Presto avremo tassisti stranieri che non conoscono neppure le città?

Non è solo un’ipotesi, un allarme destinato magari a spegnersi senza alcun pericolo, ma la possibilità concreta che moltissimi tassisti  possano presto “restare a piedi”. Ad alcuni è già successo, in diverse zone del Paese. Cosa sta accadendo? Alcune società, sfruttando gli interstizi della norma e l’evidente disinteresse degli amministratori locali, stanno forzando la legge 21 del 1992 che disciplina l’attività dei servizi con  taxi e autonoleggio. Due attività che, se vogliono restare sul mercato, debbono rapidamente darsi da fare, fermando la corsa della liberalizzazione e del libero mercato i cui effetti sono facilmente prevedibili: a rimetterci saranno coloro che hanno investito denaro, e molto, per avere le licenze e aprire un’attività di taxi o di noleggio e che si vedranno fare concorrenza da chi, senza sborsare un euro, sarà libero di mettere direttamente in contatto, attraverso un sistema informatico, attraverso i telefonini, l’utenza con gli operatori.

Nessun rischio gestionale per chi gestisce una simile attività. In compenso è facilissimo prevedere un serio pericolo di assistere ben presto a un fenomeno di sfruttamento, se non ci sarà una risposta imprenditoriale da parte dei nostri operatori, con la prospettiva di trovarci autisti stranieri che si sostituiranno ai nostri connazionali. Con che conoscenza della lingua e delle città è tutto da vedere. Neppure di fronte a questa sconsolante prospettiva gli enti locali hanno preso posizione, consentendo che l’operatore informatico estendesse l’attività, anche se ai limiti della legalità. E intanto il Governo si disinteressa e proroga. In questi ultimi anni l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha di fatto innescato le condizioni di quanto sta avvenendo: pensando di tutelare i tassisti di Roma ha invece innescato questa evoluzione. Il Comune di Milano dal canto suo attende una sentenza, ma intanto consente che auto non autorizzate sostino sul suolo pubblico e che si aggirino le norme sul pagamento che impongono ai taxi l’uso del tassametro omologato e ai noleggiatori di non poter rispondere alle chiamate effettuate per strada, se non partendo dalla rimessa. Serve, e al più presto, una norma in applicazione dei principi europei se si vuole evitare di gettare sul lastrico 70mila piccole imprese e le loro famiglie. Gli operatori dovrebbero dare la loro disponibilità ad aprire un confronto serrato rapidamente e tutti insieme. In caso contrario la storia dei polli che si beccavano un attimo prima di finire in padella è pronta a ripetersi.

Paolo Uggé 

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