Con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Mario Monti, al ministro Elsa Fornero e ai presidenti di Camera e Senato i ciclisti italiani chiedono a gran voce nuove tutele per chi si muove in bicicletta. A distanza di cinque anni dalla proposta di legge sull’infortunio in itinere, la Fiab (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) riprova a chiedere al Governo e al Parlamento in carica la piena tutela dei lavoratori che si recano al lavoro in bicicletta. “In questo periodo di crisi economica”, si legge nella lettera, “per ridurre i costi derivanti dalla mobilità, molte persone fanno sempre più ricorso all’uso della bici, anche per andare al lavoro”.
“Purtroppo nel nostro Paese coloro che decidono di utilizzare la bici per recarsi al lavoro, si trovano a confrontarsi con una legislazione che, non solo non incentiva, ma addirittura penalizza chi utilizza questo mezzo di trasporto”.
Per la legge italiana la copertura assicurativa per i percorsi casa-lavoro non comprende l’uso del mezzo privato, a meno che non “sia necessitato (per esempio, inesistenza di mezzi pubblici che colleghino l’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro; incongruenza degli orari dei servizi pubblici con quelli lavorativi; distanza minima del percorso tale da poter essere percorsa a piedi). La legge non distingue però tra moto, auto o bicicletta e questo riteniamo sia un danno arrecato non ai ciclisti ma alla mobilità sostenibile così necessaria alla nostre città”.
La Fiab chiede perciò di equiparare, dal punto di vista assicurativo, gli spostamenti in bici a quelli fatti a piedi o con il mezzo pubblico, per incentivare così l’uso delle due ruote. “Un maggior uso delle biciclette”, spiega la Fiab in una nota, “determinerebbe un risparmio, anche dal punto di vista assicurativo, perché chi usa la bici è infinitamente meno pericoloso di chi usa l’auto e si ridurrebbe proporzionalmente il numero e la gravità degli incidenti che accadono nelle nostre strade. Inoltre, chi pratica un normale esercizio fisico quotidiano, è generalmente più in salute e perde meno giornate lavorative rispetto a chi si muove sempre in auto”.