L’allargamento a Est dell’Unione Europea uccide le imprese friulane

Prendendo spunto dall’articolo pubblicato il giorno 12 settembre su Il Giornale a firma del presidente di Conftrasporto Paolo Uggè e riguardante l’economia friulana con particolare riferimento al settore dell’autotrasporto merci, come Camera di Commercio di Udine sottolineiamo che l’intervento ha inquadrato perfettamente il problema. L’allargamento a Est dell’Unione Europea, deciso e realizzato certamente in maniera frettolosa, non ha tenuto conto delle disparità fiscali che, a distanza di sei anni, ancora permangono tra vecchi e nuovi Stati comunitari. L’effetto è sotto gli occhi di tutti e la Cciaa udinese si è messa in prima linea per cercare di risolvere una situazione complessa, su cui è necessario intervenire con immediatezza ed efficacia. Un’azione che non ha portato avanti da sola, consapevole che si tratta di una questione che investe diversi livelli istituzionali e interessa più territori: per questo ha voluto coinvolgere, oltre alle associazioni di categoria interessate, anche la Regione Friuli Venezia Giulia – in connessione con la sua rappresentanza a Bruxelles – ma anche i nostri parlamentari, nonché la Camera di Commercio e la Regione della Carinzia, in Austria, il consolato italiano a Monaco e la Camera di Commercio bavarese. Territori vicini, che hanno garantito il loro sostegno a un’azione incisiva, per porre freno a una situazione che, pur interessando un comparto specifico, è destinata a influenzare le fondamenta di tutta l’economia.
Nelle province di Gorizia e Trieste, negli ultimi anni, hanno cessato definitivamente l’attività il 27 per cento delle imprese di autotrasporto merci – un dato doppio rispetto alla media nazionale – e la quota di mercato delle imprese di trasporto slovene sul nostro territorio è paurosamente aumentata. Anche in provincia di Udine la situazione è a dir poco drammatica. È quindi necessario intervenire, senza ritardi. Prendiamo atto, con soddisfazione, che tutte le associazioni degli autotrasportatori si stanno muovendo, unitariamente, per ottenere una maggiore tutela dal nostro governo. Si tratta di armonizzare, ove possibile, costi e tassazioni. Le imprese vogliono poter competere ad armi pari.
Se la storia ci insegna a guardare il passato per non ripetere in futuro gli stessi errori, ci chiediamo che cosa potremo fare quando, dal 1° gennaio 2012, la Croazia entrerà anch’essa nell’Unione Europea. Di certo, sarà un altro duro colpo per l’autotrasporto friulano, in attesa che poi anche la Turchia entri nel “club europeo”: giacché gli autotrasportatori turchi hanno la loro base operativa proprio al porto di Trieste, il danno per le nostre imprese è garantito.
Quando tutte le aziende di autotrasporto saranno chiuse, qualcuno forse si chiederà cosa è successo. Se lo chiederanno governo e parlamento, che dovrebbero tutelare la sopravvivenza delle aziende italiane? Le organizzazioni sindacali che devono tutelare i posti di lavoro? E dove sono i “rinforzi” per gli organi di Polizia, considerato che in questi anni il nostro territorio del Nord-Est, e il Friuli Venezia Giulia in particolare, ha subito un’invasione da parte di vettori provenienti dall’est? O forse allargare sempre più l’Unione europea ha il solo obiettivo di far progredire economicamente e socialmente nuovi Stati e mandare sul lastrico le imprese e le famiglie di quelli vecchi che confinano con i nuovi arrivati?
Gli autotrasportatori merci sono letteralmente in trincea a combattere questo fenomeno, ma se il problema oggi riguarda principalmente il Friuli Venezia Giulia, domani mattina arriverà in Veneto e poi andrà oltre. E non potranno dirci che non l’avevamo detto…

Giovanni Da Pozzo, presidente della Camera di Commercio di Udine, e Massimo Masotti, componente di giunta della Camera di Commercio di Udine e rappresentante del comparto Trasporti e Spedizioni

Una risposta a “L’allargamento a Est dell’Unione Europea uccide le imprese friulane

  1. Richiediamo a gran voce la clausola di salvaguardia e poi, una volta ottenuta, applichiamola subito per sei mesi e poi ancora un’altra proroga, in modo da dimostrare all’Unione europea che non va assolutamente aperto il cabotaggio libero nel 2014, come consente oggi il Regolamento CE 1072/2009.

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