Strada Facendo

Camionisti in prima linea contro l’epidemia. Sfidano il contagio per consegnare farmaci e cibo

L’emergenza Coronavirus è stata letta, analizzata, radiografata in molti modi. Mettendo in particolar modo sotto la lente d’ingrandimento del  microscopio i numeri: quelli dei contagiati, delle vittime, dei guariti… Numeri analizzati da decine, centinaia di esperti. Claudio Fraconti, esperto in autotrasporto (essendo al volante di un’impresa del settore ma anche alla guida della Fai, federazione autotrasportatori italiani, come presidente dell’associazione di Fai Milano-Lodi Monza Brianza) quei numeri ha voluto leggerli attraverso una precisa chiave di lettura: il rapporto fra il rischio di esposizione al virus (che per un lavoratore che continua a spostarsi entrando in contatto con molte persone potrebbe esserci) e la percentuale di camionisti assenti dal posto di lavoro. Scoprendo che “nonostante gli operatori del settore siano esposti ai rischi di contagio, sono, allo stesso modo, quelli che fanno registrare il minor numero di assenze sul posto di lavoro”. Una constatazione che ha spinto Claudio Fraconti a ringraziare, a nome di tutta l’associazione lombarda, una categoria “a cui tutta lì’Italia dovrebbe essere riconoscente, se non fosse altro in considerazione del fatto che senza di loro anche tutto il mondo dedicato all’emergenza non potrebbe effettuare questo compito essenziale. Mi riferisco in particolare ai trasporti alimentari, al rifornimento di gas tecnici agli ospedali, al rifornimento dei carburanti e alla manutenzione di tutti quei servizi vitali per la vita del nostro Paese”, ha affermato Claudio Fraconti in una lettera inviata alla redazione di stradafacendo.tgcom24.it. Cogliendo l’occasione per aggiungere una riflessione: “Una notizia però salta all’occhio, e non è purtroppo isolata. Molti autisti e aziende estere si fermano al confine (come se il virus avesse confini) e non proseguono per l’Italia o non ci vogliono proprio venire.  E sono gli stessi che in questi anni sono venuti a fare man bassa di trasporti a casa nostra, forti del loro dumping sociale, del loro carburante a basso costo, dei loro congegni per escludere il consumo di additivi per non inquinare, della mancanza di controlli e chi più ne ha più ne metta. Chi sa se le aziende di produzione italiane alla fine di questa baraonda, quando avranno ricevuto dallo Stato le sovvenzioni per il personale in cassa integrazione o altro, si ricorderanno di cosa stanno facendo adesso i pochi operatori nazionali di questo settore? Avranno un occhio di riguardo per le imprese italiane che ora stanno comunque lavorando, affidando a loro i servizi di trasporto o torneranno a servirsi ancora del primo che passa, pronto però a tirarsi indietro di fronte a un ostacolo e contribuendo, con il loro comportamento irresponsabile e ingiustificato ad attribuire all’Italia il ruolo di “untore” che non le appartiene, come dimostrato ampiamente dagli scienziati. Questa è un’epidemia nata in Cina e che in Europa è arrivata per la prima volta in Germania. Il Paese, guarda caso, di quel camionista che ha abbandonato il Tir al Brennero per non proseguire il viaggio da noi…”.

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