Sciopero dei Tir, di chi è la colpa? Di chi non vuole confrontarsi con i trasportatori

Qualcuno ricorda le domande “che Italia sarebbe senza Tir?”, o “volete vivere in un Paese fantasma?” Erano domande inserite in una campagna di comunicazione dell’agosto scorso che mostrava, utilizzando i dati di uno studio svedese, a quale paralisi rischia di andare incontro un Paese dove si fermino i tir. Una simulazione che a gennaio, probabilmente nell’ultima settimana, diventerà una realtà in seguito al fermo dei trasporti deciso da Unatras. 

Le ragioni della protesta sono presto dette e vanno tutte ricercate nella supponenza di chi continua a considerare “il confronto con le rappresentanze del trasporto un coinvolgimento pericoloso”. E questo a fronte del fatto che il settore non solo, a differenza di altri, non ha avanzato rivendicazioni di carattere economico, ma anzi  ha addirittura dichiarato la propria disponibilità a ridiscutere l’entità di quanto già assegnato in Finanziaria. Il tutto a favore della sicurezza. Perché ciò che il mondo dell’autotrasporto non accetta è che possano essere messi in discussione i principi sulla sicurezza. Quello che si chiede, piuttosto, è che i conducenti debbano avere, come nella gran parte degli altri Paesi europei, i requisiti accertati della professionalità, anche se conducono automezzi inferiori ai 35 quintali, e che tutti i componenti della filiera debbano, ognuno per le proprie responsabilità, operare per assicurare il rispetto delle norme che garantiscono la sicurezza sulle strade. Chi tenta di contrabbandare i costi della sicurezza per prezzi o tariffe imposte compie una chiara opera di disinformazione e induce l’Esecutivo a compiere un errore che rischia di scaricare sul Paese effetti preoccupanti. Il programma con il quale si è presentato il presidente del Consiglio è basato su equità, sviluppo e rigore. Ma la realtà sembra viaggiare in direzione opposta. Le misure sul gasolio (7mila euro in più all’anno per automezzo); l’aumento dei giorni di divieto di circolazione; la soppressione unilaterale di 42 milioni, già stanziati, sul costo del lavoro producono solo diminuzione di competitività. La modifica delle condizioni per l’accesso alla professione e l’incertezza generata sui costi della sicurezza sui quali il Governo sembra traccheggiare diminuiscono invece la sicurezza per i cittadini. È arrivato il momento che tutti si mettano in testa che i costi della sicurezza non riducono la competitività ma i morti e i feriti sulle strade e che questo è un compito precipuo di un governo democratico. Se qualcuno afferma il contrario, o non capisce o è in malafede. E nessuna delle due  ipotesi è accettabile. Non si comprende, dunque, per quali ragioni, anziché approfondire con le rappresentanze della categoria le questioni che toccano la vita della gente e il futuro delle imprese, il Governo abbia deciso misure che non solo sono in palese contraddizione con i punti fermi del suo programma ma condurranno diritti a cinque giorni senza tir.

Paolo Uggè

12 risposte a “Sciopero dei Tir, di chi è la colpa? Di chi non vuole confrontarsi con i trasportatori

  1. Grazie presidente, giuste parole. Pero’ che si traducano in fatti. È l’ultima possibilita’. Un buon Natale a lei e a tutti del settore.

  2. Caro presidente lei dovrebbe invitare il Professor Monti un giorno con lei a far visita dentro le aziende italiane di traporto per rendersi conto della grave crisi che negli ultimi cinque anni ha paralizzato e umiliato gli operatori del trasporto, anche se la Politica è a conoscenza del tutto, ma ignora di saperlo. Penso che dovrebbe essere scritto sulla costituzione una cosa ben chiara:
    che chiunque svolga un lavoro onesto abbia il diritto di avere un guadagno dignitoso.

  3. Ronaldir grazie per gli auguri. A Manuel dico che la risposte è semplice: perchè tanto non ci verrebbe. Chi è abituato a vivere nelle alte sfere, dove si parla inglese (che brutta lingua l’italiano) e frequenta i salotti dorati dell’alta finanza, cosa volete che gliene importi dei tanti sacrifici di tanti imprenditori del trasporto. I professori ragionano per paradigmi, mica possono abbassarsi a toccare la realtà.

  4. Tutto vero, tutto quello che vogliono dire lo dicano. Ma che, se per eseguire dei servizi di trasporto, il costo del solo gasolio incide di oltre il 40% sulla tariffa del servizio, mi spiace, ma allora o c’è chi non sa fare di conto, o c’è chi pensa che i muli abbiano messo le ruote. A questi ” Signori” dico: Compratevi un camion, pagateci l’autista che lo guida e poi trasportatele voi le vostre merci. “Quando la merce si potra spedirla attraverso i fili del telefono, o della luce o attraverso i tubi dell’acquedotto, o attraverso il web, allora , solo allora, i trasportatori non avranno più diritto di essere considerati… ma per adesso…”

  5. È la paura che mi attanaglia da quando si è insediato il Governo di “docenti” tanto bravi
    nell’istruire ma tanto distanti dalla reale realtà dal come far quadrare nella pratica i bilanci delle famiglie e delle aziende. Paolo, stavolta mi fermo anch’io!

  6. Ho riletto le notizie dei fermi procalmati, alcuni anche effettuati, e i commenti dei blogger, da maggio ad ottobre. Tutti contro il fermo. Ora no. Cosa è cambiato nel frattempo?

  7. Signor Uggè, una domanda: chi è che continua a considerare “il confronto con le rappresentanze del trasporto un coinvolgimento pericoloso”. Facciamo nomi e cognomi, please…

  8. Un vecchio adagio afferma che si dice il peccato ma mai il peccatore. Vuole proprio che forniamo ulteriori motivi per sentirsi toccato l’uomo di governo che si è espresso in quel modo? Noi abbiamo cercato il contatto con il ministro competente; quindi l’individuazione non dovrebbe essere difficile. A chi invece vuol sapere le ragioni per le quali non si è arrivati al fermo nei mesi trascorsi, anche se qualche volta è stato minacciato, rispondo volentieri onde non lasciare dubbi. Non v’è dubbio che l’azione di fermo rientra nel quadro delle iniziative che fanno parte di una trattativa e che deve essere attuato se non esistono seri e concreti margini di accordo. Nel passato, le trattative hanno portato sempre a dei risultati. Una volta erano le risorse; un’altra le norme di legge, risultati se ne sono sempre ottenuti.
    Mi piace ripetere ancora il concetto. Se i costi della sicurezza non valgono nulla è possibile pensare che Confindustria si dia tanto da fare per farli saltare? Se ogni volta che vi sono stati ricorsi ai giudici, anche se chi era chiamato a pagare è stato un personaggio di alto livello nel mondo associativo della committenza, e i risultati sono stati favorevoli agli autotrasportatori, un motivo ci sarà. Ecco una ragione, nata con il nuovo Esecutivo che da sola basta a far scattare la proclamazione del fermo. A questo occorre aggiungere la modifica delle norme sull’accesso alla professione (più gente impreparata sulle strade e molto più facile da sfruttare); la decuratazione unilaterale di 42 milioni di euro sull’Inail; l’incremento di 12 centesimi sul prezzo del gasolio; l’aumento dei giorni di divieto di circolazione. Non credo di dover aggiungere altro per far ritenere agli scettici che la dichiarazione di fermo, giunta dopo che non sono stati concessi incontri, come invece fatto con altre categorie, era giusta e adeguata alla situazione. Il Governo ci convochi e dia le risposte che attendiamo e nel confronto si potranno trovare le condizioni per uscire da una situazione difficile. In caso contrario la strada è tracciata.
    Auguri a tutti.

  9. Per Alessandra: secondo mè è venuta meno la speranza (che contribuiva a tenerci lontano dai fermi).
    Mi spiego meglio, abbiamo una legge che stabilisce i costi minimi (seppur non applicata all’80%) che con la sua sola presenza costituisce comunque l’ultima possibilità per la categoria di redimersi e di reclamare almeno i costi per la sopravvivenza e di non soccombere completamente. Se questa legge verrà modificata/annullata non vi sarà alcun limite alle pretese di una committenza esosa che combinata alla debolezza/incapacità della nostra categoria ci porterà dritti dritti tutti nel baratro.

  10. Il vecchio adagio è più attinente a un confessionale e qui non siamo in chiesa. Sapere il chi, il come, il dove e il quando, è informazione. E l’informazione è elemento essenziale per prendere decisioni, stimare gli interlocutori e quant’altro. Se il ministro competente si sentirà toccato avrà un motivo in più per rispondere. Mi auguro che alla prossima convocazione si faccia capire al ministro o a chi per esso, che gli autotrasportatori sono imprenditori, come lo sono gli artigiani, i commercianti, gli industriali, i contadini e per questo devono avere un’interlocuzione istituzionale di pari livello.

  11. Una volta l’autotrasporto era ricevuto e trattava a Palazzo Chigi con il Governo oggi, se va bene, con il ministro dei Trasporti. Non vi dice nulla? Siamo tornati ai tempi nei quali per farci ascoltare dovevamo proclamare i fermi. E questo non è un bel segno. Alessandra ci sei o ci fai? La rispsota mi pare molto chiara; l’ho capita anch’io che sono come lo zio di Bonanni che non capisce nulla…

  12. Povero zio di Bonanni, quanto poco rispetto da parte del nipote “capiscione”. E’ meglio sminare il terreno prima di camminarci sopra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *