Qualche autotrasportatore è stato costretto a vendere i camion. E qualcuno ha dovuto sacrificare la casa. Colpa della committenza che non salda le fatture, delle banche che esigono comunque il saldo interessi compresi, colpa della politica incapace di trovare una soluzione. Accade all’ex Ilva di Taranto dove ad alcuni “clienti” di quella che oggi si chiama Acciaierie d’Italia non è rimasto altro da fare che tornare a manifestare contro i ritardi nei pagamenti ribadendo che il settore dell’autotrasporto che lavora per il gruppo siderurgico “è all’esasperazione, non solo non vede un futuro ma non ha neanche un presente” come ha dichiarato Giacinto Fallone, responsabile del settore autotrasporto di Casartigiani Taranto, ribadendo per l’ennesima volta che “Acciaierie d’Italia deve pagare lo scaduto perché il settore non può lavorare gratis”.Giacinto Fallone, ha aggiunto che sono ormai diverse le segnalazioni di imprese che non possono pagare gli stipendi ai dipendenti” e che dopo un “ un Natale amaro è tempo d’intervenire per far rispettare le regole sui tempi di pagamento.:il trasportatore deve essere pagato a 45 giorni dall’emissione della fattura. Possiamo arrivare a 60 giorni, ma non di più. Invece da settembre qui nessuno vede un centesimo, c’è esasperazione. La manifestazione di protesta durerà fino a quando non vedremo che ci sarà volontà di cambiare la situazione”. “la situazione, estremamente critica, è stata esposta al prefetto, ai ministri, alla governance. Se questo stabilimento è strategico perché non si fa nulla per arrivare a un compromesso?”, ha aggiunto Fabio Greco, presidente Aigi, associazione che rappresenta a diverse aziende dell’indotto, e che ha aderito insieme con i responsabili territoriali e Confapi Industria, alla protesta che è stato deciso di far proseguire fino al 12 gennaio dopo la rottura avvenuta al tavolo tra il governo e ArcelorMittal sul futuro dell’ex Ilva. Uno scontro che lascia prevedere possibili conseguenze pesantissime anche per numerosi dipendenti di aziende di autotrasporto che già oggi sono, in almeno il 40-50per cento dei casi, in crisi profonda senza gli oltre 20 milioni di euro non saldati dall’ex Ilva la cui produzione è scesa ai livelli minimi, con le casse sono vuote, e i due soci quello pubblico, Invitalia, e quello privato, Arcelor Mittal, che non trovano un accordo. E con lo spettro della chiusura alle porte in particolare per le imprese di autotrasporto più colpite, quelle che, denunciano i rappresentanti sindacali, “avanzano ancora le fatture di giugno e con solo una parte di queste che può essere scontata, incassando parzialmente quanto spetta, ma indebitandosi con le banche.”