Graziano Cantelmi, ogni viaggio può nascondere un pericolo. Nascosto nel tir

cantelmiCi sono lavori che offrono la possibilità di guardare il mondo da un osservatorio particolare. Quello del camionista è uno di quei lavori, e non solo perché permette di muoversi continuamente, con vista panoramica assicurata dall’altezza della postazione di guida, assistendo al cambiamento dei paesaggi, provocato da madre natura o dall’intervento dell’uomo, ma anche perché permette spesso di scoprire realtà “nascoste” a milioni di altre persone che svolgono altri mestieri. Realtà davanti alle quali magari moltissimi sono passati davanti centinaia, migliaia di volte, potendole ammirare solo da lontano, e che magari hanno provato a immaginare all’interno. Marco Berry, ex “Iena” salita al volante della trasmissione Inarrestabili, prodotta in collaborazione con Fai Service e andata in onda sull’emittente televisiva La7, davanti all’inceneritore di Brescia, gigante costruito e soprattutto pitturato in modo da essere il meno invasivo possibile nel paesaggio che costeggia l’autostrada Milano-Venezia, ci è passato centinaia di volte. Ma mai avrebbe immaginato quello che ha scoperto una volta avuta l’opportunità di entrarci. In camion, appunto, affiancando in cabina di guida Graziano Cantelmi, autotrasportatore scelto per essere uno dei protagonisti degli Inarrestabili.

Un mondo capace di lasciare allibiti e quasi estasiati, nonostante si sia circondanti da montagne di rifiuti, destinati a trasformarsi in energia. Un mondo a se, al quale Marco Berry ha avuto accesso solo dopo essere passato, col Tir carico di “pattumiera” sotto una struttura che rileva se c’è merce radioattiva all’interno del carico. Un percorso obbligato che per Marco Berry ha rappresentato l’eccezione, ma per Graziano Cantelmi la regola. Con tutto ciò che ne consegue. Compreso il rischio di scoprire che nel carico ci sia davvero del materiale radioattivo. “Basta poco, per esempio che tra i rifiuti ci sia anche solo un pannolino di qualcuno che ha fatto la chemioterapia perché vengano rilevate tracce di radioattività”, ha spiegato Graziano Cantelmi al suo particolarissimo compagno di viaggio, felice da un lato di compiere solo una volta quell’esperienza e allo stesso tempo preoccupato dal fatto che il conducente invece l’abbia vissuta centinaia di volte e continui a viverla. Con il timore, ogni volta, che il semaforo verde che attende alla fine del passaggio per i controlli anti radiazioni non si accenda… “Caso ripetutosi per ben tre volte in poche settimane, e che ogni volta implica il fermo del Tir per 24 ore, per verificare se il livello di radiazioni scompare”, ha spiegato Graziano Cantelmi, “il che significa un’intera giornata di lavoro buttata via, e insieme con lei il guadagno”. Finito nell’inceneritore, insieme alla spazzatura che scaricata dal Tir viene ingoiata da un gigantesco serbatoio profondo 30 metri… Stop che rappresentano uno dei tanti incidenti di percorso in un mestiere che oggi è fra i più “incidentati” che sia possibile immaginare, con mille problemi da affrontare ogni volta. Problemi capaci di non far dormire di notte uno che, come Graziano Cantelmi, ha costruito, ad Albano Laziale, un’azienda con 50 camion e altrettanti dipendenti, capaci di far addirittura luccicare gli occhi a un gigante d’uomo come l’autotrasportatore quando pensa ai momenti in cui, non saldato dai suoi clienti, non è a sua volta riuscito a pagare puntualmente i suoi dipendenti, quando girava a capo chino per l’azienda perché si vergognava di non riuscire a pagare. Non certo per colpa sua, visto che, come ha voluto sottolineare il suo celebre compagno di viaggio, “in un momento di crisi in cui molti hanno deciso di chiudere il suo pensiero principale è rimasto l’azienda, il suo obiettivo mantenere i posi di lavoro e lo stipendio ai suoi dipendenti e ai loro familiari”. A costo di rimettersi lui per primo ogni giorno al volante, di macinare migliaia di chilometri per incassare più denaro da utilizzare per far fronte a spese da brivido: 160mila euro di stipendi al mese, dai 50 ai 70mila euro di soli pedaggi autostradali… A costo di rischiare di dover scoprire d’aver trasportato per centinaia di chilometri rifiuti radioattivi. Retroscena insospettabili di una professione, quella dell’autotrasportatore, capace di entrarti nel sangue e contagiarti più di qualsiasi eventuale radiazioni. Perché quello del trasportatore è un mestiere che hai nel sangue, spesso ereditario. Come nel caso di Graziano Cantelmi, sposato con Barbara, padre di tre figli, che dal padre ha imparato a guidare i Tir a 16 anni, quando non aveva neppure la patente, pronto a mettersi al volante con una denuncia di smarrimento del documento di guida pur di stringere tra le mani il volante di un bestione della strada, col quale attraversare le strade di mezza Europa. Esattamente come aveva fatto suo padre tanti anni prima. Due uomini con la stessa passione per i Tir, due uomini uniti dallo stesso carattere forte, dominante. Al punto da spingere Graziano Cantelmi a non tirarsi indietro neppure in caso di qualche scazzottatura, una volta perfino con un poliziotto destinato ad avere la peggio non soltanto in una piazzola di sosta trasformata in un temporaneo ring, ma anche in aula dove Graziano Cantelmi è stato assolto con formula piena. Due uomini, padre e figlio, profondamente uniti da carattere e passioni ma allo stesso tempo altrettanto profondamente divisi da tante incomprensioni, aggravate da episodi dolorosi, come la morte di una sorella, che Graziano Cantelmi,  racconta con gli occhi un’altra volta lucidi. Fisico da pugile categoria massimi e cuore da cucciolo, mani d’acciaio capaci di picchiare fino a spezzarsi le dita ma anche “mani con le quali ho arricchito l’avvocato” e animo di carta velina pronto a incrinarsi di fronte ai problemi e alle sofferenze degli altri. Due volti di un Inarrestabile il cui sogno più grande probabilmente oggi è quello di potersi fermare per riallacciare i rapporti col padre, per ricucire uno strappo profondo ma non insanabile. Mentre il sogno irrealizzabile sarebbe quello di poter premere a fondo sull’acceleratore del tempo per fermarlo e poi, come su una macchina (pardon camion) del tempo, ingranare la retro e tornare a tutta velocità al momento in cui non era riuscito a capire realmente la gravità dei problemi della sorella, che una sera rientrando a casa aveva trovato morta. Perché oggi quell’uomo capace di soffrire per quella disgrazia fino a perdere i capelli nello spazio di pochi mesi, quel “gigante che si sgretola davanti a quella disgrazia”, come lo ha definito Marco Berry, ha capito quanto sia importante, per uno che nella vita viaggia, sapersi fermare al momento più opportuno. Per riflettere, capire, aiutare chi ne ha più bisogno. Cosa che i camionisti a volte sanno fare benissimo, anche se spesso non lo danno a vedere…

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