Tav, il referendum è solo una scusa per prendere tempo. Ma il rischio è che il tempo sia finito…

Qual è la differenza tra l’essere e l’apparire? Parrebbe che oggi questo interrogativo, che ci riporta a Luigi Pirandello, stia tornando fortemente di moda, coinvolgendo anche la Tav. Che c’entra la ferrovia ad alta velocità, qualcuno si domanderà: c’entra eccome, vista la proposta che qualcuno, volendo apparire tra i “Si Tav, ha lanciato per indire un referendum. Delle due l’una: o non si conoscono le regole costituzionali, oppure si prova prendere tempo con la furbata della consultazione referendaria che necessita di vari passaggi. Che tra coloro che chiedono il referendum vi siano dei presidenti di alcune regioni del nord ha dell’incredibile. E non è solo una questione di altro tempo perso:l’incredibile è non aver ancora compreso come l’infrastruttura non sia un’opera a carattere regionale, ma coinvolga tutto il Paese, la sua economia e la competitività. Solo ignoranza oppure opportunismo? Sarà un caso (e forse non tutti ricordano…) ma alcuni partiti ai quali appartengono coloro che oggi si “iscrivono” tra i sostenitori della Tav, anni fa erano schierati con gli ambientalisti contro l’infrastrutturazione del Paese. Oggi hanno rivisto le loro posizioni e sostengono la Tav, ma che a “lanciare” il referendum siano anche gli esponenti di quelle forze politiche (scavalcando così le elezioni europee e non esponendosi) solleva più di qualche perplessità. Sabato 12 gennaio erano in tanti i “pro Tav” che si sono ritrovati a Torino. Tra loro vi era certamente chi intendeva apparire come un sostenitore dell’opera,insieme a pseudo esperti dei trasporti che forse stanno puntando ad altro. La richiesta da parte dei partecipanti per un sì allaTav, da subito e senza perdite ulteriori di tempo che le mediazioni o il referendum produrrebbero, è stata forte.Forse è opportuno ricordare che il Parlamento, con una legge del 5 gennaio 2017, ha approvato l’accordo tra l’Italia e la Francia per “l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria”. E forse è altrettanto opportuno evidenziare che con il vocabolo sezione si vuole indicare come non ci si trovi di fronte alla linea Torino-Lione, ma a un tratto di un’opera che è parte di uno dei corridoi decisi dall’Europa e di particolare interesse per tutte le regioni italiane. Chi governa un Paese dovrebbe saperlo bene e dovrebbe essere ben conscio del dovere di decidere. I trattati internazionali si rispettano e le leggi si applicano. Rinviare o cercare mediazioni non è decoroso. E poi, cosa ci sarebbe ancora da verificare sui “costi e benefici” dopo che per ben sette volte la Corte dei conti e organismi omogenei della Francia ed europei si sono espressi favorevolmente dopo i controlli effettuati? I sostenitori del sì perché non presentano una risoluzione, da far approvare a Camera e Senato, che impegni il Governo a procedere con i lavori come previsto? Se non lo faranno sarà facile per chiunque capire che vi è dell’altro. Ma attenzione: una volta scoperto il “giochetto” potrebbe essere troppo tardi per cambiare strada: quando un Esecutivo non decide, e per primo non rispetta le leggi, è naturale che si dia spazio a forme spontanee di protesta, come nella vicina Francia. Alcuni mesi fa è stato ipotizzato che il rischio del ritorno dei “forconi” non fosse da escludersi: è di questo fine settimana l’annuncio di Mariano Ferro, ex leader del movimento dei Forconi che anni fa “incendiò la Sicilia”, oggi trasformatosi in “inquilino del Palazzo”, che annuncia forme analoghe di protesta a breve anche in Italia. Chi si fa interprete di una politica assembleare e referendaria ne potrebbe strumentalizzare le iniziative? Per questo sono inutili e non positive in ogni senso perdite di tempo,”gestite” solo per una convenienza o gioco politico. Giocare con la demagogia talvolta può essere pericoloso.
Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio

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