“Vent’anni fa anni fa il traffico internazionale era in mano agli autotrasportatori italiani, che detenevano il 56 per cento del totale: oggi siamo relegati al 15 per cento. Ora con i nuovi pesantissimi divieti di transito al valico del Brennero decisi unilateralmente dall’Austria solo per diventare il gestore della logistica europea, sottraendo lavoro alle nostre imprese, ci saranno ulteriori pesanti ricadute sulle nostre imprese e sull’intera economia, nel breve termine con un rallentamento delle vendite italiane all’estero, e nel lungo termine con la completa sostituzione dei nostri prodotti con quelli dei Paesi limitrofi. Ma perché non lo facciamo anche noi? Dal Brennero ad andare verso la Francia o la Slovenia, non si crea inquinamento? Se l’Austria ha le sue ragioni, noi ne potremmo avere molte di più…”. Sono molti i passaggi destinati a far riflettere presenti nella lettera che Sergio Piardi, presidente di Fai Conftrasporto Brescia, ha deciso di inviare alla redazione di Stradafacendo. Una lettera scritta proprio per far riflettere l’intero Paese su cosa potrà accadere se un mondo politico sempre più chiaramente incapace non interverrà. Una riflessione che è invitato a fare, primo fra tutti, Dario Bolotta, ex sindacalista oggi alla presidenza dell’Osservatorio nazionale liberalizzazioni infrastrutture e trasporti, protagonista di un articolo, on line su stradafacendo, in cui definiva le preoccupazioni di decine di migliaia di lavoratori per l’Isolamento” dell’italia un semplice e banale “allarmismo”. Ecco il testo integrale della lettera inviata da Sergio Piardi a stradafacendo. “Egregio direttore, spettabile redazione,la rivoluzione industriale che coinvolge anche il mondo dei trasporti punta allo sviluppo delle tecnologie e dei sistemi logistici. Idee e soluzioni che, se da una parte aprono finestre suggestive, dall’altra devono scontrarsi con i “muri” fisici imposti dalle nazioni europee, che limitano il diritto della libera circolazione e penalizzano il sistema produttivo italiano. Mi riferisco al Brennero, con la decisione unilaterale da parte dell’Austria del contingentamento della circolazione dei mezzi pesanti. Una situazione che ormai non trova soluzione. Anzi. Dal 1° gennaio l’Austria ha appesantito la mano con ulteriori divieti di transito ai Tir. Le categorie merceologiche colpite dai nuovi divieti sono la carta e il cartone; prodotti a base di oli minerali fluidi; cemento, calce e gesso; tubi e profilati cavi; cereali. Merci che vanno ad aggiungersi a quelle per le quali già vige il divieto settoriale, tra cui: rifiuti; pietre, terre, materiali di risulta/detriti; legname in tronchi, sughero; minerali ferrosi e non ferrosi; marmo e travertino; piastrelle in ceramica. Ma come mai si fermano le merci invece di selezionare i camion che le trasportano? Non è forse fare concorrenza sleale per i nostri prodotti? Questo è il quadro della situazione, a dir poco preoccupante. Eppure per qualcuno non è così. Mi riferisco al signor Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio nazionale liberalizzazioni infrastrutture e trasporti, secondo il quale gli Sos lanciati dagli autotrasportatori italiani per i divieti al Brennero sarebbero semplice “allarmismo”. Il signor Balotta, in una nota, spiega che “le iniziative volte a una maggiore sostenibilità ambientale che il Tirolo ha annunciato e poi adottato dal primo gennaio 2020 di restrizione del traffico pesante di attraversamento con il divieto di circolazione ai Tir fino a Euro 6 immatricolati prima del 31 agosto 2018 in transito sul territorio austriaco e alcune altre limitazioni merceologiche non hanno provocato nessun blocco e nessuna particolare situazione di disagio come avevano suggerito di annunciare a gran voce le categorie dell’autotrasporto”. Mi piacerebbe sapere in base a quali statistiche il signor Balotta afferma che non ci sono disagi. Numeri alla mano, per ogni ora di ritardo nell’attraversamento del Brennero, l’economia italiana paga più di 370 milioni di euro all’anno. L’interscambio commerciale dell’Italia con l’Europa ammonta a circa 500 miliardi di euro l’anno. Secondo i dati di Uniontrasporti-Unioncamere, il 70% dei flussi import/export Italia-Europa passa per le Alpi, e il Brennero, da solo, assorbe un quarto dei transiti, per 2,4 milioni di Tir all’anno. L’interscambio commerciale Italia-Paesi del corridoio scandinavo-mediterraneo, di cui l’asse del Brennero è un segmento fondamentale, supera i 200 miliardi di euro l’anno. Signor Balotta, non tutti i disagi sono visibili e tangibili immediatamente. Il Brennero per noi è una questione fondamentale, perché le code che si formano producono non solo inquinamento “ambientale”, ma anche disagi di natura economica, che si fanno sentire nel medio-lungo periodo: solamente 20 anni fa, il traffico internazionale era in mano agli autotrasportatori italiani, che detenevano il 56% del totale. Oggi siamo relegati al 15%. Gli ostacoli alla circolazione al Brennero, decisi unilateralmente, hanno pesanti ricadute sulle nostre imprese e sull’intera economia, nel breve termine con un rallentamento delle vendite italiane all’estero, e nel lungo termine con la completa sostituzione dei nostri prodotti con quelli dei Paesi limitrofi! Ma perché non lo facciamo anche noi? Dal Brennero ad andare verso la Francia o la Slovenia, non si crea inquinamento? Se l’Austria ha le sue ragioni, noi ne potremmo avere molte di più… La protesta dell’autotrasporto non è solo per un danneggiamento al comparto e all’economia nazionale, ma soprattutto per una questione di principio: un Paese non può unilateralmente decidere di andare contro i principi fondanti della Comunità Europea. Vorrei ricordare che l’Unione Europea è costituita su un valore: la “libera circolazione delle persone e delle merci”. L’Austria quando aderì al sistema comunitario assunse precisi impegni, oggi non può pensare di agire come meglio ritiene. I valichi alpini sono la nostra “porta” verso l’Europa. Una porta difficile da superare per le nostre merci che devono giungere in Europa a condizioni e in tempi accettabili! In previsione della chiusura del Monte Bianco per almeno due anni, l’Italia dovrà obbligatoriamente attraversare l’Austria per arrivare in tutti gli altri Paesi della U.E. Se l’Austria limita il passaggio, i mezzi pesanti italiani non hanno alternative! Secondo il signor Balotta, inoltre, “le restrizioni hanno positivamente (solo) incentivato gli autotrasportatori più inquinanti ad acquistare Tir Euro 6, meglio se alimentati a GNL”. Premesso che l’acquisto di un nuovo mezzo pesante è un investimento gravoso per un’impresa, e quindi non se ne può parlare a cuor leggero, è giustissimo incentivare il ricambio del parco veicolare, privilegiando i carburanti alternativi, come per esempio il Gnl. Però può accadere, ed è successo a fine gennaio, che gli scioperi in Francia blocchino diverse attività, tra cui proprio la produzione e distribuzione del gas naturale liquefatto. Cosa c’entriamo noi con la Francia? Tantissimo, visto e considerato che a Marsiglia viene prodotto gran parte del gas naturale liquefatto usato non solo dagli autotrasportatori francesi, ma anche da quelli italiani, perché nel nostro Paese non esistono impianti di stoccaggio o di produzione di gas naturale liquefatto per autotrazione e tutto il prodotto è importato su strada dall’estero e il porto francese è la località più vicina!!! Fortunatamente ora la situazione sembra rientrata, ma si è rischiato che una parte degli oltre duemila veicoli industriali alimentati a gas naturale liquefatto dovessero restare fermi, anche perché non hanno alcuna possibilità di viaggiare con altri combustibili. In questo caso, signo. Balotta, tenere i tir fermi nei piazzali senza la possibilità di trasportare le merci, quali disagi ha portato alla nostra economia? Abbiamo dato la precedenza alle merci degli altri Paesi a discapito dell’economia italiana. Per un imprenditore è quasi “umiliante” dover trovare soluzioni in un comparto nel quale non siamo competitivi e dove i nostri prodotti rischiano di essere boicottati. L’Austria sta cercando di diventare il gestore della logistica europea, sottraendo lavoro alle nostre imprese. Non si possono inventare da un giorno all’altro divieti di circolazione che non portano a nulla, se non a peggiorare le condizioni di vita delle persone come gli autisti che sono esseri umani e lavorano per mantenere le loro famiglie. La giustificazione è il rispetto ambientale, ma i vincoli alla circolazione non riguardano i veicoli austriaci. Non è anche questa concorrenza sleale? Intanto il tempo passa e l’economia italiana ne subisce le conseguenze!!!”