“Il Governo affonda l’Italia lasciandola senza lavoro e collegamenti”. Una manciata di parole, quella usata dal portale mareonline.it, per riassumere un lungo atto d’accusa formulato da Assarmatori, l’associazione che raggruppa le società armatoriali e di navigazione che operano in Italia presieduta da Stefano Messina , contro il Governo “colpevole”, con il suo “decreto rilancio”, di aver usato due pesi e due misura per trasporto aereo e trasporto via mare, salvando il primo e abbandonando a se stesso il secondo. “Assumendosi una grave responsabilità in un Paese al centro del Mediterraneo, dove un’importante fetta della popolazione vive su isole e il 90 per cento della produzione di merci dipende dal trasporto marittimo per l’approvvigionamento delle materie prime o per la distribuzione del prodotto finito”, come si legge nel comunicato stampa che, sottolinea proprio l’articolo pubblicato dal portale dedicato al mare e alla navigazione, “evidenzia la parola “J’accuse” fin dal titolo”. Un decreto scritto da una classe politica che sembra “fregarsene altamente del destino delle imprese armatoriali”, che , denunciano i responsabili di Assarmatori, “garantiscono una rete di collegamenti essenziali, ma anche migliaia di posti di lavoro di marittimi italiani. Nell’ultima versione del Decreto Rilancio, all’articolo 201 è previsto un fondo di 150 milioni per la compensazione dei danni subiti dalle compagnie aeree nazionali per effetto della riduzione del numero dei passeggeri trasportati durante la fase di emergenza da Coronavirus e all’articolo 206 è previsto un fondo di 3 miliardi di euro per la costituzione di una nuova compagnia di bandiera. Per le compagnie di navigazione, che i passeggeri proprio non li possono tuttora imbarcare, non è stato invece previsto alcun indennizzo o aiuto, se si esclude la sospensione della tassa di ancoraggio. Altro che sostenere le attività marittime e impedire il tracollo di un settore strategico dell’economia nazionale e l’immediata cancellazione di migliaia di posti di lavoro, come il Governo aveva assicurato di voler fare”. Accuse pesanti, rivolte a un Governo incapace di “cogliere a fondo la gravità della situazione, visto che dopo oltre due mesi di lockdown il cluster marittimo, componente fondamentale della catena logistica che tiene in piedi il Paese, è allo stremo per le conseguenze della pandemia”. Una situazione “sostenuta” in un mare di difficoltà fino a oggi, ma impossibile da sostenere a lungo per il cabotaggio nazionale di trasporto merci e passeggeri: “i traghetti che collegano i principali porti nazionali e in particolare le isole maggiori e minori e le navi impegnate sulle Autostrade del Mare, continuano a viaggiare per consentire il trasporto delle merci, indispensabile per gli approvvigionamenti e per garantire la continuazione di attività economiche e industriali vitali, ma i costi ingenti di questi servizi, essenziali per il Paese, non vengono minimamente compensati dai ricavi mancando completamente la componente del traffico passeggeri. E non fa prevedere miglioramenti la prospettiva di dover viaggiare al 50-60 per cento (e forse anche meno) della disponibilità dei posti anche dopo la fine del lockdown, per poter garantire il distanziamento fisico che giustamente dovrà rimanere in vigore fino al completo debellamento della pandemia e per cui le aziende armatoriali hanno già adottato tutti i protocolli. Dalle analisi effettuate dalle compagnie armatoriali risulta, infatti, che mentre i ricavi caleranno per oltre la metà (il calo attuale è superiore al 90 per cento) i costi fissi e variabili non potranno che scendere di un quarto o poco più, condizioni che rendono impossibile qualsiasi ipotesi di continuità aziendale. Tanto più se anche per le compagnie di navigazione, come per le altre aziende “capital and labour intensive”, l’accesso alla liquidità con garanzie pubbliche resta al momento solo un’illusione. Quanto al traffico internazionale di container e rinfuse”, prosegue l’atto d’accusa al Governo, “le navi continuano a essere rallentate dalle diverse e spesso contrastanti misure di contenimento decise dalle varie autorità nazionali e di numerosi altri Paesi. Di conseguenza il calo dell’attività nei porti italiani supera il 30 per cento, ma le previsioni sono di ulteriori peggioramenti per il prossimo futuro”. Ombre nerissime all’orizzonte dunque, così come del resto per il settore crocieristico “che secondo le previsioni di fine 2019 quest’anno si sarebbe dovuto avviare a superare ogni record precedente, con oltre 13 milioni di passeggeri in Italia, tra imbarchi, sbarchi e transiti, ma che è invece interamente fermo”, denunciano i rappresentanti di Assarmatori. “E in Italia la situazione è ancora più grave perché le compagnie che hanno assicurato finora tali volumi (e che per l’80 per cento sono aziende internazionali), non solo devono far fronte alle difficoltà di rientro dei marittimi nelle loro nazioni di provenienza per i divieti posti dai vari Governi (in tutto il mondo sono 100 mila i marittimi bloccati sulle navi per questo motivo), ma non possono nemmeno attraccare nei porti italiani per mettere le navi in disarmo, a causa di un’inspiegabile blocco imposto con i decreti emergenziali. Una scelta tanto miope quanto autolesionista: tenere lontano in un momento così critico chi ha garantito in questi anni la crescita più consistente degli incassi turistici non è certo prova di lungimiranza”.
Per reggere questa situazione, definita “di autentica calamità” e per evitare “un vero e proprio suicidio collettivo”, Assarmatori insieme a Conftrasporto a cui aderisce e alle altre associazioni del cluster, ha chiesto misure specifiche di sostegno per le imprese e i lavoratori analoghe a quelle previste per il trasporto aereo fin dal primo Decreto Cura Italia di metà marzo.