Ormai sta divenendo una necessità non più rinviabile la richiesta di clausole di salvaguardia prevista dai trattati europei per tutelare gli interessi delle imprese di trasporto con sede principalmente nel Friuli, teatro di una vera e propria aggressione commerciale dei trasportatori sloveni nei confronti degli operatori locali, ma anche in Veneto dove gli operatori sono “minacciati”a loro volta dall’elevata concorrenza. Non si tratta delle solite richieste di aiuto per sopravvivere, ma di evidenziare un aspetto che rischia di mettere sul lastrico imprese e lavoratori. Altri Paesi, nel momento in cui si ipotizzava l’ingresso nella Comunità europea di economie molto più competitive, richiesero e ottennero l’applicazione delle clausole di salvaguardia previste nei trattati europei. Solo il nostro precedente governo, forse più attento alla possibilità di passare alla storia come il protagonista in assoluto dell’unificazione europea (non dimentichiamoci che prima di divenire presidente del Consiglio, il professor Romano Prodi ha ricoperto la carica di presidente della Commissione) non ha avanzato formale richiesta di deroghe; e ora siamo nei guai. Alcuni dati lo confermano: nel Friuli Venezia Giulia, a fronte di un Pil crescente, si è registrata una diminuzione delle imprese di autotrasporto; il che significa che la richiesta di mobilità delle merci è soddisfatta da vettori esteri. Mentre in Italia si è registrata nel periodo 2004 – 2009 una variazione negativa del numero delle imprese mediamente del 13,83 per cento annuo, nella regione Friuli il dato è stato pari al 20,84 per cento; inoltre i libretti di cabotaggio rilasciati dal nostro dicastero per consentire ai vettori comunitari di poter effettuare trasporti al nostro interno, vedono una presenza dei vettori sloveni pari al 62 per cento del totale degli operatori, a dimostrazione di quanto sia elevato il loro grado di penetrazione sul mercato. Si deve anche considerare quanto si stia diffondendo lo spostamento della domanda di utilizzo di lavoro verso cittadini sloveni, certamente meno costosi. Tutta questa situazione è ben presente sia alle Camere di Commercio sia alle autorità regionali, ma la dimensione del fenomeno è tale che necessita un intervento del governo nazionale prima che sia troppo tardi e soprattutto evitando che il fenomeno, che già si sta estendendo alle regioni vicine, si allarghi a macchia d’olio. Ma gli operatori non si limitano a segnalare questa situazione: da tempo evidenziano infatti anche come l’incremento di vettori irregolari si vada espandendo a causa di controlli non in grado di fronteggiare il grave fenomeno dell’abusivismo. Alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva sarà necessario riprendere con vigore la questione che deve essere portata all’attenzione non solo dei nostri uomini di governo ma anche alle competenti autorità comunitarie. Se sarà necessario si dovrà dar vita a un’iniziativa che coinvolga anche i nostri parlamentari europei perché si individuino le opportune iniziative per tutelare il futuro delle imprese italiane. Non si tratta di norme protezionistiche ma occorre che siano assicurate parità di condizioni se non si vuole che il fenomeno della delocalizzazione possa amplificarsi in modo significativo.
Il Friuli continua a pagare gli errori commessi da Romano Prodi
Paolo Uggé