aggravi per le imprese della committenza industriale e logistica, in parte richiesti da un ampio settore della rappresentanza dei vettori in perenne stato di agitazione”. Settore che, a detta sempre delle alte sfere di Confindustria, “ha ottenuto molto dal Governo, sia sul piano legislativo sia economico”. La realtà è un’altra. E mi sento di rappresentarla proprio a te, presidente, affinché tu possa dar voce alle imprese dell’autotrasporto iscritte a Confindustria Sondrio. Non è certo il nostro settore a dettare le leggi del mercato. Il potere contrattuale che il settore dei trasporti detiene nei confronti della committenza è praticamente nullo. La maggioranza delle industrie bada solo a minimizzare il costo, mettendo continuamente le imprese in concorrenza tra di loro, ben sapendo che, a certe tariffe e condizioni, i servizi richiesti risultano economicamente svantaggiosi per chi li effettua e così agli autotrasportatori non resta che ricorrere a escamotage per rispettare, almeno formalmente, le ore di guida, a tutto svantaggio della sicurezza sulle nostre strade. Ma solo a parole l’industria mostra interesse. In realtà all’industria interessa soltanto spendere il meno possibile ed essere formalmente in regola, poi cosa facciano gli autotrasportatori… sono fatti loro! Logico, allora, che l’introduzione della scheda di trasporto non sia vista di buon occhio, perché impedisce alla committenza di chiamarsi fuori, di lavarsene le mani. In una mia proposta di legge del 1994 già era contenuto il principio della corresponsabilità tra commitente e vettore. Purtroppo metterlo in pratica si sta rivelando molto difficile. Chi mette in pericolo la sicurezza altrui deve essere, in uno Stato di diritto come il nostro, perseguito per legge e le forze dell’ordine devono essere messe in condizione di poter eseguire i controlli. Controlli che per ora sono effettuati praticamente solo alle aziende di trasporto, non sulla committenza. E forse non è un caso che le nuove piccole aziende individuali dell’autotrasporto siano sempre più in mano agli stranieri e in particolare agli extracomunitari (sarebbe interessante, credo, una statistica – indagine su questo fenomeno)! In questo scenario”, conclude la lettera, “purtroppo le imprese di autotrasporto iscritte a Confindustria non hanno certo la stessa voce che invece mostrano avere le imprese della committenza. Ed è proprio per questo che mi rivolgo a te, certo di un tuo interessamento verso una categoria che ormai da anni si confronta con le tematiche connesse alla sicurezza stradale, che non toccano solo la sfera economica di uno o più settori, ma investono l’intera società civile di cui Confindustria non è solo un attento osservatore, ma un importante attore”. Concetti chiarissimi, duri, documentati, che mettono a fuoco sia le colpe sia i colpevoli,  quelli espressi da Paolo Oberti (eletto nel 1994 deputato alla Camera in rappresentanza del Collegio 12 della Circoscrizione Lombardia 2 per la XII Legislatura nelle file del Polo per le Libertà) in una lettera che  ha immediatamente spinto il presidente nazionale di Fai Conftrasporto, Paolo Uggè, a prendere a sua volta carta e penna per scrivere al direttore del giornale di Sondrio che ha pubblicato la notizia, per sottolineare alcune importanti considerazioni. Ecco il testo della lettera di Paolo Uggè. “Gentile direttore, ho avuto modo di leggere l’interessante appello che Paolo Oberti, imprenditore dell’autotrasporto, ha rivolto al presidente di Confindustria Sondrio, lamentando la posizione assunta da Confindustria nazionale relativamente alla scheda di trasporto. Non posso che condividere le affermazioni dell’imprenditore valtellinese che descrivono con molta chiarezza una situazione generalizzata. Il merito di Oberti non è solo quello di un pubblica presa di posizione ma di rendere esplicito un fatto reale: lo scarso peso che in Confindustria hanno le imprese di autotrasporto. Personalmente, e l’amico Oberti lo sa, più volte ho avuto modo di evidenziare come la scelta, pur se legittima di Confindustria, sia quella di privilegiare in modo prevalente gli interessi del mondo manifatturiero rispetto a quello del trasporto. Una scelta errata, a mio modo di vedere, che emerge sempre di più oggi, nel momento in cui la funzione del trasporto e della logistica sono divenuti gli elementi di competitività in grado di rendere vincente il prodotto nazionale sui mercati europei. Rivolgere un invito alle imprese di trasporto a voler affidare la tutela dei propri interessi a una associazione che direttamente rappresenta il settore mi sembra ovvio e spero che l’appello di Oberti susciti una riflessione in altri operatori che sono convinti di vivere le medesime contraddizioni, cioè di essere associati a una realtà che non li tutela a sufficienza. La scheda di trasporto è un documento residuale che consente di individuare il proprietario delle merci o chi commissiona il trasporto, laddove i documenti già previsti non li indichino. Quello che mi preme è ribadire (ho avuto già modo di farlo in altre occasioni) come l’introduzione della scheda di trasporto non produca assolutamente un forte aggravio per le imprese committenti. Obiettivo primario è quello di creare tracciabilità e trasparenza nelle operazioni di trasporto per dare le maggiori garanzie possibili ai clienti e maggior sicurezza sulle strade. La Fai/Conftrasporto ritiene che la sicurezza delle persone valga bene un “foglio in più”, anche se come giustamente sostiene Oberti, le merci sono già nella maggior parte dei casi accompagnate in gran parte da idonea documentazione. L’innovazione tocca, dunque, una parte della committenza. Una cosa è certa invece: tutti , grazie alla scheda di trasporto, possono essere chiamati, per le loro responsabilità, a rispondere dei danni creati a terzi. Forse è proprio questo che da fastidio a coloro che nei convegni chiedono il rispetto delle regole ma sono i primi ad aggirarli. Sono questi “furbi”che scaricano sugli altri le conseguenze dei loro comportamenti che intendiamo stanare. Per ottenere questo obiettivo, concordato con il Governo, sarebbe molto utile che gli operatori seri, che intendono operare nel rispetto delle regole, prendano atto della politica di Confindustria, non interessata ad attribuire il “peso” adeguato alle imprese di trasporto, e decidano di concorrere a dar vita a una unica rappresentanza di categoria in grado di confrontarsi con chi tutela interessi di altra natura”. Firmato Paolo Uggè Presidente Fai/Conftrasporto.

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