Legambiente: “Città italiane, più tartarughe che lepri”

L’Italia fa un altro passo indietro. O meglio, per usare le parole di Legambiente, è “un’Italia più tartaruga che lepre”. L’affermazione nasce dai risultati della XVI edizione di Ecosistema Urbano di Legambiente, il rapporto annuale realizzato con la collaborazione scientifica di Ambiente Italia e il contributo editoriale de Il Sole 24 Ore. Non piace il trasporto pubblico (gli abitanti dei capoluoghi, in media, fanno solo un viaggio e mezzo a settimana su autobus, tram e metropolitane), le isole pedonali sono praticamente immutate da un anno all’altro (0,35 mq per abitante), le zone a traffico limitato si sono rimpicciolite (da 2,38 mq per abitante dello scorso anno ai 2,08 attuali), la congestione da quattro ruote è identica (circa 64 auto ogni 100 abitanti). Sale solo dell’1 per cento l’efficienza della depurazione (dall’88 all’89 per cento) e il parametro migliore alla fine è quello della raccolta differenziata: un +2,79 per cento che però lascia l’insieme delle città ferme al 27,19 per cento, lontano, quindi, dal 50 per cento che andrebbe assicurato entro il 2009.
In questo scenario decisamente preoccupante spiccano le performance di Verbania, Belluno, Parma, Bolzano e Siena, che occupano i primi cinque posti della classifica. Decisamente negativi, invece, i risultati di Catania, Crotone, Agrigento, Frosinone e Caltanissetta, adagiate sul fondo della graduatoria.
Tendenzialmente, lo studio mette in luce il miglior comportamento dei Comuni del Centro-Nord; il Meridione resta indietro anche se qualche amministrazione ha centrato dei buoni risultati: tra i primi 42 classificati di quest’anno troviamo, infatti, Salerno (34ª), Campobasso (39ª), Potenza (40ª) e Matera (42ª).
Se nel Sud si “brinda” ai risultati di alcuni Comuni, nel Nord ce ne sono altri assolutamente deficitari: come la lombarda Como (86ª) o la ligure Imperia (87ª). Nelle ultime venti posizioni sono rappresentate ben otto regioni italiane, ma è la Sicilia la maglia nera: tutti e nove i capoluoghi di provincia sono, infatti, piazzati in fondo.
La raccolta differenziata premia soprattutto Verbania e Novara che, con percentuali superiori al 70 per cento, hanno già raggiunto con netto anticipo l’obiettivo del 65 per cento fissato per il 2012 dal decreto sul recupero dei rifiuti, ma ci sono, poi città, che hanno saputo costruire zone a traffico limitato significative, sviluppato una buona mobilità ciclabile, organizzato un servizio di trasporto pubblico che – relativamente al dimensionamento del territorio comunale – offre discrete performance. Siena soprattutto, ma anche Mantova, Pisa, Verbania e Firenze. Siena, stavolta insieme a Trento e Trieste, riappare anche tra i capoluoghi dove una buona percentuale di abitanti usa il trasporto pubblico. Mentre è tra Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte che si è sviluppata meglio una mobilità ciclistica, vera alternativa all’automobile per gli spostamenti in città: tra le migliori, in questo caso, compaiono Reggio Emilia, Mantova, Lodi, Vercelli, Ravenna, Cuneo, Ferrara, Modena, Piacenza, Cremona e Forlì. Tutte con più di 20 metri equivalenti di ciclabile ogni 100 abitanti. Merita però una citazione anche Bari, prima città meridionale che, pur non fornendo prestazioni analoghe a quelle dei comuni citati, ha avviato un serio e articolato progetto per favorire gli spostamenti a pedali. Non mancano, purtroppo, gli esempi negativi: città con un trasporto pubblico praticamente inesistente (Vibo Valentia, Crotone e Latina), zero zone a traffico limitato (una ventina di capoluoghi in tutto), una ciclabilità inesistente o ridotta all’osso (Napoli o Potenza per esempio). “Non investire nella sostenibilità urbana produce un doppio danno, sia locale che globale”, ha sottolineato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, “nelle città infatti si concentrano le più alte percentuali delle emissioni inquinanti, dei consumi energetici e degli spostamenti: migliorando l’ecosistema urbano, quindi, si offre un ambiente migliore agli abitanti e, nello stesso tempo, si contribuisce alla riduzione dei gas climalteranti che stanno facendo salire la temperatura del pianeta. Proprio dai centri urbani, anzi, in vista del vertice di Copenaghen, potrebbe partire una sfida in tre settori determinanti: edilizia, mobilità e inversione dell’effetto “isola di calore”. Tre ambiti dove le  pubbliche amministrazioni e le imprese devono promuovere innovazione, sostenibilità, riduzione dei consumi e delle emissioni con il coinvolgimento della ricerca, degli urbanisti e, non ultimo, della gente comune, che già esprime questi nuovi bisogni ma, come testimonia anche quest’anno Ecosistema Urbano, troppo di rado trova risposte adeguate sul territorio”.
“Le città sono in sofferenza”, ha aggiunto Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente, “alle prese con numerosi problemi ambientali e una manutenzione che malagestione o risorse economiche sempre più risicate a disposizione delle amministrazioni locali rendono via via più problematica e carente  Eppure proprio i centri urbani, che sono tra i principali attori di un modello di sviluppo non sostenibile, sono i luoghi che possono governare direttamente il trasporto pubblico e la mobilità, che possono regolare coi loro piani il come, il dove e la qualità del costruire, che possono gestire al meglio le risorse energetiche, il ciclo dei rifiuti e quello dell’acqua, ridurre le emissioni di gas climalteranti e contrastare i cambiamenti climatici. Queste opportunità sono tutte nelle mani dei sindaci. Dovrebbero solo amministrare un po’ più da formiche e un po’ meno da cicale”.
Tornando ai risultati di Ecosistema Urbano di Legambiente, Verbania scala la classifica e dal 4° posto dello scorso anno si aggiudica il podio, grazie a significativi miglioramenti nelle medie del Pm10, nell’ottima percentuale di raccolta differenziata che la conferma leader in Italia con il 72,8% di rifiuti raccolti in modo specifico, nelle emissioni di CO2 per passeggero del trasporto pubblico, nei metri quadrati di zone limitate al traffico veicolare. Questi i punti forti a cui si aggiungono alcune buone conferme come quelle nei metri quadrati di isole pedonali e nelle certificazioni ambientali Iso 14001, per cui è seconda in Italia nella classifiche di settore. Il tutto, amalgamato con chiari passi avanti generali: dai consumi idrici alla percentuale di perdite della rete, ai passeggeri trasportati dagli autobus, ai consumi di carburanti.
Insieme alla prima classificata, Verbania, si confermano tra le migliori alcune delle città da anni habitué delle zone alte della classifica, come Belluno, vincitrice delle due precedenti edizioni e quest’anno al 2° posto, seguita da Parma (3ª),  Bolzano (4ª) e Trento (6ª). Tra i comuni entrati da un paio di edizioni tra le eccellenze, si confermano Siena (5ª), Savona (7ª), La Spezia (8ª), tutti capoluoghi di “provincia”, espressione in massima parte del nord del Paese. Impressiona il salto in avanti di Gorizia, che dalla 39ª postazione dello scorso anno sale alla decima.
Catania, ultima in graduatoria, riassume quello che succede (o che non succede) in coda alla classifica. Il capoluogo etneo butta al vento il 50% dell’acqua potabile immessa in rete, depura un terzo dei suoi scarichi fognari, raccoglie in maniera differenziata il 3% della spazzatura, ha un alto tasso di motorizzazione, un mediocre trasporto pubblico, pochissime isole pedonali e scarse zone a traffico limitato.
Tra le quattro metropoli invece, Milano è la più alta in classifica (46ª). Il capoluogo lombardo migliora particolarmente nei viaggi per abitante all’anno su bus e metropolitane (sono 443 in media quest’anno, erano 415) e nelle emissioni di CO2 per passeggero del trasporto pubblico, più che dimezzate. La seconda delle metropoli è Roma, 62ª (70ª nella passata edizione) con un comportamento stabile, ma in lieve miglioramento negli indicatori dello smog e del trasporto pubblico. Per il resto, tuttavia, quasi tutti gli indici, segnano cattive o pessime prestazioni. A Torino, 77ª, diminuisce, lo spazio destinato ai pedoni e alle ztl, mentre aumentano i metri complessivi di suolo urbano destinati ai ciclisti (era 4,16 metri equiv./100 ab, sono ora 5,54). Napoli infine, sta sempre lì, in basso (89ª), a dimostrazione che i problemi storici di cui soffre la città non sono ancora risolti. Si muove un po’ la differenziata dei rifiuti, ma nel capoluogo partenopeo notiamo – spiega il rapporto – una desolazione quasi assoluta per quel che riguarda lo spazio a disposizione di pedoni, ciclisti e ztl, così come va poco oltre una collezioni di zeri negli indicatori riferibili alle energie rinnovabili.

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