Strada Facendo

25 aprile, l’autotrasporto lancia un appello per liberarsi da chi lo vuole danneggiare

Nel giorno in cui l’Italia celebra la data della “liberazione”, dell’appello all’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati lanciato il 25 aprile del 1945, verrebbe da lanciare un altro appello. Quello rivolto a tutti gli operatori del mondo dell’autotrasporto (e più in generale a tutti i lavoratori) che si sentono vessati e talvolta vilipesi dai comportamenti, a dir poco irritanti, di chi, nell’interesse del Paese, dovrebbe occuparsi più seriamente di questo (così come di altri) settore vitale per l’economia del Paese. Mettere sullo stesso piano un evento storico di quella portata, pur portando il massimo rispetto per coloro che ci liberarono dal nazifascismo, e la situazione di oggi determinata da incapacità o disinteresse (o entrambe le cose) potrebbe sembrare un’assurdità, ma il fatto è che non se ne può più. Un appello-provocazione, frutto di una serie di episodi capaci di portare all’esasperazione chiunque. Un esempio? Il cambiamento climatico che sembra avere, per molti, un solo grande colpevole: i “maledetti Tir”, con i soli mezzi pesanti responsabili dell’inquinamento, oltre che dei morti sulle strade. Niente di più falso, di più “ideologicamente falsato”, ma nonostante le ripetute smentite coloro che determinano le opinioni non si lasciano convincere. Neppure dai dati, accessibili a tutti e non certo elaborati da associazioni di categoria, e dunque da una parte in causa: per comprendere le reali cause del cambiamento climatico, in tutta franchezza, è preferibile credere più a un fisico, premio Nobel, come il professor Carlo Rubbia o a una ragazzina di 16 anni “autrice” di affermazioni piene di luoghi comuni? Negli ultimi vent’anni, sostiene lo scienziato, il riscaldamento è diminuito, non aumentato. E alle sue affermazioni si possono aggiungere quelle dei professori Franco Battaglia e Antonino Zichichi, che, proprio perché scienziati e non tuttologi senza alcuna preparazione, non si accodano a chi non esita a utilizzare l’immagine dello stesso pontefice e di una fanciulla per sostenere probabilmente una campagna utile a qualche finanziere. Per quanto riguarda poi il capitolo sicurezza stradale e il coinvolgimento (che non significa essere automaticamente sempre colpevoli) negli incidenti di mezzi pesanti, i dati smentiscono ancora una volta i diffusori del “virus della colpevolezza a prescindere”. Ma, nonostante i dati, anche in questo caso inconfutabili, il ministro dei Trasporti sta forse facendo qualcosa per combattere i luoghi comuni che danneggiano non solo l’economia di un settore ma dell’intero sistema economico? No. E intanto gli uffici del ministero territoriali continuano a non poter effettuare le revisioni dei mezzi (manca il provvedimento attuativo); intanto la pubblicazione dei costi della sicurezza definiti dal ministero non viene pubblicata (pare dia fastidio a chi è il committente del trasporto). Sulle infrastrutture poi basta scorrere l’allegato al Def per rendersi conto di come il testo appaia ricco di contraddizioni (esemplare quello sulle reti Ten e sulla Tav), e di come sia sbilanciato a priori in direzione della mobilità elettrica senza considerarne i limiti operativi e ambientali pur evidenziati non da uffici studi delle federazioni del trasporto su gomma, bensì dall’Agenzia europea dell’ambiente. Il tutto non tenendo in alcuna considerazione, o facendolo solo in modo marginale, le leve della logistica e dell’accessibilità, elementi di sviluppo per il Paese. Forse è il caso di far notare ancora una volta come nei prossimi mesi ci troveremo con il trasporto su gomma che verrà ostacolato verso est (Tirolo e Brennero); con la linea ligure purtroppo ridotta dal tragico incidente sul ponte di Genova; con il Frejus in manutenzione e quindi a senso alternato; e infine con l’annunciata chiusura per due anni del traforo del Bianco. Ma invece di agire con decisione ci si accontenta di strette di mano e fotografie con la commissaria europea ai trasporti. Dimenticando perfino i problemi di tutto il sistema del mare, dove la funzionalità e la permeabilità dei porti sono le condizioni essenziali perché il sistema logistico nazionale favorisca l’accessibilità ai mercati europei. Nulla: solo chiacchiere e problemi che rimangono irrisolti. Appare evidente come il tutto appartenga a una visione che passa sotto il titolo “decrescita felice” alla quale non dobbiamo rassegnarci bensì reagire nei modi democratici che sono consentiti. Esiste l’arma del voto che il 26 maggio ognuno può utilizzare. Sarebbe bellissimo se, riconoscendo le nostre preoccupazioni, anche coloro che sostengono la teoria del “nulla fare” condividessero il documento che Conftrasporto Confcommercio sottoporrà a tutte le forze politiche, nessuna esclusa (senza per questo rinunciare nel voler segnalare i partiti che si dichiareranno favorevoli alle proposte contenute nel documento). Il 26 maggio potrebbe diventare una nuova festa della liberazione: liberandoci di quelli che sostengono visioni contrarie agli interessi del Paese.

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio 

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