Aci: “Le infrastrutture obsolete penalizzano il nostro Paese”

L’Italia deve puntare sulle infrastrutture. Per ridurre il gap che la separa dagli altri Paesi europei, per ridare slancio all’economia, per aumentare la sicurezza. Concetti emersi dalla prima giornata della 65ª Conferenza del traffico e della circolazione, la manifestazione organizzata dall’Aci in programma in questi giorni a Riva del Garda, in provincia di Trento.
“Il ritardo dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei”, ha dichiarato il presidente dell’Automobile Club d’Italia, Enrico Gelpi, è fin troppo evidente quando si parla di infrastrutture, e il gap aumenta di anno in anno. Adesso che comincia a intravedersi l’uscita del tunnel della crisi tutti i governi mondiali puntano sulle infrastrutture per la mobilità, perché il loro sviluppo rappresenta la chiave strategica del rilancio economico e sociale. Il nostro Paese deve fare altrettanto. Il nostro handicap”, continua Gelpi, “è imputabile alla costante carenza di risorse, alla farraginosità delle procedure amministrative e ai continui ‘salti’ di strategie nelle politiche dei decisori pubblici e privati susseguiti negli anni. Il deficit infrastrutturale ostacola l’integrazione tra le diverse modalità di trasporto e compromette il turismo. Il potenziamento degli hub aeroportuali non serve se non si inserisce in un disegno più ampio. Il turismo in Italia è ancora troppo legato all’auto: il 62 per cento degli stranieri arriva con la propria automobile e il 73 per cento degli spostamenti leisure degli italiani avviene su quattro ruote. Per raggiungere la Costiera Amalfitana o Riva del Garda non si riesce ancora a fare a meno dell’auto”.
La mancanza di infrastrutture contribuisce anche a diminuire la sicurezza stradale. Gli automobilisti italiani – spiega l’Aci – sono costretti a muoversi su una rete viaria obsoleta che genera congestione e incidenti stradali. Tanto che si potrebbe evitare un incidente su tre in Europa se tutti i Paesi investissero nell’innalzamento degli standard di sicurezza delle strade. Una spesa non a fondo perduto, visto che l’Aci spiega che ogni euro versato per l’ammodernamento delle infrastrutture produrrebbe un risparmio di 20 euro sui costi sociali imputabili all’incidentalità che solo in Italia superano ogni anno i 30 miliardi.
“Lo scorso anno”, ha dichiarato Enrico Gelpi, “il Parlamento europeo ha adottato una importante direttiva sulla gestione della sicurezza infrastrutturale. Considerato l’esistente gap da recuperare, per l’Italia si tratta di una grande opportunità. La sicurezza è considerata elemento fondamentale sia nella fase di progettazione e sia nella fase di esercizio, con parametri di qualità da verificare attraverso ispezioni che individuino i rischi e prevengano gli incidenti”. L’Aci è disponibile a mettere a disposizione il know how perfezionato in centinaia di test in Italia e in Europa su strade, gallerie, cantieri, segnaletica, attraversamenti pedonali e aree di servizio, proponendosi come organismo indipendente per la valutazione dei livelli di sicurezza delle infrastrutture.
Ma dove si evidenziano le carenze maggiori? La situazione peggiore si registra nelle città, dove la congestione provoca il 70 per cento degli incidenti stradali. Per questo l’Aci richiede il potenziamento del trasporto pubblico, innanzitutto su rotaia, visto come l’unica soluzione in grado di ridurre il traffico e ottimizzare l’accessibilità ai centri urbani. Ma ancora oggi il 46 per cento degli italiani rifiuta bus e tram perché scomodi e poco pratici.
“Le risorse per ammodernare il Paese ci sono”, ha dichiarato il presidente dell’Aci, “ma vanno assegnate correttamente e spese efficacemente. Basti pensare ai proventi delle multe per le infrazioni al Codice della strada, finalmente destinati alla sicurezza stradale dal testo unificato varato dalla Commissione Trasporti della Camera e oggi in discussione al Senato. Ancora non rientra nel provvedimento, però, la nostra richiesta di predeterminare la quota di proventi da destinare alla mobilità. Per lo sviluppo delle nuove opere si deve poi incrementare il partenariato pubblico-privato e in particolare il project financing”.
Gelpi lancia anche un’altra idea: “Valuteremo con favore ogni soluzione alternativa all’idea ricorrente dell’auto come risorsa finanziaria infinita: non si può soltanto prendere dalle tasche degli automobilisti. È necessario stimolare amministrazioni pubbliche e privati cittadini ad adottare comportamenti più attenti alla mobilità sostenibile. In quest’ottica serve un sistema premiante per gli enti locali che dimostrino maggiore capacità di innovazione progettuale, e una più duratura politica di incentivazione economica alle famiglie per l’ammodernamento del parco veicolare con vetture più sicure ed eco-compatibili”.
L’Aci ritiene inoltre che la corretta pianificazione del sistema infrastrutturale richieda l’accurata analisi della domanda sulla quale deve dimensionarsi l’offerta, integrando e coordinando le politiche con l’assetto del territorio. A tal fine l’Automobile Club d’Italia ribadisce la necessità di una legge quadro che stabilisca l’obbligo della valutazione di impatto sulla mobilità per ogni intervento di edilizia residenziale e commerciale.

2 risposte a “Aci: “Le infrastrutture obsolete penalizzano il nostro Paese”

  1. Come non si possono condividere le affermazioni del presidente dell’Aci? La situazione evidenziata è ormai presente in tutte le relazioni che si tengono nei convegni. Ritengo che sia giunto il momento di misurarsi sulle proposte per uscire dalla situazione di stallo che è del tutto evidente. Non è più il tempo degli annunci e delle analisi, ma quello delle decisioni. Le infrastrutture, al di là del lodevole impegno del ministro Matteoli e del presidente Berlusconi, sarannno carenti ancora per un decennio almeno; per i collegamenti con il resto d’Europa occorre traguardare il 2020. Le proposte sulle quali concentrarsi riguardano allora come si possa operare per gestire il periodo che ci separa dal raggiungimento degli obiettivi. Non è l’utilizzo di studi che porterà alla fine delle stragi sulle strade ma scelte che incidano sull’operatività in modo concreto. Conftrasporto propone da tempo l’istituzione di un soggetto o organismo di coordinamento da istituire presso la Presidenza del Consiglio sui temi della mobilità di persone e merci. Una sorta di Protezione civile della mobilità. Questo non significa sottrarre competenze a singoli ministeri, ma operare secondo una logica di sistema sui temi della sicurezza e della mobilità di persone e merci. Bisogna impedire gli interventi improvvisati e che rispondono solo alla logica di far vedere che si fa qualcosa, così come occorre affrontare per tempo (e senza perderne dell’altro, preziosissimo) i temi connessi all’accesso ai centri urbani. Nei momenti nei quali occorre gestire l’emergenza – e noi siamo in emergenza – occorrono interventi logici che premino coloro che si attengono a linee rispondenti agli interessi di tutti. Il tema dell’inquinamento, per esempio, non può riguardare un sola regione o una città, ma l’insieme dell’Italia in movimento. Lo stesso principio vale per gli interventi sulla circolazione. Sono convinto che se non usciremo dalle logiche degli annunci e non affronteremo con la competenza e la conoscenza necessarie questi temi, ci dovremo attendere tempi di grande difficoltà per tutti.

  2. Il signor Uggé ha perfettamente ragione: perché abbiamo una protezione civile per fronteggiare calamità naturali che avvengono poche volte l’anno e non ne abbiamo una, mirata, per una calamità quotidiana come le stragi sulle strade?

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