Cernobbio è pronta a mostrarvi il mondo del trasporto come non lo avevate mai visto

Connettere l’Italia: un’esigenza ormai riconosciuta da tutti al punto da rappresentare un “must”, un passaggio indispensabile per lo sviluppo del Paese diventato l’autentico perno centrale sul quale ruotano le scelte della politica dei trasporti del Governo. Un’esigenza resa di pubblico dominio già nella prima edizione del Forum Internazionale di Cernobbio, non a caso intitolato “l’Italia disconnessa”, e che il 9 e 10 ottobre, sempre a Villa d’Este, sarà al centro della terza edizione dell’evento, ripartendo dalle considerazioni congiunturali che frenano la crescita (debito pubblico, elevata pressione fiscale, eccesso di burocrazia e deficit logistici) per approfondire, dentro uno scenario macroeconomico e secondo nuovi modelli di analisi più adeguati,  la situazione, le sue cause e le possibili soluzioni. Da trovare, e soprattutto attuare rapidamente visto che, seppure si siano registrati dal 2015 segnali inequivocabili di ripresa del traffico merci, siamo ancora molto distanti (-17,5%) dalle  aspettative massime. Certo, le previsioni del 2018 indicano un consolidarsi della ripresa, ma per fare più Prodotto interno lordo c’è l’esigenza di un miglior traffico merci che possa consentire un maggior traffico di materie prime e prodotti finiti. La logistica portuale che il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti Graziano Delrio ha avviato sarà determinante per il futuro del sistema trasportistico del Paese perché i porti, come sottolinea il documento realizzato dall’ufficio studi di Confcommercio che sarà presentato a Cernobbio, svolgono le funzioni delle valvole cardiache. Senza efficienza adeguata il sistema soffre, come ha sofferto negli ultimi anni e come continua a soffrire: l’analisi delle quote di mercato ci dice che i veicoli italiani hanno perso dal 2005 ben 23 punti percentuali passando dal 36,4%  al 13,4%  a beneficio dei nuovi entranti che sono invece cresciuti dal 15,5%, superando quota 55%. Quello che salta all’occhio è la crescita prepotente dell’Est europeo che “colpisce” tutti i Paesi tradizionali per i quali il saldo passivo è del 49,7%. Con l’Italia fanalino di coda che ha fatto registrare un meno 69,2% passando, nei traffici internazionali, dal 7,9% del 2005 al 2,1% del 2015. Un’allarmante retromarcia che è il risultato delle carenze strutturali alle quali si aggiunge un sistema burocratico inefficiente. Da troppi mesi manca il personale tecnico per effettuare le revisioni e, anche se pare che il ministero possa assumere 280 ingegneri, c’è chi blocca questa scelta. Nei trasporti eccezionali, dopo il crollo di alcuni ponti, gli enti abilitati al rilascio delle autorizzazioni impongono adempimenti e costi da “Ghino di Tacco” producendo il blocco dell’attività di trasporto e mettendo in grave difficoltà anche l’intera filiera produttiva. Senza una sterzata e un’accelerazione nella politica dei trasporti e delle infrastrutture necessarie, avviata dal ministro Graziano Delrio, come si potranno affrontare le nuove sfide del mercato che deriveranno dalle “nuove Vie della Seta” o da quelle della liberalizzazione che i Paesi emergenti chiedono a gran voce?    

Paolo Uggè, presidente Fai Conftrasporto e vicepresidente Confcommercio

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