Vulcano islandese, si contano
i danni: in fumo 5 miliardi di dollari

Cinque miliardi di dollari: è questa la cifra del danno che l’eruzione del vulcano islandese ha provocato all’economia mondiale. I sei giorni di chiusura dei cieli europei ad aprile che hanno provocato numerosi disagi ai viaggiatori sono costati cari, anzi carissimi, alle compagnie aeree: per loro il danno è stato quantificato in 1,8 miliardi di dollari. “È stato un pasticcio non coordinato e un campanello d’allarme per tutti: senza collegamenti aerei la vita moderna è impossibile”, ha detto il numero uno della Iata, Giovanni Bisignani, alla 66ª assemblea generale a Berlino.
Decisamente consistente il costo che hanno dovuto pagare le maggiori compagnie aeree europee: per Lufthansa il danno è compreso fra 180 e 200 milioni di euro, per Air France 160 milioni, per British Airways 100 milioni di sterline e per Iberia 19 milioni; per Alitalia il peso è stato fra i 30 e i 40 milioni di euro. Tra i tanti aeroporti chiusi in Europa, il più penalizzato è stato probabilmente quello londinese di Heathrow. Ma le cancellazioni dei voli hanno coinvolto un po’ tutti, dal nord Europa all’ex Jugoslavia. “La crisi non è stata gestita bene perché ci sono voluti cinque giorni per organizzare una ‘conference call’, perché c’è stato un pasticcio non coordinato tra le diverse autorità dell’aviazione civile, ciascuna delle quali ha agito in modo diverso”, ha ribadito Bisignani.
Infuriato l’amministratore delegato di British Airways, Willie Walsh: “È stata una chiusura sbagliata”, ha detto Walsh. “Noi voliamo in tutto il mondo e abbiamo a che fare spesso con nubi di cenere vulcanica. La decisione presa in Europa è stata sbagliata perché non credo ci fosse un rischio significativo. La chiusura poteva essere decisa con modelli utilizzati in altre parti del mondo in base ai quali sono le compagnie che decidono se è sicuro o no volare”.
Per rimediare al danno le compagnie aeree chiedono ora all’Europa un risarcimento per compensare le perdite. “Vogliamo delle compensazioni e non delle sovvenzioni perché siamo stati costretti a tenere gli aerei a terra mentre non era necessario”, ha rilevato il numero uno di Lufthansa, Wolfgang Mayruber.

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