Un vecchio detto afferma che a forza di tirarla la corda rischia di spezzarsi. Per una ragione semplicissima, spiegata peraltro da un altro diffusissimo modo di dire: ovvero che la pazienza ha un limite. Pazienza che moltissimi responsabili di imprese di autotrasporto che si occupano di carichi eccezionali sembrano aver definitivamente perso, dopo aver assistito, impotenti, per quasi due anni alla paralisi dell’attività. Una paralisi scattata all’indomani della tragedia avvenuta a fine ottobre 2016, quando un ponte ad Annone Brianza, nel lecchese, è crollato sotto il peso di un Tir uccidendo una persona e ferendone altre sei. Una paralisi dovuta alla “paura” da parte di funzionari-burocrati di assumersi responsabilità e rischi (di condanne); dall’incapacità del Governo di effettuare controlli sulla sicurezza dei cavalcavia e disporre regole chiare. In altre parole, un gioco di “tira e molla” per scaricare altrove decisioni e responsabilità che ha portato, inevitabilmente, a spezzare la corda. Portando il caso nelle sedi giudiziarie, se necessario. Ne è una prova la lettera inviata dagli avvocati di un noto studio legale di Bolzano, per conto dell’Anna, l’associazione nazionale noleggiatori autogru, ai responsabili dell’ufficio viabilità e trasporti della Provincia di Potenza e, per conoscenza, alla prefettura della stessa città. Una lettera, inviata “a tutela e patrocinio di diversi associati operanti nel settore delle gru mobili e trasporto eccezionale”, nella quale si segnalano “contegni dal profilo censurabile (se non addirittura abusivo) adottati da codesta amministrazione nella trattazione e rilascio di autorizzazioni”, senza rispettare “in totale spregio delle previsioni normative, la scansione temporale prevista, provvedendo a fronte di istanze trasmesse, alla trasmissione ad altro ente proprietario solo oltre due mesi dopo”. Un atteggiamento che i legali definiscono, nero su bianco, “immotivatamente e abusivamente assunto da codesto ufficio, che di fatto si traduce in una omissione dei doveri d’ufficio che causa danni inestimabili alle aziende associate”. Le conclusioni finali? Senza un immediato rispetto delle normative non potrà che esserci, come conseguenza, quella di un’azione “nelle competenti sedi al fine di tutelare l’associazione”. Un finale “obbligato” e che potrebbe dare il via a una serie di altre denunce, spezzando decine, centinaia di “corde” che lo Stato ha tirato troppo a lungo, nonostante i ripetuti allarmi lanciati, fortissimi, da Conftrasporto. Possibile che per quasi due anni nessuno abbia avuto modo di comprendere che questa situazione stava avendo pesantissime ripercussioni non solo sulle imprese del trasporto eccezionale ma anche sul mondo industriale, con la perdita di commesse per decine e decine di milioni di euro da parte di operatori esteri, e tutto questo per l’impossibilità di far trasportare la produzione sulle nostre strade? Possibile che nessuno abbia letto i numerosi articoli nei quali veniva denunciato come il perdurare di questa indeterminatezza nelle procedure di rilascio delle autorizzazioni stesse provocando situazioni degne di un romanzo di Kafka, con esponenti dell’amministrazione pubblica che sono arrivati addirittura a chiedere agli autotrasportatori di garantire che i ponti non sarebbero crollati al passaggio dei loro tir, attraverso controlli da far eseguire a spese dell’impresa? E arrivando perfino, in un caso, a indicare da parte di un funzionario il nominativo di un professionista disponibile e abilitato ad effettuare tali perizie in cambio di una parcella di 70mila euro? Riassumendo: imprese costrette a predisporre autentiche montagne di documenti, come denunciato a Villa d’Este a Cernobbio un anno fa esibendo alla stampa un plico alto 20 centimetri di carte richieste a un’impresa per effettuare un trasporto eccezionale; Tir fermati dalla paura dei funzionari di finire in un’aula di giustizia in caso di altri crolli di cavalcavia; ponti non controllati da migliaia di dipendenti pubblici probabilmente impegnatissimi in altre faccende più importanti; trasportatori chiamati a pagare i controlli statici (e perfino, giusto per non farsi mancare nulla, la salvaguardia di eventuali statue o altre opere collocate sul tragitto…..); commesse andate a farsi benedire, magari con l’aggiunta di penali da pagare, per le imprese produttrici…. È già una fortuna che qualche imprenditore abbia strappato la corda e non l’abbia usata, in preda alla disperazione, per andare a impiccarsi… Prima che una cosa simile possa davvero accadere qualcuno proverà a occuparsene? In questi giorni di dibattito politico diversi leader stanno discutendo di pensioni, immigrazione, flat tax, reddito di cittadinanza, grandi opere, riforme costituzionali. Nessuno sembra aver annotato, nella propria agenda di lavori, il tema della logistica, come sistema di organizzazione e gestione in rete delle infrastrutture e dei servizi via terra, via mare via rotaia. E siccome al peggio non c’è mai fine, chi parla di infrastrutture lo fa solo per affermare l’ inutilità della realizzazione del Terzo valico a Genova che si collega con il corridoio trasversale europeo est-ovest, oppure del Ponte sullo Stretto, o della Tav Torino Lione. Opere frutto di scelte che i commissari europei Karel Van Miert e Loyola de Palacyo effettuarono allo scopo di disporre di corridoi considerati indispensabili per rendere competitiva l’economia europea con altre economie del mondo. Non realizzarle costerebbe, per di più, oltre due miliardi e mezzo di euro in sanzioni. La corda forse sarebbe meglio usarla per legare qualcuno in modo che non possa muoversi e fare danni….
Paolo Uggé, presidente Fai e vicepresidente Confcommercio