Tamponi antiCovid, Ebitral chiede al Governo unità mobili per farli ai camionisti in trasferta

Unità mobili, disseminate lungo le principali autostrade e le strade più trafficate d’Italia, dove i camionisti in viaggio possano sottoporsi al tampone ed essere in regola per poter lavorare. A chiederle, ai responsabili del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile e di quello della Sanità, sono i responsabili bergamaschi dell’Ebitral, (l’Ente bilaterale del trasporto e della logistica composto dalla Fai, Federazione autotrasportatori Italiani, e dai sindacati provinciali di categoria che fanno riferimento a Cgil, Cisl e Uil) in vista dell’entrata in vigore del Green pass obbligatorio per i lavoratori a partire dal 15 ottobre che, conferma Antonio Scaini, esponente della Cisl e presidente di Ebitral, parlando anche a nome dei colleghi Fausto Angelo Marchetti della Uil e Tobia Perini della Cgil, “rischia di provocare situazioni insostenibili per migliaia di persone perennemente in viaggio proprio l’attività che svolgono: camionisti, ma anche conducenti di pullman turistici, ferrotramvieri, persone che lavorano sui traghetti o sugli aerei. Tutti lavoratori per i quali non è certo possibile immaginare un facile ricorso a una farmacia”, come sottolinea lo stesso presidente dell’Ebitral che d’accordo con i colleghi ha deciso di suggerire una possibile soluzione al problema: “organizzando e allestendo, in punti strategici, come potrebbero essere le piattaforme logistiche, gli scali merci e le aree doganali o gli interporti ma anche le aree di servizio in autostrada, centri mobili dove chi non ha potuto o voluto vaccinarsi possa sottoporsi al test. Un numero non indifferente di lavoratori, in gran parte stranieri”, sottolinea Antonio Scaini che ha potuto verificare, confrontandosi con il presidente della Fai Bergamasca, Giuseppe Cristinelli, come il numero di conducenti di camion non vaccinati, “e che quindi, senza tampone rischiano la sospensione dal lavoro senza retribuzione”, sia alto: circa il 20 per cento degli addetti, dato raccolto attraverso una mini indagine fra le aziende associate alla Fai di Bergamo e che rispecchia del resto i dati nazionali. “Numeri che fanno comprendere chiaramente che occorre far qualcosa, se non si vuole davvero correre il rischio che, in un Paese dove oltre l’80 per cento delle merci viaggia su gomma e dove gli autisti sono già diventati, da tempo, introvabili, altri conducenti vengano “fermati” dall’impossibilità di fare un tampone, lasciando ferme le merci nei piazzali”. Bloccati da buchi legislativi, da mancanza di indicazioni fornite, “con un congruo anticipo per fare chiarezza”. Un esempio? “il conducente che il mercoledì alle 14 ha effettuato il tampone, alla scadenza delle 48 ore, il venerdì alle 14 dovrà fermarsi se non avrà avuto la possibilità di sottoporsi a un nuovo controllo?” Un nuovo tampone che, conclude Antonio Scaini,”non può certo essere fatto facilmente da chi è per strada e, magari, con il proprio tir non può entrare nei centri storici dove di solito si trovano le farmacie. Senza dimenticare che le farmacie hanno orari precisi di apertura e chiusura mentre i camionisti lavorano anche all’alba o dopo cena, di notte….”. Situazioni che avrebbero dovuto essere affrontate e gestite prima e che invece sono rimaste irrisolte fino alla vigilia dell’entrata in vigore del decreto e dei controlli. “Rappresentanti dei sindacati e delle associazioni datoriali sono disponibili a un confronto per trovare “strade alternative”che non aggravino ulteriormente il quadro, favorendo invece l’effettuazione dei tamponi che, non dimentichiamolo, rappresentano tra l’altro una nuova spesa non indifferente da sostenere per i lavoratori. Le unità mobili disseminate su strade e autostrade possono essere una strada percorribile”.

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