Uno psicologo ha “viaggiato” per mesi nella mente dei camionisti. E ha scoperto che …

Psicologia e autotrasporto: due mondi apparentemente lontanissimi. Eppure c’è chi li ha avvicinati a tal punto da farli “viaggiare insieme”. Cosa che ha fatto, per esempio, Gianluca Raimondi, coach e formatore fondatore di Ancient Psychology™, recentissimo protagonista a LetExpo 2023 di un incontro voluto da Alis e Verona Fiere per addentrarsi sempre più a fondo nel mondo dei trasporti e della logistica. Una scelta miratissima, considerato che Gianluca Raimondi era reduce da un’esperienza particolarmente importante, chiamato da un’importante impresa di autotrasporto a “entrare in azienda” per lavorare” come psicologo e “viaggiare nella mente dei camionisti” per capire a fondo la loro “vita quotidiana anche dietro le quinte”, fra soddisfazioni e insoddisfazioni, problemi e aspettative, delusioni e desideri. Ma anche per comprendere perché oggi questa professione sia sempre meno scelta dai giovani. Un’esperienza che il coach formatore invitato da Alis sul palco di Veronafiere ha accettato di raccontare in un’intervista a stradafacendo.tgcom24.it. Partendo da una premessa: ovvero che “Psicologia e autotrasporto sono due mondi solo apparentemente lontanissimi, ma nella realtà molto più vicini di quanto possa sembrare”. Due mondi “avvicinati anche grazie a esperienze come quella che una primaria azienda di autotrasporti italiana mi ha permesso di vivere chiedendomi di analizzare la soddisfazione dei suoi dipendenti, o se si preferisce la felicità dei dipendenti, perché alla fine di questo si tratta, attraverso la psicologia antica e il coaching, strumenti che utilizziamo ormai da anni in più di 20 nazioni in Europa, Asia e America del Nord. E se a qualcuno dovesse apparire stridente l’accostamento felicità-lavoro, vorrebbe dire che allora è rimasto ancorato a un’idea medioevale del lavoro, inteso come labor, ovvero “sforzo di servo”, e che dovrebbe prendere seriamente in considerazione l’idea di provare a salire a bordo di un progetto come quello vissuto da noi per scoprire come trasformare i metodi di lavoro e raggiungere soddisfazione, felicità degli addetti al lavoro.” Felicità che non deve essere “altissima” se è vero che oggi uno dei principali problemi del settore è rappresentato dalla difficoltà (ma sarebbe più esatto in molti casi parlare di impossibilità) di trovare nuovi autisti, di convincere un giovane neodiplomato a scegliere la professione del camionista. Per risolvere il problema sono state avanzate diverse possibili soluzioni, prima fra tutte pagarli di più, strada che però non ha permesso a diverse aziende, pur disposte ad alzare anche in misura importante gli stipendi, di veder fuggire i propri autisti. La presenza di uno psicologo, nel ruolo di coach e formatore, può rappresentare davvero una “nuova via” da percorrere? E perché? “La risposta la può trovare chiunque analizzando il “percorso” realizzato proprio dal progetto fatto partire dall’azienda protagonista dell’iniziativa che ho potuto vivere per mesi, dal punto di partenza fino al traguardo che ha confermato come l’aspetto economico conti meno del 15 per cento nella soddisfazione di una persona nel proprio lavoro (ovviamente se le condizioni offerte sono in linea con il mercato e non pesantemente sotto le aspettative. Caso in cui evidentemente le “risposte” sarebbero probabilmente destinate a mutare radicalmente. Giungere al termine di questo “viaggio professionale”, che è durato un anno e mezzo e ha rappresentato una svolta significativa per l’azienda nel modo di assumere, formare, gestire, sviluppare, aggiornare, motivare, coinvolgere, premiare i propri autotrasportatori e operatori collegati al servizio, ci ha portati a concludere che pensare che soltanto l’aspetto economico sia rilevante nell’attrarre uomini e donne verso un lavoro non affatto semplice come il “camionista”, significhi ignorare l’essere umano composto da mente, emozioni, sensazioni, interazioni, corpo, sogni, aspirazioni, ricerca della felicità. Certo, cambiare non è semplice e può perfino far paura all’azienda, alla direzione, al management (almeno fino a quando non si realizza l’assoluta necessità del cambiamento per la sopravvivenza dell’azienda stessa… ), ma la presenza di un coach esperto può aiutare moltissimo perché consente di individuare facilmente le aree critiche e offrire l’opportunità di cambiamento. Per fare un paragone “stradale”: con le migliori indicazioni sui percorsi da seguire giungere a destinazione nel più breve tempo e nel miglior modo possibile diventa facile….”. Facciamo un passo indietro (o se preferisce innestiamo la retromarcia…) per viaggiare alle origini del problema, del rifiuto dei giovani di scegliere questo mestiere: lei ha vissuto per mesi a contatto con lavoratori del settore (vedendo anche diversi giovani andarsene nonostante adeguamenti economici i) e dunque si è fatto un quadro ben preciso. É corretto affermare che una delle principali cause di questo rifiuto è il modo in cui i camionisti vengono trattati, costretti spesso – in particolare dalla committenza – a lavorare in condizioni difficilissime? “In alcuni casi le condizioni di lavoro e vita degli autotrasportatori sono davvero inaccettabili. Se si aggiungono tali condizioni difficili alla visione arretrata della società del lavoro di “camionista”, quale giovane vorrebbe piacevolmente, felicemente sognare di diventare autotrasportatore? Lei lo farebbe fare a suo figlio? Se la risposta è no, o “ni”, allora c’è tantissima strada da fare per migliorare la vita a migliaia di nostri connazionali che permettono al nostro Paese, vita, famiglie di funzionare. Abbiamo raccolto storie davvero difficili, ma fortunatamente anche storie incoraggianti dove le barriere di comunicazione direzione – committenza – operatori – autotrasportatori sono state superate, e si sono costruite “squadre” soddisfatte, felici, performanti”. Essere considerati letteralmente “l’ultima ruota del carro” non aiuta certo ad aumentare la propria autostima, ne tantomeno a considerare il proprio lavoro “importante”, e non solo economicamente, ma “socialmente” per il Paese. In una scala da 1 a 10 quanto “poco” è percepita, in generale dall’opinione pubblica, l’importanza di questa professione? “Vorrei addirittura aggiungere che la percezione dell’opinione pubblica circa questa figura professionale è spesso negativa. Non ci si rende conto dell’importanza essenziale per la nostra vita quotidiana dell’autotrasporto. Nessuno si domanda cosa succederebbe se all’improvviso tutti gli autotrasportatori decidessero che sono degni di condizioni migliori e fermassero tutti il servizio? Credo il sistema crollerebbe in una settimana. Gli autotrasportatori hanno un problema a monte: all’intero sistema Italia di loro non importa gran che. Hanno per caso aree dedicate, decenti per la ristorazione, riposo, igiene personale, sicurezza? Quali cambiamenti per migliorare le loro condizioni di lavoro sono state fatte dal sistema pubblico? Bene, siamo stati felicissimi di accogliere la richiesta di questo importante gruppo logistico per migliorare la vita dei loro lavoratori. È un segno di una rinascita, una scintilla di buona volontà che porterà lontano. Vorrei incoraggiare le aziende di autotrasporto a considerare una possibilità diversa per la felicità dei propri dipendenti. Anche una strada di 3000 chilometri inizia con un passo”. E quanto proprio questa scarsa percezione influisce nel non farlo diventare una scelta professionale attraente? “Di sicuro l’idea a monte non aiuta ad avere una buona sensazione quando ci si approccia a questa professione. Tantissimi degli intervistati nei nostri progetti hanno rivelato che si è trattato di un ripiego temporaneo, che poi è diventato permanente o quasi. Per cambiare un mondo devi prima cambiare l’idea di quel mondo. È per questo motivo che Ancient Psychology™ si è fatta promotore di un tavolo trasversale di aziende per cambiare quella idea, anche qui in Italia”. Qualche colpa l’hanno anche coloro che “guidano” l’azienda, gli imprenditori….. Sempre da 1 a 10 il mondo dell’autotrasporto quanta strada deve ancora percorrere in tema di “capacità di saper “far lavorare al meglio” i propri collaboratori, i propri dipendenti, facendoli sentire appunto “importanti, facendo sentire loro il lavoro un piacere prima ancora che un dovere, facendoli sentire parte di una squadra se non addirittura di una famiglia? “Una delle difficoltà più grandi dell’imprenditore al momento è riuscire a calibrare, bilanciare performance e risultato con soddisfazione del dipendente. Il segreto che si scopre poi con i progetti di miglioramento che abbiamo implementato è che le due cose (performance – risultato e soddisfazione) non sono in contrasto, anzi: più è alta la soddisfazione, più è alto il risultato finale. Se ci pensi un attimo è naturale che sia così, ma arrivarci non è automatico, e non è affatto semplice, molte volte per errori pregressi. Ma tutto può essere rimodellato, ricostruito, migliorato. Proprio tutto”. Qualche colpa l’hanno sicuramente anche tutti coloro che non hanno saputo o voluto “spendersi” per far capire all’opinione pubblica il ruolo fondamentale di questo settore, il fatto che è solo grazie ai camionisti che ognuno ogni giorno trova i prodotti nei negozi, le merci da lavorare in fabbrica…. “In psicologia antica, non guardiamo mai di chi è la colpa. Non è importante. Noi guardiamo al risultato. Perché abbiamo questa situazione? Quali sono gli elementi principali che contribuiscono alla situazione? Come possiamo migliorare la situazione? Tutto il nostro mondo dipende da noi. Non dagli altri. Facciamo tutti un passo, si può andare lontano davvero”. I camionisti avvertono questa sensazione di “abbandono” anche da parte della carta stampata, della tv e della radio, insomma dalla mondo dell’informazione? “Si, purtroppo è così. Non mi ricordo di aver letto un articolo positivo circa gli autotrasportatori, o una storia di autotrasporto che sia una bella storia da molti anni. Questo è uno dei punti su cui interverremo in occasione di un nuovo “tavolo trasversale” al quale stiamo lavorando in collaborazione c on un’importantissima realtà imprenditoriale che offre servizi proprio al mondo dell’autotrasporto e della logistica. Cambiare l’idea del mondo per cambiare il mondo, come ho accennato precedentemente”. E i camionisti si sentono poco supportati” anche da altre realtà: per esempio le associazioni di categoria, i sindacati, o addirittura gli stessi datori di lavoro? “Anche questo è un altro punto dolente per molti, escluse alcune situazioni di eccellenza nel mondo dell’autotrasporto che abbiamo avuto il piacere di verificare, incontrare. Sono sicuro tuttavia che possiamo fare tantissimo. Sogno una iniziativa grandissima che riunisca tutte le aziende del settore che vogliono davvero diventare eccellenza dell’autotrasporto, attrarre talenti, formare e sviluppare gli operatori del futuro in questo mondo del trasporto”.

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