I conducenti che lavorano per imprese di autotrasporto italiane così come moltissimi altri cittadini che si muovono per lavoro utilizzando veicoli diesel o a benzina, non meritano né di essere presi in giro né costretti a dover acquistare auto elettriche ignorando altre possibilità. La decisione assunta a livello europeo di mettere al bando entro i 2035 i mezzi alimentati con i “vecchi” carburanti per contrastare le emissioni di Co2 rappresenta un autogoal storico e consegnare di fatto le chiavi del potere economico a pochi Paesi produttori, tra i quali la Cina, uno degli Stati più inquinatori al mondo con U.S.A., India e Africa, sfiora l’autolesionismo. Se a tutto questo aggiungiamo che l’Italia non ha una rete adeguata di rifornimento per i mezzi elettrici e non l’avrà per molto tempo ancora e che non considerarlo è demenziale e va contro le nostre imprese e la nostra gente, il quadro di cosa ci attende è delineato. Ed è un quadro catastrofico. Ad affermarlo, nel suo consueto appuntamento settimanale on line sul sito di Conftrasporto, è Paolo Uggè, presidente nazionale di Fai Conftrasporto, annunciando la propria decisione di voler combattere una durissima sul “caso mezzi elettrici “ senza la minima intenzione di mollare di un centimetro”. Una battaglia decisa per contrastare una totale disinformazione in materia a favore di “svolte puramente ideologiche”, denuncia Paolo Uggè evidenziando come “il problema al quale si cerca di non rispondere sia legato alle modalità con le quali l’energia elettrica si produce. Non esiste in natura l’elettricità, occorrono fonti come il nucleare, il carbone, i fossili, o l’eolico per produrla”, scrive la “storica voce” della federazione autotrasportatori italiani, pronto a combattere in prima linea, nonostante i 75 anni compiuti, contro realtà che in troppi fingono di non vedere. Come, per esempio, il fatto che l’Europa in termini di emissioni, sia tra le economie che ne producono meno (circa il 6 per cento) con i trasporti, pesanti, in particolare, messi però puntualmente sotto accusa nonostante siano i “ meno colpevoli” in assoluto”. Camion che servono a far viaggiare l’economia e a garantire una “normale” vita quotidiana rifornendo negozi, aree di servizio, farmacie e ospedali che, prosegue Paolo Uggè puntando l’indice accusatore sul fatto che, dati alla mano, “se il nostro Paese ha ridotto le proprie emissioni più della media europea gran parte del merito va proprio al settore del trasporto pesante che, occorre ribadirlo, è il settore che ha ridotto le emissioni di CO2 del 30 per cento. Ma nonostante questo ancora in troppi si sforzano di indicare l’autotrasporto come l’inquinatore per eccellenza”. Persone disinfo4mate, nel migliore dei casi, bugiarde e cialtrone, nel peggiore: esattamente come coloro che fingono di non vedere e non danno spazio “alla petizione che mille tra esperti e premi dei Nobel hanno indirizzato all’Onu illustrando le proprie teorie”. Teorie che raccontano una verità ben diversa da chi sta rappresentando la svolta elettrica come la soluzione ideale, migliore, finale. Con la gran parte dell’energia prodotta bruciando carbone e petrolio. Ma questo è un capitolo che nelle belle favolette ambientaliste e ideologiche viene tralasciato. Lasciando spalancate le porte a uno scenario che Paolo Uggè vede sotto una luce quasi apocalittica, con “ l’economia europea penalizzata lasciando ai Paesi inquinatori la possibilità di continuare a danneggiare l’ambiente”, con l’economia del Paese nelle mani rapaci di altri Paesi o di gruppi finanziari” e soprattutto “cambiando così i principi fondanti dei sistemi democratici e creando spazio per poche oligarchie. Non si vuole frenare la tutela dell’ambiente ma ragionare innanzitutto sulla neutralità delle fonti”, conclude l’ “atto di accusa” postato on line su Conftrasporto. Raccontando solo la pura verità: ovvero che “oggi si prendono in giro tante persone presentando la fonte elettrica come l’unica soluzione utile ma si evita di far conoscere l’esito dell’inquinamento prodotto nell’intera fase produttiva, evitando poi qualsiasi informazione “vera” anche in materia di tempi della realizzazione e possibili finanziamenti. La drammatica realtà è che senza un’azione coordinata i sistemi economici e sociali collasseranno e lo spettro della povertà, per le aziende del fallimento è dietro l’angolo”.