Controlli a raffica sull’autotrasporto: in Italia ci sono 35mila imprese “sospette”

Il mondo dell’autotrasporto sta per finire sotto le lente d’ingrandimento. Presto partirà infatti un’operazione di controllo da parte dei responsabili  dell’Albo degli autotrasportatori, ai quali la Legge di Stabilità ha assegnato precisi compiti, con un primo grande obiettivo: effettuare la revisione degli elenchi delle imprese iscritte e smascherare quelle “fuorilegge”. Già, perché da un primo calcolo si stima che in Italia ci siano circa 35mila aziende che, pur senza possedere i requisiti previsti da norme europee e nazionali, risultano iscritte e usufruiscono delle misure che il Governo vara per il settore: per lo più agenzie di intermediazione che talvolta fanno anche concorrenza sleale o favoriscono il ricorso a “personale somministrato” che proviene da Paesi dove il costo del lavoro è significativamente inferiore di quello sostenuto dalle imprese regolari che operano in Italia. Un controllo indispensabile per raggiungere un obiettivo fondamentale:  far sì che la competitività, condizione essenziale per poter restare su un mercato sempre più europeo, si muova lungo due direttrici obbligate: quelle delle regole e dei costi uguali per tutti. Per smascherare le “imprese fantasma” i responsabili dell’Albo stanno stipulando convenzioni con gli istituti previdenziali per poter sovrapporre i dati e verificare la regolarità contributiva e fiscale. Un deciso passo in avanti, che però rischia di non bastare: per far sì che la “corsa europea per essere più competitivi” possa disputarsi su un percorso regolare e con concorrenti leali, e non su circuiti clandestini e con “mezzi truccati”, occorre anche altro. Per esempio che tutte le imprese che trasportano merci pericolose possano “partire alla pari”, e non come accade oggi, con le imprese italiane penalizzate dall’obbligo d’iscriversi al Sistri, col solo risultato di assegnare i traffici transfrontalieri ai concorrenti esteri che non sono invece assoggettati al sistema di monitoraggio, rivelatosi per di più incapace di funzionare. O, per esempio, risolvendo la questione del Pra, altra invenzione italiana che costa senza dare servizi utili. È stato istituito nel 1927: non sarebbe il caso di “rottamarlo”?

Paolo Uggé

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *