Gabinetti di Fiumicino metafora dell’Italia? Così è nato il viaggio nei trasporti…

Una sera a cena con un “superbanchiere” ma anche presidente degli Aeroporti di Roma, Fabrizio Palenzona,  mezz’ora di chiacchiere sulla crisi economica e sulle lentezze italiane, poi  la conversazione si sposta sui gabinetti di Fiumicino. È  nato così il diario di viaggio che Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale, ha deciso di pubblicare sul suo quotidiano. Il diario in realtà di centinaia di viaggi  di “un pendolare di lusso, sempre in movimento tra  Roma e Milano”, come esordisce Nicola Porro “provandole tutte: “Alitalia, Easyjet, Trenitalia e Italo, con le molteplici combinazioni e relative stazioni.  Ma come arrivare ai viaggi partendo dalle latrine di un aeroporto? “La tesi di chi scrive era semplice” ha spiegato ai suoi lettori il vicedirettore  del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. “Se la porta d’ingresso per l’Italia ha quei gabinetti, non lamentiamoci dell’idea che gli stranieri si fanno di noi: maleodoranti, spesso out of order, antiquati, piazzati nei posti sbagliati e affollati. Ci fu chi disse: i cessi di Fiumicino metafora dell’Italia”. Da queste affermazioni (ma anche dalla replica di Fabrizio Palenzona ” Non esageriamo, ma li metteremo in ordine….”)  è nato il viaggio “semiserio e semieconomico  che ha toccato  scali e stazioni ferroviarie, è salito e sceso da aerei e treni. Lasciando ovunque una traccia, sotto forma di annotazioni, a volte velenose, del proprio passaggio. Eccone alcuni esempi. Aeroporto di Roma. “Si potrebbe anche dire: se lo conosci lo eviti (…)  anche se Palenzona aveva ragione e nel primo terminal, quello dei pendolari, sono arrivati gabinetti nuovi per tutti. Per il resto ci sarebbe molto da dire. A partire dalla sicurezza (…) Solo da un paio di settimane poi i responsabili della viabilità dell’aeroporto hanno pensato di mettere gli autisti nel parcheggio, liberando così il traffico da macchine blu parcheggiate una sull’altra. Meglio tardi che mai. Gira infine una leggenda tra gli addetti ai lavori. A Fiumicino manca un rilevatore elettronico dei fulmini, dunque quando arriva uno scroscio si bloccano le operazioni di rifornimento e nascono così gli ingorghi”. Stazioni Termini e Tiburtina.  “(…) Per arrivare alla stazione Termini o Tiburtina la metro è comoda. Fino a poche settimane fa, passare dalla metro Tiburtina al binario della stazione era questione di pochi passi e minuti. Il treno si prendeva al volo. Ma i geni cosa ti hanno pensato? Troppo comodo e soprattutto poco profittevole. Ora si è obbligati a fare una gimkana (c’è addirittura una guardia giurata che impedisce la scorciatoia) che prevede l’uscita dalla stazione, poi due rampe di scala mobile, il conseguente passaggio davanti a una decina di negozi e infine una nuova rampa in discesa per arrivare alla banchina del treno. (…)  Degne di nota le sale di aspetto di Italo, che devono essere state disegnate e pensate dai responsabili della viabilità di Fiumicino in collaborazione con lo scenografo, invecchiato, di Arancia meccanica. “(…) Italo sembra costare sempre un po’ meno e metterci sempre un po’ di più. (…) La prima classe di Italo è niente male, ma affollata. (…)  Quella di Trenitalia, costosissima, è per pochi (…) vi vende tanto spazio, ma vi obbliga a stare dritti come se aveste una scopa infilata nella camicia”.  Alitalia o Easyjet. “Prezzo e tempi sono ovviamente le variabili,  da trascurare il porto di partenza e approdo. Favoloso partire da Linate (da cui si tiene volutamente lontana ogni fermata della metro). Pessimo atterrare a Fiumicino. Il bilancio finale del vicedirettore del Giornale? ” La concorrenza ha fatto bene anche ai treni. E si sente. Ma c’è un grande buco nero: i porti di arrivo e partenza, veri monopoli naturali. Le stazioni e soprattutto gli aeroporti sembrano gestiti solo con la logica della rendita. Ci siamo affaticati a fare regole su regole per i vettori, ma ci siamo dimenticati di controllare, vigilare e, semmai, sanzionare i monopolisti naturali che del cliente se ne fregano. Gran parte dei ritardi degli aerei dipende dagli aeroporti, così come gran parte del vostro cattivo umore nel prendere un treno (parliamo ovviamente solo dell’alta velocità) dipende dal modo in cui vi hanno accolto e portato nella stazione ferroviaria”.

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