Senza risposte l’autotrasporto può riprendere la via della protesta

Non è nostra intenzione creare inutili allarmismi, ma è invece nostro dovere rappresentare con chiarezza e correttezza quello che è un rischio reale. Ovvero che, senza un immediato intervento da parte del Governo,  non si possa evitare che forme spontanee di protesta, messe già in atto dagli autotrasportatori anche se per ora con scarsa adesione, si estendano a macchia d’olio provocando così un danno irreparabile al Paese. Le ragioni? Sono presto spiegate. Fino ad oggi, anche a costo di subire critiche, abbiamo sempre dato atto del lavoro positivo del Governo nei confronti delle imprese di trasporto. È stato grazie infatti alla sensibilità del sottosegretario Bartolomeo Giachino, del presidente del Senato Renato Schifani e del senatore Antonio Azzolini, presidente della Commissione bilancio, se nel decreto “mille proroghe” sono state inserite questioni importanti, da noi richieste. A parte l’entità economica dell’intervento, non certo irrilevante, (ma ora bisogna rendere spendibili in fretta le risorse disponibili) quello che per noi è molto significativo sono gli aspetti normativi che consentono, spazzando via ogni possibile alibi, di effettuare i controlli, necessari a garantire la sicurezza sociale e della circolazione, così come voluto dal Parlamento. Lo sosteniamo da sempre per noi è imprescindibile: “la certezza dei controlli nel rispetto delle regole”. Per tale obbiettivo saremmo perfino pronti a riconsiderare gli interventi economici per il settore. Ovviamente, viste le esperienze precedenti,  riteniamo che si possa realizzare solo dopo che un’unità, dedicata ai controlli mirati sulla filiera del trasporto, sia divenuta operativa. Liberalizzare è possibile, ma il processo deve avvenire nell’ambito delle leggi esistenti che devono essere applicate, all’occorrenza semplificate, ma mai vanificate. Su questo principio non basta convenire a parole; occorrono i fatti.  Le evoluzioni abbastanza presto vedranno un incremento della competitività con un significativo peggioramento delle reali condizioni per le nostre imprese che, tra un paio d’anni, si misureranno  anche con la liberalizzazione del cabotaggio. Gli interventi del Governo, pur se significativi, non riusciranno a dare soluzioni strutturali ai veri problemi delle imprese. Queste, compresse, reagiranno. Lo si constata oggi di fronte a tre fenomeni: l’aumento senza alcun controllo del prezzo del gasolio; l’incremento dei premi assicurativi; la crisi finanziaria. Su questi temi il Governo non può far finta di nulla o cincischiare: deve intervenire in tempo utile. Occorrono delle iniziative che, da un lato velocizzino l’utilizzo delle risorse disponibili e dall’altro determinino intese possibili con il mondo assicurativo, con quello delle compagnie petrolifere e con l’Agenzia delle entrate. In passato intese per i prezzi del gasolio sono state possibili;  vanno riproposte, estese ai premi assicurativi e anche  alle situazioni debitorie che le imprese hanno nei confronti dello Stato. Consentire una ristrutturazione del debito fornendo alle imprese in possesso di garanzie concrete  la possibilità di un nuovo dilazionamento dell’intero carico a ruolo, significa possibilità di introiti per le casse dello Stato, altrimenti persi, e un aiuto a mantenere i livelli occupazionali. Noi abbiamo lanciato un sasso nello stagno. Nessuno potrà sostenere che non lo avevamo detto.

Paolo Uggé

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