Allarme su due ruote, ogni sei ore
perde la vita un motociclista

I numeri sono impressionanti: in un anno, il 2008, sulle strade italiane sono morti 1.380 motociclisti. In pratica, ogni sei ore un centauro perde la vita. Un triste primato a livello europeo, evidenziato da uno studio della Fondazione Ania. I quasi 1.400 centauri morti nel 2008 rappresentano il 29,2 per cento dei 4.731 decessi avvenuti nello stesso anno sulle strade italiane, contro una media europea del 22,2 per cento. Drammatica la situazione delle strade urbane, dove sono morti il 54 per cento dei motociclisti. Una strage che coinvolge quasi esclusivamente i maschi, con 1.257 vittime (circa il 90 per cento). La fascia di età più colpita è stata quella tra i 30 e i 44 anni, con 461 vittime (33,4 per cento del totale), seguita da quella tra i 25 e i 29, dove si sono registrati 194 morti pari al 14 per cento del totale. 
L’unico dato positivo arriva dal rapporto tra il numero di morti e il parco veicolare circolante. L’Italia ha il primato del maggior numero di mezzi a due ruote in circolazione (circa 9milioni) e l’indice di mortalità è di 15 vittime ogni 100mila veicoli a fronte di una media europea di 19,5.
“Ogni sei ore sulle strade italiane muore un motociclista. Con 1.380 morti sulle due ruote, l’Italia si colloca al primo posto nell’Europa a 14 per numero di vittime e, andando ad analizzare tutti i dati della categoria, ci rendiamo conto che il nostro Paese indossa la “maglia nera” continentale in quanto a sicurezza stradale per i centauri. Una situazione che non possiamo più ignorare e alla quale dobbiamo porre immediatamente rimedio”, ha commentato Sandro Salvati, presidente della Fondazione Ania per la sicurezza stradale, in occasione del Salone del Ciclo e del Motociclo. Alla manifestazione che si chiuderà il prossimo 7 novembre, la onlus delle compagnie di assicurazione partecipa con uno stand dedicato alla sicurezza stradale e, in particolare, alle iniziative rivolte al mondo delle due ruote.
“La situazione è gravissima”, ha detto Sandro Salvati. “Se guardiamo agli indici di lesività e mortalità ci rendiamo conto che quelli delle due ruote sono i più alti in assoluto rispetto alle altre categorie di veicoli. La Fondazione Ania un paio di anni fa aveva pubblicato un’analisi dettagliata dei dati a livello europeo del periodo 1994-2004 e già all’epoca il quadro appariva preoccupante. Oggi l’analisi del periodo 2005-2008 mette in luce un andamento in grave peggioramento. Basti pensare che dal 2005 la mortalità per incidenti con le auto è calata del 23,5 per cento, mentre quella sulle due ruote è scesa solo dell’8,3 per cento. Riteniamo che l’attenzione verso il mondo delle moto e dei ciclomotori debba essere sempre elevatissima e abbiamo individuato quattro aree nelle quali è necessario intervenire per invertire la tendenza. Si deve lavorare sulla formazione dei conducenti, su quella degli altri utenti della strada e dei conducenti delle altre tipologie di veicoli. Oltre a questo è indispensabile convincere le persone a utilizzare in modo corretto il casco e a indossare l’abbigliamento adeguato, ma anche lavorare nel miglioramento delle strade e delle infrastrutture tenendo in considerazione le necessità specifiche dei mezzi a due ruote”.

Una risposta a “Allarme su due ruote, ogni sei ore
perde la vita un motociclista

  1. Io toglierei l’obbligo del casco: guardando un vecchio grafico Istat-Aci di Ondaverde che riguarda la mortalità alla guida di motocicli e ciclomotori, grafico che va dal 1978 al 2003, si osserva che il trend di mortalità in moto aveva già iniziato a scendere dal 1983, poi con l’introduzione della legge del 1986, il trend positivo si interruppe per invertire la tendenza ed iniziare a salire una volta terminato il 1987 fino al 1991. Dal 1991 al 1995 il trend iniziò nuovamente a scendere, possiamo dire anche fino al 1998 ma quando arrivò il 1999, anno in cui il provvedimento venne esteso ai ciclomotori, proprio dal 1999 il trend delle morti iniziò nuovamente ad aumentare almeno fino al 2003, anno in cui termina il grafico in mio possesso. Fra l’altro la proibizione estesa ai ciclomotori è possibile che abbia indotto molti ciclomotoristi a passare alle moto di cilindrata superiore, moto che hanno un indice di mortalità più che doppia rispetto ai ciclomotori.
    Penso che se un motociclista viene obbligato a vestirsi da gara, costui poi gareggerà. L’unica cosa che preserva la vita, è la qualità della vita stessa: uno schiavo muore prima perché ha una vita che vale meno la pena di tutelare.

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