Fin che l’autotrasporto va lascialo andare? Se il Governo proseguirà su questa strada sarà la fine

“Fin che la barca va, lasciala andare, non remare, stai a guardare”. Ha preso spunto da una canzone di Orietta Berti, Franco Fenoglio, ex presidente e amministratore delegato di Italscania oggi alla guida di &Forward., per lanciare un messaggio che chi è al timone del Paese (ma anche ogni singolo cittadino ) dovrebbe ascoltare con la massima attenzione. Un messaggio che in realtà è un vero e proprio Sos per per far capire a tutti, dal comandante all’ultimo uomo dell’equipaggio, che l’Italia non è più una nave che consente di navigare in tutta tranquillità, senza alcuna falla nello scafo o guasti in sala macchine, come se le acque fossero calmissime, senza scogli o secche sulla sua rotta, e con un sole splendente, ma purtroppo molto più simile a una vecchia e malconcia bagnarola, in mezzo a un mare in burrasca e con l’affondamento come ipotesi più probabile all’orizzonte. Una situazione che, scrive Franco Fenoglio in un editoriale  su “Trasportare Oggi” va affrontata, per quanto riguarda il settore dell’autotrasporto, attuando “misure strutturali di ampio respiro, che garantiscano lo sviluppo di una mobilità smart, sostenibile e sicura nel medio e lungo periodo”. Perché, spiega quello che è stato ed è ancora oggi una delle voci più autorevoli del mercato dell’autotrasporto a livello internazionale, autorevolezza che si è conquistato in decenni di lavoro dimostrando di sapere quel che faceva, “ finché tutto procede bene non vale la pena di fare grandi cambiamenti e si può stare a guardare e decidere successivamente cosa fare”. Cosa che, denuncia, ha fatto il mercato dei veicoli industriali “ che sembra aver accolto alla lettera le parole della canzone di Orietta Berti  e, incantato dai rsultati positivi nel breve periodo, ha smesso di lottare per ottenere una politica dei trasporti che, da un lato, garantisca uno sviluppo del settore sia dal punto di vista della sostenibilità sia della sicurezza e, dall’altro, assicuri all’Italia un posto di primaria importanza in uno scenario europeo sempre più competitivo” . Posizione in pole position nella corsa verso la crescita economica che l’Italia può solamente sognare, proprio per colpa dell’incapacità di “guardare oltre” da parte di chi, chiamato  nei decenni al volante del Paese (o se si preferisce al timone della nave) si è sempre limitato “a navigare senza remare, lasciandola andare”. Come dimostrano le manovre fatte, buone al massimo per tamponare una falla ma non a garantire l’arrivo sani e salvi in porto. “ Gli incentivi spot che hanno trainato il mercato in questi ultimi anni sono ora in discussione e, in Italia, ci troviamo ancora a fare i conti con il parco circolante più vecchio d’Europa in un contesto di estrema arretratezza dal punto di vista delle infrastrutture”, denuncia sempre Franco Fenoglio, invocando ciò che è stato chiesto ripetutamente, troppe volte:  misure strutturali di ampio respiro. E invitando ad agire immediatamente perché diverse belle parole, come per esempio “Il Governo intende puntare sulle infrastrutture per il Piano Rinascita con il quale far ripartire l’economia dopo la crisi causata dal Coronavirus”, non siano destinate a restare “solo ottime dichiarazioni ma di difficile attuazione in un contesto politico contraddistinto da un costante senso di incertezza, in cui cambiano spesso gli interlocutori istituzionali contribuendo a creare uno senso di sfiducia tra chi avrebbe la volontà di investire nel Nostro Paese”.  Quando le onde, le correnti, i venti e, soprattutto, le pessime condizioni dello scafo dicono in modo chiarissimo che non basta lasciar andare la barca serve cambiare radicalmente rotta: “servono provvedimenti forti, interventi strutturali, una politica del trasporto di medio e lungo termine ma soprattutto è necessario che il settore, per una volta, faccia fronte comune e assuma una posizione unitaria nei confronti di una classe politica che sta dimostrando scarsissima attenzione nei confronti del settore dando prova, ancora una vol- ta, di non voler mettere il trasporto al centro dello sviluppo economico del Paese”, conclude Franco Fenoglio.  Un invito a non ascoltare più Orietta Berti, ma semmai a guardare un film come  l’Ammutinamento del Bounty?

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