Convenzione delle Alpi, il rischio è di penalizzare ancor di più l’Italia

Non si può certo affermare che ai rappresentanti dei partiti di opposizione difetti la coerenza. Sul protocollo trasporti, in discussione presso la competente Commissione della Camera, è stata depositata una proposta alternativa di parere per sostenere la ratifica del protocollo stesso, parte della Convenzione delle Alpi. Anche se non condividiamo tale posizione, ne prendiamo atto con il dovuto rispetto per forze politiche che hanno sempre sostenuto la necessità della ratifica. Nulla di nuovo e perfettamente coerente dunque nei confronti di un documento, a nostro avviso penalizzante per il Paese, che aveva ottenuto, nel 2000, l’assenso dell’allora ministro dei trasporti Pier Luigi Bersani, oggi segretario politico del Pd. Ne abbiamo parlato più volte e sempre ci siamo adoperati con chiarezza, non comune ad altre realtà che rappresentano le imprese italiane, a sostenere che per poter ratificare quel protocollo  dovevano essere introdotte clausole di salvaguardia atte a garantire l’autonomia del nostro Stato. Dobbiamo riconoscere che nel corso dell’audizione, convocata diversi mesi fa dall’onorevole Stefani, presidente della Commissione esteri della Camera, e che aveva visto la presenza di tutte le associazioni dell’autotrasporto, assente la Confindustria, era stata condivisa e sostenuta la necessità di dover prevedere una clausola di salvaguardia. Questo tuttavia non basta per salvarsi l’anima. Soprattutto se poi, ogniqualvolta l’argomento torna di attualità, si evita di confermare la propria avversità alla ratifica. Un esempio per tutti rende chiaro cosa produrrebbe l’attuazione del protocollo: nessuno nega la necessità di un accordo per effettuare interventi  invasivi tendenti a realizzare trafori che interessano due Paesi; il vero obbiettivo è invece quello di subordinare la realizzazione di opere infrastrutturali che ogni nazione per esigenze proprie intende effettuare sul proprio territorio all’interno se interessa  l’arco alpino o se  riguarda strade di adduzione al sistema alpino. Le province di Sondrio e di Brescia, che potrebbero con un tunnel di poco più di quattro chilometri dar vita a un collegamento che unisca i due territori, generando così opportunità per quelle comunità, dovrebbero ottenere il benestare preventivo dei Paesi sottoscrittori del protocollo trasporti, per nulla coinvolti dalla realizzazione dell’opera ma certamente interessati a evitare che si crei un’area che potrebbe aumentare la capacità di competere delle zone suddette. È utile ricordare che i Paesi sottoscrittori della Convenzione delle Alpi sono tutti situati, a eccezione dell’Italia, a nord dell’arco alpino. Quindi appare evidente che si tratta di una rinuncia di sovranità del nostro Stato. La mobilità è una delle componenti fondamentali della competitività di un sistema Paese. L’obbiettivo di ridurne l’autonomia è comprensibile per  gli altri competitori, ma non può essere condiviso da coloro che ne risulterebbero penalizzati. Si ripeterebbe l’errore tragico del divieto di realizzare centrali nucleari. Per queste considerazioni Conftrasporto è convinta della necessità di ottenere la clausola di salvaguardia. Non si tratta di una questione ideologica a favore di una parte politica, ma di una scelta per salvaguardare il principio di autonomia oltre che un interesse per la nostra economia.

Paolo Uggé

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