Venezia e Trieste, basta con le liti. I porti devono lavorare insieme

Leggendo, sulle pagine de “Il Sole 24Ore”,  le preoccupazioni del presidente dell’Aiscat Fabrizio Palenzona in merito alle divisioni politiche su chi, tra il porto di Trieste e quello di Venezia, dovrà gestire il traffico destinato a crescere nell’alto Adriatico, c’è da restare trasecolati. Le preoccupazioni espresse dal presidente dell’Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori sono assolutamente condivisibili e non certo per un’assonanza ideale con il leader dell’Aiscat, ma seguendo una logica razionale. Il dato che emerge ancora una volta è come sia necessario, per l’interesse del Paese, che lo Stato si riappropri del potere di coordinamento in tema di trasporto e logistica che, in modo strumentale in nome del federalismo, venne sottratto in modo  frettoloso dalle competenze dello Stato. E l’occasione offerta dell’azione decisa dal Governo di riforma di alcuni articoli della costituzione potrebbe essere la giusta occasione  per intervenire.

Forse non è chiaro a tutti, ma il nord est in particolare deve divenire non solo il baricentro del sistema nazionale, ma anche europeo. In assenza di iniziative ci troveremo con un’area che ruota intorno a quattro capitali: Lubiana, Vienna, Bratislava e Budapest che renderà marginali economie e territori dall’elevato potenziale di sviluppo, impoverendo il Paese. Evitiamo di ripetere gli errori compiuti con il Corridoio 5, che rischia di nascere vecchio. O si coglie tempestivamente l’opportunità e si opera nell’arco massimo di 10/15 anni, oppure il mondo cambierà il fronte e l’Italia perderà l’ennesima occasione di crescita.

Se nel Veneto si realizzasse un sistema infrastrutturale  basato sul concetto delle città metropolitane, con la portualità integrata di Trieste e Venezia, unitamente all’aeroporto, si determinerebbero delle condizioni di sviluppo interessanti. Su questo concordano uomini “del fare”, come il ministro Maurizio Sacconi e l’ex ministro Gianni De Michelis. Perché si voglia continuare ad agire senza una logica di sistema, è inspiegabile. Occorre connettersi per essere competitivi e la logistica è la chiave di volta. Se il governo non è in grado di intervenire,  significa che il Piano della logistica non riveste un valore vincolante e diviene un inutile documento per titoli e annunci.

Occorre invece decidere cosa fare. Seguendo le fantasie del pur autorevole presidente del porto di Venezia, Paolo Costa, sostenitore della maxi piattaforma galleggiante  da 3 milioni di teu (la misura standard di volume nel trasporto dei container) l’anno e dal costo di  1,3 miliardi di euro, non se ne viene fuori. Si chieda a qualche operatore che vive la realtà portuale cosa ne pensa del progetto, che pure appare funzionale sulla carta… Diversa è la proposta  del terminal triestino, concreta e razionale, e senza oneri per i cittadini ma a carico degli utilizzatori: il corridoio Trieste – Monaco di Baviera è infatti un’iniziativa concreta in grado di concorrere con i corridoi francesi, spagnoli, sloveni e ai porti del nord Europa.

Ora Venezia e Trieste sono in lite. Ma le troppe liti sui progetti (così come  la demagogia) sono nemici del ben comune e per questo devono finire, altrimenti la “scossa all’economia” oggi assolutamente del Paese, non si realizzerà. Oppure si realizzerà, ma sarà letale. Possibile che nel nostro Paese sembra che si provi gusto a ostacolare le iniziative che effettivamente si pongono l’obiettivo di dare la scossa annunciata?

Paolo Uggè

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