La resa dei Benetton: sarà Cassa depositi e prestiti a guidare Autostrade per l’Italia

Alla fine la famiglia Benetton ha innestato la retromarcia, accettando un’intesa che prevede l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di Autostrade per l’Italia con una quota di maggioranza del 51, rendendo di fatto Aspi una public company e una revisione complessiva della concessione dai risarcimenti alle tariffe, senza escludere la possibilità cedere direttamente l’intera partecipazione in Autostrade per l’Italia, pari all’88 per cento, a Cassa depositi e prestiti e ad altri investitori istituzionali in vista. Il tutto come si legge nel comunicato stampa del Consiglio dei ministri al termine della riunione protrattasi nella notte, “della realizzazione di un rilevantissimo piano di manutenzione e investimenti”. Si è chiuso così, a quasi due anni di distanza dal crollo del Ponte Morandi di Genova, il braccio di ferro fra Governo e Atlantia sul “dossier autostrade”, con un accordo che prevede “misure compensative a esclusivo carico di Aspi per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro” e con “l’accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall’Autorità di regolazione dei trasporti con una significativa moderazione della dinamica tariffaria”. Un accordo (che prevede un “rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario e l’aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario” oltre alla rinuncia da parte di  Aspi a tutti i ricorsi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell’Autorità di regolazione dei trasporti”) che ha evitato in “zona Cesarini” la revoca della concessione data per scontata al termine del Consiglio dei ministri qualora Aspi non avesse accolto tutte le richieste del governo.

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