Pneumatici ricostruiti, è boom. In un anno risparmiati 221 milioni di euro

Nel 2012 l’impiego di pneumatici ricostruiti ha consentito di risparmiare 221,6 milioni di euro. Lo comunica l’Ansa in un’agenzia che analizza il bilancio della ricostruzione di pneumatici lo scorso anno redatto da Airp, l’Associazione italiana ricostruttori pneumatici. A beneficiare del risparmio sono stati in gran parte gli operatori delle società di autotrasporto di merci e persone, in quanto i ricostruiti sono utilizzati oggi soprattutto su camion e autobus.

Dal bilancio Airp emerge anche che nel 2012 si è ottenuta una minore produzione di pneumatici fuori uso (PFU) pari a 25.735 tonnellate, in considerazione della “doppia vita” dello pneumatico a seguito del processo di ricostruzione; inoltre, sempre nel 2012, grazie ai ricostruiti è stato possibile ottenere un minore uso di 23.574 tonnellate di materie prime e una riduzione del consumo energetico di 82,5 milioni di litri di petrolio ed equivalenti.
L’impatto positivo dell’uso di pneumatici ricostruiti è stato poi misurato anche in termini di minori emissioni di CO2 nell’ambiente: ne è risultato che l’anno scorso grazie ai ricostruiti è stato possibile evitare di immettere nell’atmosfera 31.291 tonnellate di CO2. Questo dato è stato elaborato tenendo conto del fatto che, come risulta dagli studi condotti da Best Foot Forward (ente britannico specializzato in analisi ecologiche), ricostruire uno pneumatico piuttosto che produrne uno nuovo comporta un risparmio del 30 per cento delle emissioni di anidride carbonica.

2 risposte a “Pneumatici ricostruiti, è boom. In un anno risparmiati 221 milioni di euro

  1. Sì, ma il ciclo degli pneumatici ha alcuni limiti: innanzitutto non tutte le carcasse sono ricostruibili e poi la singola carcassa che consenta l’operazione lo fa solo per una volta. Quindi, visto che il ricorso al ricostruito non è aumentato per semplici motivi ecologici e di risparmio energetico, ma perlopiù per meri motivi di risparmio economico, il rischio è quello di esaurire il materiale ricostruibile. Per carità, occorre sicuramente disporre di limiti di riutilizzo per mantenere alti gli standard di sicurezza, ma l’analisi esposta dall’articolo mi fa più pensare alla perdurante crisi che non al dovere ecologista.

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