Merci sui treni, la convenienza
c’è solo sopra i 1.000 chilometri

Trasportare le merci con il treno conviene solamente se il tragitto è superiore ai mille chilometri. Altrimenti è meglio utilizzare i camion. La teoria è spiegata all’interno del volume “La via delle merci”, scritto da due docenti del Politecnico di Milano, Giuseppe Russo e Maria Cristina Treu. I due ricercatori hanno analizzato i costi medi del servizio del trasporto su gomma e su ferrovia, considerando come base un carico standard di 25 tonnellate di merce. Il costo per il trasporto su autoarticolato è di 1,24 euro al chilometro, mentre per il ferro si spende da 2,1 a 4,2 euro al chilometro: un valore che varia in base alla percorrenza.
L’obiettivo dello studio era quello di individuare la modalità di trasporto più conveniente per il trasporto merci attraverso i valichi dell’Italia Settentrionale, prendendo in considerazione le 40 principali tratte sulle quali viaggiano ogni anno 45,5 milioni di tonnellate di merci verso Francia, Spagna, Germania, Belgio, Austria, Regno Unito e Olanda, che sono i principali partner commerciali europei dell’Italia. L’analisi ha messo in luce che i traffici transalpini sopra i mille chilometri sono solo il 25 per cento del totale: secondo il libro, far viaggiare il restante 75 per cento delle merci su ferrovie sarebbe antieconomico: spostare tutte le merci dalla gomma al treno costerebbe oltre 550 milioni di euro in più l’anno, esclusi gli investimenti da sostenere per realizzare le necessarie infrastrutture ferroviarie. La ferrovia è quindi il modo di trasporto più conveniente nei traffici transalpini solamente sopra i mille chilometri (sono il 25 per cento del totale).
Trovare la modalità più adatta a distanze e territorio conviene. Secondo lo studio infatti, se si trasferisse il traffico di ogni rotta sulla modalità ferro o gomma più conveniente (la cosiddetta ‘ottimizzazione modale’), il vantaggio sarebbe pari a 2,3 euro per tonnellata trasportata, con un risparmio per l’intero sistema di circa 202 milioni di euro per anno, pari al 3,5 per cento del costo totale del trasporto su gomma, stimato in 5,8 miliardi (comprensivo di servizio, congestione del traffico, inquinamento ambientale e acustico, costi infrastrutturali). Di contro, se si decidesse di perseguire una politica di trasferimento non selettivo di tutto il traffico su ferro, si otterrebbe un costo economico netto che graverebbe sull’economia per 552 milioni per anno (+9,6 per cento). Lo studio affronta inoltre il tema delle infrastrutture a sostegno della mobilità delle merci. L’Italia presenta una dotazione obsoleta di reti e nodi, un gap notevole rispetto ai grandi corridoi europei. Il 48 per cento delle assegnazioni delle risorse va alla modalità su strada. Per quanto concerne il trasporto su ferro, l’80 per cento delle opere è ancora in progettazione. “Dai dati emersi”, osserva il presidente di Sitaf (la società del traforo del Frejus), Giuseppe Cerutti, “si evince che le grandi infrastrutture da sole non bastano, ma bisogna intervenire sulle singole tratte. Sono necessari più progetti specifici rispetto ai diversi contesti regionali, tra cui una gestione più aperta dei centri di interscambio e l’integrazione delle diverse modalità di trasporto merci”.

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