“Essere un gruppo affiatato che persegue un obiettivo comune, in altre parole fare il gioco di squadra, è la strada migliore per restare sul mercato e continuare a essere concorrenziali”, conferma Vincenzo Santone, titolare dell’impresa che in realtà però si considera solo uno dei “giocatori”. “Dire che oggi guido l’azienda di famiglia non rispecchia la realtà: la verità è che siamo un gruppo di giovani che insieme portano avanti un comune obiettivo, quella di conquistare giorno dopo giorno, lavoro dopo lavoro la permanenza sul mercato. E le nuove strategie aziendali adottate dalla nostra azienda hanno funzionato perché erano l’obiettivo al quale tutti puntavamo, di cui tutti eravamo convinti”. Già, l’obiettivo: ovvero? “La Tre S ha deciso di mettere il proprio deposito a disposizione di tutti gli operatori del settore che abbiano problemi con lo scarico nella zona di Pastorano e che necessitano di una soluzione alternativa al fatto di dover riportare il carico indietro o di dover aspettare giorni prima di scaricare. Una sorta di salvagente per emergenze che nel nostro settore non rappresentano l’eccezione ma la norma. L’azienda a cui hanno respinto il carico lo porta qui e noi provvediamo all’eventuale ripristino e alla riconsegna, mentre l’operatore può continuare a seguire il proprio programma di lavoro”.
Una svolta netta rispetto al passato, a quando l’azienda era guidata da suo padre… “Paragonare l’azienda guidata da mio padre con quella in cui lavoriamo oggi vuol dire mettere a confronto due realtà completamente differenti. Sia per il contesto economico, differentissimo, sia perché nel tempo le aziende di trasporto hanno dovuto strutturarsi e cambiare in modo molto significativo. Se in passato l’obiettivo era quello di trasportare merce da un punto a a un punto b, oggi si potrebbe dire che il “core business” risiede invece in tutti quei servizi che l’azienda è in grado di affiancare al trasporto in senso stretto, tali da renderla differenziata rispetto ai concorrenti agli occhi dei clienti. L’obiettivo principale è diventato quello di creare vantaggi competitivi che fidelizzino il cliente”.
Una visione manageriale, “figlia” di una generazione molto diversa da quella di suo padre. Lei è laureato in economia e commercio: quali sono i punti di forza e di novità che un giovane manager oggi può portare in questo tipo di attività? “Come dicevo, tutto il settore si è trasformato e modernizzato e il livello di cultura manageriale oggi è più alto rispetto alla precedente generazione. Ma credo che sia l’insieme delle esperienze e capacità espresse dalle due generazioni a consentire di raggiungere ottimi risultati perché uniscono una lunga esperienza nel settore alla capacità di gestione che trovano radici in anni di studio. Il segreto è di prendere le positività di entrambi e creare sinergie che consentano un miglioramento nella gestione d’impresa nel suo complesso. Anche in questo caso è gioco di squadra. Con qualche giocatore un po’ anzianotto, ma ancora preziosissimo…”.
Nella vostra attività trasportate e immagazzinate prodotti diversi, dai freschi al secco, con caratteristiche diverse e diverse “esigenze”: come avete dovuto strutturarvi? “L’azienda è strutturata in quattro differenti settori: linea, distribuzione secco, distribuzione ortofrutta, deposito per logistica. E ogni settore ha un suo responsabile. Un ruolo delicatissimo visto l’intrecciarsi dei mezzi sui vari settori, lo stretto collegamento fra di loro, la necessità di gestire le sovrapposizione che inevitabilmente si creano”. E attraverso quali controlli e quali operazioni principali viene garantita l’assoluta qualità dei prodotti prima che arrivino sugli scaffali dei negozi, dei supermercati? “Relativamente al trasporto le procedure che garantiscono l’inalterata qualità dei prodotti trasportati sono il rispetto dei moduli Hccp, acronimo di Hazard analysis and critical control points, ovvero del sistema di controlli da effettuare per garantire che il livello più elevato di sicurezza alimentare e il mantenimento della catena del freddo per i prodotti a temperatura. La vera partita da giocare, relativamente la qualità dei prodotti, si disputa però a monte del trasporto e passa attraverso la scelta del fornitore, la rintracciabilità della merce, la selezione della stessa…”.
Gestire una moderna impresa di autotrasporto significa tutto questo ma anche di più: per esempio significa gestire la tracciabilità dei mezzi, sapere cosa avviene in ogni momento, su decine di camion in viaggio su strade, in regioni, addirittura Paesi diversi… “Sono molte le aziende che hanno impostato un modello di tracciabilità del carico, con l’obiettivo finale di consentire al destinatario di sapere in ogni momento dove si trova la sua merce e a che ora sarà resa disponibile. In un futuro prossimo saremo in grado di fornire a ogni cliente un codice che in automatico arriverà sulla mail fornita, in modo che utilizzando quel codice sul portale dell’azienda in automatico il destinatario possa vedere la posizione del mezzo e tutti i suoi spostamenti. Questo tipo d’informazioni renderà il servizio più fluido poiché se circola l’informazione e la stessa è corretta si riducono tutta una serie di procedure in voga oggi con benefici per tutti i partecipanti alla filiera”.
Se potesse sedersi al posto di chi guida il Governo che provvedimenti adotterebbe per il trasporto merci? “Su tutte cercherei di inculcare la filosofia dell’ultimo miglio. Il futuro del trasporto su gomma è proprio questo. Visto l’aumentare continuo dei costi principali (dipendenti, assicurazioni, carburante, autostrada) su cui l’impresa non può agire se non in parte limitata, l’unico modo per continuare a remunerare è quello di ridurre la percorrenza chilometrica. In un futuro spero non lontano vedo il trasporto su gomma dedito alla effettuazione degli ultimi spostamenti, dai centri di distribuzione ai punti di vendita, dai porti e interporti ai centri di distribuzione, dai produttori agli interporti e porti. Logicamente sono conscio che tutto ciò non sia immediatamente attuabile, principalmente perché sia la nostra rete ferroviaria sia i nostri porti in molte circostanze risultano essere inadeguati a ricevere la merce. Si pensi per esempio al porto di Napoli, che non può ricevere le moderne navi cargo, o alla rete ferroviaria che oltre Bologna non può ricevere tutti i treni che arrivano dal Nord Europa. Eppure per una questione geografica noi dovremmo essere il bacino naturale per la merce in entrata e in uscita nel Mediterraneo”.
Tesi che da tempo sostengono a gran voce le categorie dell’autotrasporto, prima fra tutti la Fai Conftrasporto, la “sua” associazione. Una federazione oggi quanto può aiutare la categoria a crescere? “In azienda seguiamo con interesse e curiosità l’attività federativa, in quanto ci dà la possibilità di capire quali sono le leve e come funzionano i meccanismi del lungo processo che porta idee, esigenze e fabbisogni di un settore all’attenzione degli organi di governo che pongono in essere manovre atte a soddisfare quelle idee nate durante incontri di operatori del settore. La possibilità che un’idea nata in una riunione di operatori di qualsiasi settore in un qualsiasi paese, anche piccolo come il nostro, possa arrivare a divenire una legge dello Stato o possa indurre il governo a operare scelte che convergano verso quell’idea, mi affascina moltissimo. Inoltre l’associazione ha anche la funzione di tenere gli operatori costantemente informati sul mondo che li circonda e l’informazione è alla base di qualsiasi scelta: maggiore è il flusso di informazioni corrette, minore è il rischio di prendere decisioni errate. Le associazioni tra imprese, di qualsiasi tipo, portate avanti in modo sano, sono in grado di creare sinergie positive che accrescono il benessere di tutti gli associati”.
E quali sono le direzioni nelle quali deve viaggiare la federazione, quali sono i progetti da potenziare o quelli nuovi da avviare? “Spingere gli organi di governo verso la modernizzazione e l’implementazione delle infrastrutture necessarie a far sviluppare il trasporto intermodale. Il compito di noi tutti dovrebbe essere quello di far ritornare l’Italia al centro del Mediterraneo”.
In generale, quali sono oggi i rapporti “di forze” fra aziende di autotrasporto e committenza nel suo territorio? E quanto vengono rispettati nel vostro territorio i costi minimi? “È l’argomento più caldo per la nostra categoria che denuncia un’inesistente forza contrattuale per la maggior parte delle aziende di trasporto a fronte di un forte potere della committenza. Continuiamo a lamentarci della committenza e della nostra impossibilità di far valere le nostre esigenze rappresentando la categoria dei clienti come dei tiranni che non perdono occasione di limitare le nostre libertà economiche e operative, ma siamo ben lontani dalla verità. La committenza non fa altro che sfruttare una delle regole fondamentali del libero mercato: il prezzo del servizio è dato dall’incrocio fra la domanda e l’offerta, maggiore è l’offerta minore è il prezzo. Nel settore dell’autotrasporto per gran parte dell’anno l’offerta di servizi è di gran lunga maggiore della domanda e ciò comporta che le aziende durante i picchi negativi tendano a concorrere sul prezzo deprimendolo creando così quelle condizione favorevoli in cui si inseriscono i committenti. Quindi il reale problema del settore risiede in questo eccesso di offerta sulla domanda che porta a un continuo abbassamento del prezzo del servizio e a un perenne stato di malessere degli operatori del settore. Si può davvero criticare tutti quegli imprenditori che decidono di acquistare un servizio pressoché analogo a un prezzo minore? Chiunque di noi di fronte a più proposte con caratteristiche simili sceglierebbe quello col prezzo minore”. La possibile soluzione? “Dovremmo imparare a rendere unico il nostro servizio, capire che trasportare merce da un punto a a uno b non è il core business del nostro lavoro perché a farlo sono capaci tutti, bensì deve essere il risultato finale di tutta una serie di servizi che distinguano la nostra azienda dalle altre. Creare servizi che fidelizzino il cliente facendo nascere in lui esigenze nuove a cui si abitui e alle quali successivamente non sarà disposto a rinunciare. Fidelizzare il cliente arricchendo il servizio principale con tutta una serie di servizi secondari porta col tempo alla creazione di barriere all’uscita che rafforzano la posizione dell’azienda e quindi la sua forza contrattuale. E per servizi secondari si può intendere qualsiasi cosa in quanto non esiste un elenco né una regola: si può partire da servizi a costo quasi zero tipo la puntualità certificata delle consegne mediante l’invio di un feedback di avvenuta consegna, il rispetto delle date di consegne, la gestione dei pallets interna, verso il cliente, o esterna (verso i clienti fornitori del proprio cliente), la gestione dei rapporti con i clienti fornitori del proprio committente fino ad arrivare alla creazione di servizi per i quali servono investimenti, quale per esempio la creazione di un sistema di rintracciabilità della consegna, di adeguamento dei software aziendali con quelli dei propri clienti in modo da interagire in modo più sinergico “parlando la stessa lingua” in ogni situazione. Questo però solo teoricamente: praticamente invece questa strategia incontra diversi ostacoli legati alla lunghezza dell’investimento che molte volte porta alla disattivazione del servizio alla prima difficoltà, alla scarsa liquidità del settore che tende a far porre l’attenzione su questioni che nell’immediato sembrano più importanti, alla resistenza al cambiamento che è radicato in tutti gli operatori del settore”.