Un mare e una montagna di euro: i costi del no al Ponte sullo Stretto e dei sì ai divieti al Brennero

Sei miliardi e mezzo di euro all’anno: tanto vale l’impatto negativo sul Pil regionale della Sicilia per la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina; 370 milioni di euro, su base annua, è invece il danno economico subito dall’Italia per ogni ora di ritardo nell’attraversamento del valico del Brennero.  A fare i conti dei danni causati all’Italia dalla mancanza di un nuovo collegamento “”via terra”, proprio grazie al nuovo ponte sullo Stretto, fra la Sicilia e Lo Stivale e dai blocchi al passaggio dei tir Italiani attraverso le Alpi imposti dall’Austria è statoil presidente di Fai Conftrasporto-Confcommercio Paolo Uggè, nel suo intervento a Taormina, in occasione delle celebrazioni per il 60° anniversario della Federazione nazionale degli autotrasportatori italiani che ha visto la presenza del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Paolo Uggè ha evidenziato come il mancato “collegamento stabile” fra l’isola e il continente “ sia un ostacolo per lo sviluppo agricolo, industriale, turistico e commerciale della Sicilia, e impedisca di fatto lo sviluppo di un sistema portuale insulare come hub mediterraneo, da cui avviare su rotaia merci in tutta Europa. Da sempre promuoviamo la realizzazione del Ponte, e crediamo che le dichiarazioni polemiche di taluni ambientalisti di mestiere permeati solo della cultura del no siano dannose per tutti”, ha affermato Paolo Uggè dichiarandosi “sostenitore delle reti Ten europee, delle quali il Ponte sarà un anello importante”. Una nuova infrastruttura indispensabile, secondo il presidente della federazione degli autotrasportatori italiani, per connettere l’Italia, obiettivo che, ha concluso, “è un’urgenza che riguarda anche la permeabilità dei valichi alpini del Brennero e del Monte Bianco. Fai continuerà a battersi per ristabilire la libera circolazione nella Ue chiedendo di rimuovere gli ostacoli imposti dall’Austria al transito dei nostri Tir al Brennero. La Fai e i suoi imprenditori sono favorevoli alla transizione green, ma la strada da percorrere è quella della neutralità. Bisognerà coniugare l’economia e i problemi sociali”. La digitalizzazione, la carenza di autisti (in Italia ne mancano 20mila), la sostituzione dei mezzi obsoleti, la sicurezza, l’ambiente e il ricorso a terziarizzazioni che talvolta si traducono in episodi di sfruttamento, sono altri temi toccati nel 60ennale. “Problemi che affronteremo sulla base di un principio imprescindibile: la dignità dell’uomo e la tutela della nostra attività”, ha assicurato Paolo Uggè prima di lanciare un ultimo messaggio al mondo politico: “Il Consiglio dei ministri del 1° maggio, con il Decreto lavoro, ha segnato un passo importante per l’autotrasporto: vigileremo sul rispetto delle intese politiche siglate con il Governo”.

Una risposta a “Un mare e una montagna di euro: i costi del no al Ponte sullo Stretto e dei sì ai divieti al Brennero

  1. Un Paese normale prima dovrebbe censire e fare manutenzione alle opere ordinarie, dato che di tante neanche si sa la competenza. Poi dovrebbe finire le opere incompiute o necessarie, come la Asti Cuneo o la terza corsia sulla A21 visto l’ampliamento della zona industriale a Piacenza. E poi fare opere necessarie, utili effettivamente. Solo lo studio del Ponte ci e’ costato mezzo miliardo di euro. Con quei soldi si potevano sistemare la decina di ponti, l’ultimo nel pisano pochi giorni fa, che sono crollato dopo il Morandi. Poi una volta che hai sistemato tutto, fatto le opere necessarie, fantastichi sul ponte. Almeno una volta che hai fatto il ponte, sai che ti porta da qualche parte in maniera sicura, ricordando il pilone che ha ceduto e ha diviso la Sicilia in due pochi anni fa.

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