Wang Menghshu, questo è il nome del portavoce dei “sognatori”, professore alla Università Jiaotong di Pechino, membro dell’Accademia Cinese di Ingegneria e consulente per le reti ferroviarie interne ad alta velocità, non si è fatto sfuggire l’occasione di presentare l’idea precisando che la primogenitura deriva da una esigenza esternata da molte nazioni, in particolar modo dall’India. Paesi che, per mancanza di conoscenza e disponibilità tecniche ed economiche, si sono dovute necessariamente rivolgere – ecco il collegamento con Wang Menghshu – a chi avesse competenza e presunta disponibilità economica per l’implementazione dell’iniziativa.
Dopo tutto l’accademico è coinvolto nella realizzazione dei ben 30.500 nuovi chilometri di ferrovia che la Cina sta piazzando per il collegamento tra le sue maggiori città.
“Anche se un tracciato non è ancora stato ben definito”, riferisce Wang Menghshu, “il collegamento Londra-Pechino non dovrebbe essere inferiore agli 8.000 chilometri e il problema non risiede nella parte tecnica, bensì in quella economica, soprattutto se l’intenzione è quella di rendere il collegamento via ferro, in pratica, efficiente e veloce quanto quello aereo”.
Se alle decine di migliaia di chilometri di ferrovie ad alta velocità cinese, si connettesse una “via ferrata” verso l’Europa, materie prime e prodotti potrebbero in effetti tranquillamente viaggiare. Forse anche in condizioni più ecologiche di quanto avviene attualmente.
“Attendiamo”, ha proseguito Wang Menghshu, “certamente la reazione del sistema bancario dei Paesi coinvolti e di capitali privati”.
A questo punto la riflessione sorge spontanea: tenendo in buon conto sia gli interessi politici ed economici che si palesano da una simile iniziativa, sia i soggetti potenzialmente coinvolti nel progetto, il rischio di veder sfrecciare il “Londra – Pechino” prima di un treno AV/AC sulla tratta italiana del Corridoio 5 è, francamente molto alto.