Motociclisti decapitati dai guardrail? In milioni sono a rischio ma nessuno interviene

Pannelli fono assorbenti “incollati con il Vinavil”, perché non si staccassero, ma anche cavi corrosi nelle strutture del Ponte Morandi segnalati in un messaggino meno di due mesi prima della tragedia: l’inchiesta della Guardia di Finanza che ha portato a una serie di misure cautelari nei confronti di ex e attuali manager di primo piano di Autostrade per l’Italia, ipotizzando accuse che vanno dall’attentato alla sicurezza dei trasporti alla frode in pubbliche forniture, potrebbe essere il punto partenza di un vero e proprio viaggio in un’Italia guidata da personaggi, pubblici e privati, per i quali la vita di milioni di persone non conta nulla? Difficile dirlo. Facilissimo invece affermare che sono milioni i cittadini che si aspettano che un “viaggio” del genere possa davvero finalmente partire (anche per non buttare nella spazzatura la sempre minor credibilità nelle istituzioni che è rimasta), attribuendo a ognuno, privato e pubblico, le proprie responsabilità. Ma soprattutto garantendo così, finalmente, la sicurezza che ognuno merita, salvando vite umane senza continuare a “sacrificarle sull’altare del Dio denaro”, come invece accaduto troppo spesso. Un viaggio di cui molte “tratte” sono già note; una storia di cui molti capitoli sono già stati scritti (e denunciati) da tempo, spesso a più riprese, senza riuscire però in troppi casi a ottenere l’attenzione (figuriamoci degli interventi) che sarebbe stata dovuta. Storie di ordinario pericolo che corrono a tutta velocità da anni lungo ponti che crollano e gallerie che perdono pezzi, su asfalti disseminati di trappole mortali sotto forme di migliaia di buche. Una vera e propria mappa dei pericoli “sotto gli occhi di tutti” (ma con moltissimi che li chiudono per non vedere) di cui fa parte anche una “storia dimenticata” che ogni giorno rischia di costare la vita a chi le strade le percorre in moto. E stiamo parlando di un Paese che con ormai quasi 10 milioni di moto immatricolate è al primo posto in Europa per motociclisti in circolazione, con una quota del 30 per cento di tutto il vecchio continente. Una “storia dimenticata” di straordinario pericolo che Tony Mori, da oltre 10 anni coordinatore del Dipartimento politiche istituzionali della Federazione motociclistica italiana e iscritto nel Registro dei rappresentanti di interesse della Camera dei deputati per la cura degli interessi dei motociclisti dal punto di vista legislativo, ha deciso di riportare sotto i riflettori proprio all’indomani delle notizie sulla scandalosa gestione delle infrastrutture portata a galla dalle Fiamme gialle. “Ma soprattutto”, sottolinea, “prima che si debbano contare altri morti per “storie” già conosciutissime, segnalate e strasegnalate”. La storia a cui fa riferimento Tony Mori è quella di migliaia e migliaia di chilometri di guardrail che, come ha testimoniato lui stesso in un’audizione davanti ai componenti della nona Commissione per le proposte di legge concernenti integrazioni e modifiche al Codice della strada che si è tenuta il 28 febbraio 2019, “per gli automobilisti sono sinonimo di sicurezza, ma per i motociclisti spietati killer: una barriera costruita con pali metallici e lamiera modulare che possono tagliare come lame e spezzare qualsiasi cosa gli impatti contro”. “Guardrail a due fasce in cui la seconda, la più bassa, è a un’altezza tale da lasciar passare il corpo di un motociclista vittima di una caduta o di uno scontro, con il rischio che quella lamiera, sia delle fasce sia dei paletti di sostegno, si trasformi in una spaventosa “ghigliottina”. Sono moltissimi i casi di motociclisti, trascinati dalla moto sotto un guardrail, mutilati o addirittura a volte decapitati”, ribadisce oggi, evidenziando come questo pericolo mortale viaggi praticamente lungo tutte le strade e autostrade d’Italia considerato che, come risulta dagli atti dell’audizione di un anno e mezzo fa davanti a rappresentanti del mondo politico, “in Italia si contano 851.400 chilometri di strade e di questi, a oggi 100 dei 26mila gestiti dall’Anas risultano dotati delle nuove strutture e altrettanti sono in cantiere per il 2018, mentre nessun intervento è stato realizzato sulla rete di Autostrade” Laddove per le nuove strutture”, spiega oggi Tony Mori, “si intendono guardrail che invece di avere due sole fasce ne hanno tre, con l’aggiunta di una terza barriera, che arriva fino al suolo, realizzata in plastica, per far si che il motociclista non possa scivolare sotto, magari in un punto in cui è piantato nel terreno un paletto di sostegno, pericolosissimo, spesso letale. Ma, allo stesso tempo, una terza fascia in plastica destinata anche fare da ammortizzatore e, nei casi più fortunati, a rimettere mezzo e pilota in carreggiata senza troppe conseguenze”. Una soluzione chiara, semplice, illustrata e straillustrata “anche su siti particolarmente attenti alla sicurezza di chi viaggia, come per esempio motociclistiincolumi.com”, come evidenzia l’esponente della Federazione motociclistica italiana, senza che si sia mai intervenuti veramente, realizzando solo interventi “sperimentali”. “In Alto Adige si contano 12,1 chilometri “protetti” su 157curve con una previsione di ulteriori 2.400 metri per 40 curve”, si legge nel documento letto in Commissione, “e qualcosa è stato fatto in seguito in Piemonte” conclude Tony Mori. Ma poca cosa. Niente di “strutturale”, di pianificato in nome della sicurezza di quasi dieci milioni di motociclisti”. Che, con la terza fascia aggiunta ai guardrail già esistenti, potrebbero viaggiare con molti meno timori. È sempre il documento letto in audizione a Roma ad affermarlo: “Questa modifica ha apportato significativi benefici in termini di incolumità dei motociclisti in caso d’incidente, a fronte di minimi costi: se un guardrail standard costa 150 euro al metro quello con protezione per motociclisti va dai 30 ai 60 euro in più al metro. E tali costi peraltro potrebbero “scaricarsi” in tutto o in parte sui privati mediante forme di partnernariato pubblico privato. I privati, infatti, potrebbero concorrere, per esempio tramite sponsorizzazione, alla realizzazione dell’opera.” Cominciando magari “sui tratti stradali più pericolosi”. Sarebbe già un buon inizio, in un nuovo viaggio verso la sicurezza vera e non solo verso nuovi scandali nella manutenzione di strade che ogni giorno vengono percorse da milioni di italiani.

Testo realizzato da Baskerville Comunicazione & Immagine per stradafacendo.tgcom24.it

3 risposte a “Motociclisti decapitati dai guardrail? In milioni sono a rischio ma nessuno interviene

  1. Finalmente qualcuno che porta alla ribalta questo tema, sono anni che la rete autostradale doveva adeguarsi a questa normativa, ma sono pochissimi i tratti dove si possono trovare le fasce gialle di plastica e a volte addirittura in posizioni inutili. I pedaggi però quelli bisogna pagarli prima,i morti invece si piangono dopo.

    • Concordo con Claudio, prima di tutto gli interessi privati, utili di bilancio per azionisti e finanziatori poi la politica che subisce, sovente consenziente, le lobby forti, lo vediamo tutti i giorni. I motociclisti sono milioni, ma non sono un movimento, non contano, anche se danno lavoro a centinaia di migliaia di persone. La Lombardia mette a disposizione 130 milioni di euro (130.000.000) per cofinanziare 18 chilometri di autostrada con 6 caselli, Bergamo /Treviglio, che servirà a occupare terreno agricolo e remunerare, a carico degli utenti, i fondi finanziatori. Con quella somma pensa a quanti miglioramenti si farebbero sull’attuale rete….

  2. Purtroppo c’e’ sempre da tener conto che si privilegiano le grandi aziende nell’assegnazione delle concessioni, come il fatto che sono grandi imprese sia la garanzia di un buon lavoro: e per questo vengono annullati i controlli ! La carenza di sicurezza nella circolazione dei mezzi in generale e delle moto nello specifico, e’ stato denunciato piu’ volte, invano. Come dice giustamente Claudio, il numero delle vittime aumenta, ma nel frattempo hanno anche tolto, per esempio, lo sconto dei pedaggi per i pendolari!!! La gestione efficiente della A22 dimostra che anche un buon pubblico puo’ essere un esempio.

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