L’Italia per vincere le Olimpiadi invernali 2026 deve “scendere in pista” su strade e ferrovie

Per gli atleti che parteciperanno alle olimpiadi invernali di Milano e Cortina 2016 il successo, la possibilità di salire sul podio, dipenderà dalla classe, dall’allenamento oltre che da un po’ di fortuna che non guasta mai. Per l’Italia il successo della manifestazione dipenderà invece soprattutto da un fattore: la capacità di realizzare, da qui all’inaugurazione dell’evento mondiale, strade e ferrovie che possano portare migliaia di atleti e accompagnatori e centinaia di migliaia di tifosi e spettatori sulle piste. Un’importanza, quella delle opere infrastrutturali, sottolineata da Claudia Maria Terzi, assessore della Regione Lombardia alle Infrastrutture, Trasporti e Mobilità sostenibile, che partecipando a un convegno sui giochi invernali ha definito “fondamentale il completamento delle opere sia stradali sia ferroviarie”. Opere, ha aggiunto Claudia Maria Terzi, “di cui il territorio ha bisogno e che rimarranno nel futuro per soddisfare anche le necessità di mobilità dei lombardi. Ci sono, per esempio, quelle sulla linea ferroviaria fino a Sondrio e a Tirano o quelle programmate per la Statale 36″. Progetti a cui mettere mano subito, perché il tempo corre e la distanza fra oggi e il 2016, in termini di cantieri da realizzare, solo apparentemente è tanto. “Oltre ai finanziamenti bisogna lavorare sui tempi”, ha concluso l’assessore della Regione Lombardia alle Infrastrutture, Trasporti e Mobilità sostenibile. “Quelli normali degli appalti in Italia non sono compatibili con la realizzazione delle opere che servono per le Olimpiadi. Noi vogliamo essere pronti per fine 2025. Serve, però, un intervento legislativo che ci permetta di superare le lungaggini burocratiche attuali”. Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha invece ricordato di aver “inviato un elenco di opere essenziali al governo, una buona parte delle quali già finanziate o cofinanziate”, ma si non aver ricevuto “ sino a oggi alcuna risposta né una convocazione per discutere un tema così cruciale”.

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Una risposta a “L’Italia per vincere le Olimpiadi invernali 2026 deve “scendere in pista” su strade e ferrovie

  1. Avete mai provato a raggiungere la Valtellina in treno o anche con l’autovettura? Purtroppo vi può capitare che la strada sia molto trafficata (eufemismo) o che la linea ferroviaria mostri delle deficienze (ritardi). Giusta quindi la preoccupazione dell’assessore Terzi e degli organizzatori delle Olimpiadi su come collegare la Valle. Il problema però non può essere risolto con dei rattoppi. Occorrono interventi strutturali. Qualcuno ipotizza il traforo dello Stelvio; altri sognano di portare la ferrovia fino a Bormio e illudono la gente che con gli interventi per le Olimpiadi queste opere si possano realizzare. Esiste il problema “tempo” per entrambe. Sia per l’una che per l’altra occorre pensare a un periodo che si aggira intorno ai 15 anni di lavoro, quindi ben dopo l’evento sportivo (a parte che mi domando quanta gente prenderà il treno con sci, scarponi e valige rinunciando all’autovettura). Quale sia la molla che ha indotto, così sembrerebbe, qualche “genio” ad assegnare un incarico di predisporre il progetto per il traforo dello Stelvio di cui si parlava negli anni inizio 80, è incomprensibile, o forse fin troppo comprensibile. Ho potuto leggere in questa fiera delle imbecillità una sola proposta con un senso pratico ed è quella del traforo del Mortirolo che con nove chilometri di galleria e tre anni di lavoro realizzerebbe il collegamento a est creando uno sblocco per la Valle e quel che più conta dividendo i flussi di traffico. A parte che l’opera collegherebbe due province della medesima Regione e questo faciliterebbe molto ma in vista dell’evento sportivo, la soluzione ridurrebbe per oltre cento chilometri i collegamenti tra i tre luoghi olimpici (Milano, Bormio-Livigno e Cortina) e faciliterebbe l’afflusso/deflusso di coloro che vorranno vivere questo evento. Una classe politica avveduta, soffermandosi un attimo a pensare, cercherebbe di capire se l’ipotesi sia percorribile. Ovviamente occorrerebbe trovare una soluzione che veda la partecipazione di capitali privati (un interesse da quanto ho letto esisterebbe). La partecipazione della Regione, in quanto le risorse debbono essere destinate a rendere più efficienti le opere e i collegamenti esistenti, sarebbe politica ed economicamente poco più che simbolica. Nel dibattito vi è stata una proposta avanzata da un tecnico- politico che di mobilità ne capisce, ma è stata avversata dalla “cupola” che controlla la Valle. Mi domando come possano degli amministratori intelligenti, a mio personale avviso, come il presidente Fontana e l’assessore Terzi non approfondire questa ipotesi. Un piccolo particolare: la strada di adduzione alla Valle che congiunge Lecco a Colico probabilmente per qualche errore di progettazione ha una “corticale” bassa e questo sta producendo il lento scivolamento verso il lago della infrastruttura. C’è da fare gli scongiuri che ciò non avvenga. la domanda che tuttavia sorge spontanea (direbbe Lubrano): ma perchè correre un simile rischio?. Ma quando la politica, io aggiungo, si porrà il problema di affrontare i temi concreti e in modo realmente funzionale al raggiungimento degli obiettivi? Esponenti politici del passato, Dassogno, Valsecchi, Prandini, Salvini, fino all’ex ministro Pietro Lunardi erano tutti favorevoli al traforo del Mortirolo. Quelli di oggi sembrano di parere opposto ma senza fornire motivate ragioni. E così la Valle perderà anche questa opportunità.

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