Il camionista che ha forzato il blocco uccidendo un sindacalista non è il solo responsabile

Alessio Spaziano il camionista di 25 anni della provincia di Caserta che a Biandrate, in provincia di Novara,  ha forzato al volante del proprio mezzo un posto di blocco travolgendo e uccidendo un sindacalista di 37 anni Adil Belakhdim, non è il solo responsabile di quella tragedia. Insieme con lui ci sono altri colpevoli. Per esempio coloro che lo “hanno indotto a forzare il blocco”, magari ordinandogli di “dover arrivare a destinazione entro un certo orario, e che se non ci fosse riuscito avrebbe dovuto pagare delle sanzioni”. Ad affermarlo è il presidente di Conftrasporto, Paolo Uggé, secondo il quale il camionista, rinchiuso in carcere a Novara, “non avrebbe dovuto muoversi, ma questa è soltanto l’ultima di una catena di comportamenti che violano norme e regole in vigore “. Intervistato dal quotidiano La Stampa Paolo Uggè non ha avuto esitazioni nel puntare l’indice contro un sistema senza controlli, affermando che “è in atto una guerra di concorrenza tra operatori che vogliono pagare meno il trasporto e che fanno a gara per individuare l’operatore logistico in grado di soddisfare le esigenze del mondo produttivo con i prezzi più bassi per ottenere ritorni economici importanti”. “Sotto accusa”, secondo Paolo Uggé ci sono però anche i Cobas, sindacati che “per crearsi uno spazio approfittano di una situazione di oggettiva difficoltà per organizzare blocchi delle attività, ma sono attività illegali che non vanno promosse e nemmeno consentite”.

2 risposte a “Il camionista che ha forzato il blocco uccidendo un sindacalista non è il solo responsabile

  1. Sotto accusa si devono mettere anche le false cooperative e soprattutto chi le usa sfruttando la mano d’opera. Basta leggere i bilanci e i consigli di amministrazione delle cooperative, e sorgono subito i dubbi di quelle che sono di comodo. Abbiamo visto in televisione rappresentanti di coop con auto fuori serie…

    • Si può battagliare per i propri diritti sul lavoro anzi si deve, ma c’è un limite che non si può superare, ed è lì che gli enti di controllo dovrebbero intervenire facendo sentire che lo stato c’è e protegge i lavoratori e i datori di lavoro. Se ci fosse controllo del numero del personale, degli orari di lavoro dell’ applicazione del contratto collettivo insomma dei diritti ottenuti con fatica dalle organizzazioni confederali negli anni 60/70, forse ad oggi non saremo qui a piangere la vita di un lavoratore che si batteva per i propri diritti.

Rispondi a Shirley Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *