L’Europa vuol sapere se l’Italia tutela le imprese di autotrasporto serie

L’Italia sta applicando il regolamento europeo che impone di verificare se le norme sulle condizioni per esercitare l’attività di autotrasporto siano rispettate? A porsi la domanda è stato il presidente uscente della Commissione trasporti del Parlamento europeo, Brian Simpson,  intenzionato ad aprire un’indagine per accertarsi che l’Italia stia realmente facendo quanto deve per tutelare le imprese regolari e ridurre gli episodi di concorrenza sleale, controllando se le imprese hanno (come devono avere) una sede effettiva e stabile, indispensabile per ottenere il requisito della onorabilità, requisito senza il quale dal 4 dicembre 2011 un’azienda di autotrasporto non può lavorare. Una verifica fondamentale che consentirebbe di eliminare tutte le società di comodo illegali, obiettivo che del resto le associazioni di categoria e il Governo avevano individuato fra le priorità elencate nell’accordo siglato il 28 novembre 2013 secondo il quale l’Albo deve operare affinchè solo le imprese in regola possano continuare l’esercizio della professione. Impegni messi nero su bianco e che ora ora vanno resi operativi. Ed è proprio l’operatività del nostro Paese, la sua capacità di passare dalle (belle) parole ai fatti, a preoccupare l’Europa che si sta domandando (e ci sta domandando) se il nostro Governo si è solo limitato a realizzare il Ren, il registro elettronico delle imprese di autotrasporto, o se invece ha provveduto anche a effettuare quei controlli incrociati indispensabili per capire chi in quel registro può continuare a starci e chi no, chi potrà continuare a viaggiare in Europa e chi no. Il Governo sa fornire una risposta, magari confermando (o smentendo) la notizia secondo la quale l’Italia sarebbe destinataria di una lettera di messa in mora per non aver ottemperato alle disposizioni comunitarie? E, già che c’è, il Governo può chiarire perché l’Italia, a differenza di Francia e Germania, non risulta essere tra i componenti di Euro Controle Route? Perché non ha fino a oggi aderito, neppure come osservatore, a un organismo il cui compito è quello di riunire e coordinare l’attività delle autorità competenti con l’obiettivo di migliorare la sicurezza stradale e la sostenibilità, di contrastare la concorrenza sleale e migliorare le condizioni di lavoro nel settore dei trasporti su strada? Se non si riesce a comprendere l’importanza di realizzare un coordinamento, tra l’altro obbligatorio, si finirà solo col penalizzare le imprese nazionali che operano sul mercato europeo.

Paolo Uggé

4 risposte a “L’Europa vuol sapere se l’Italia tutela le imprese di autotrasporto serie

  1. Che sia la volta buona? Ci deve pensare l’Europa a tutelarci noi aziende italiane, visto che i nostri governanti italiani si sono dati alla macchia? Facciamo presto noi a cambiare bandiera invece che cittadini italiani come ci piace essere, ci facciamo chiamare cittadini europei, come comunque dovrebbe essere.

  2. Cara Alessandra, invece di chiedersi chi è Brian che si fa sentire solo adesso, io mi chiederei dove sono i nostri cari onorevoli italiani che sono stati votati al Parlamento Europeo e che si dovevano far sentire. È possibile che sia uno straniero che si chiede come tutelare le nostre aziende contro la concorrenza sleale?????

  3. È lo stesso discorso dei soldi che lo Stato deve ai privati: noi paghiamo le tasse allo Stato italiano, lo Stato italiano con quei soldi ci paga le multe che l’Europa gli fa per i ritardi dei pagamenti dalla pubblica amministrazione alle aziende. Ma non farebbe meglio a pagarci direttamente le aziende, che magari si muove qualcosa?! Non basteranno ne osservazioni ne multe dall’Europa fino a quando il ministro dei Trasporti è Lupi e avrai associazioni di categoria come Anita e Unitai. Il governo non ha nessun interesse a farlo funzionare in maniera regolare questo settore. È inutile girarci intorno. La situazione reale delle aziende, sia di quelle furbe sia di quelle che stanno morendo a causa anche di quelle furbe, è sotto gli occhi di tutti. E le truffe, i finti fallimenti, le vendite parziali o totali fittizie sono anch’esse sotto gli occhi di tutti. O meglio, di chi vuole vedere.

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