Trasporti: il virus è il colpo di grazia a un settore già infettato da burocrazia e malaviabilità

“Tra i settori economici strategici che stanno subendo più di altri i contraccolpi provocati dalla psicosi da Coronavirus che ha mandato in fibrillazione il Paese, figura anche il comparto dei trasporti merci, perché è l’anello di congiunzione tra tutte le attività. Se dovesse persistere questo blocco rischiamo la paralisi! L’autotrasporto è ormai stremato per la lunga crisi economica dal 2008 a oggi, per le difficoltà di una burocrazia sempre più pesante, per i problemi cronici dei collegamenti infrastrutturali, e adesso si è aggiunta anche questa grave emergenza! La complessità dei trasporti si traduce in tempi che si allungano, controlli più stringenti e complicazioni nella consegna delle merci! Non c’è dubbio che la salute dei cittadini debba essere posta davanti a tutto, ma se il delicato sistema della logistica e dei trasporti si inceppa, si ferma tutta l’economia, comprese le consegne degli alimentari”. A illustrare i pericoli ai quali sta andando incontro il settore dei trasporti, e con esso la vita quotidiana di milioni di persone, è Antonio Petrogalli, presidente della Fai lombarda, autore di una lettera aperta inviata alla stampa nella quale chiede al Governo, a nome del mondo dei trasporti merci, logistica e passeggeri, “l’adozione di linee-guida chiare, omogenee, coordinate a livello centrale, che ancora oggi arrivano a spizzichi, oltre a forme di sostegno al reddito per le piccole e medie imprese e procedure semplificate per l’accesso alla cassa integrazione e al credito, nonché lo slittamento, o l’annullamento del pagamento di tasse e tributi. Richieste”, sottolinea Antonio Petrogalli, “che sono state sottoposte dalla Federazione autotrasportatori italiani regionale lombarda agli assessori competenti della Regione Lombardia, in quanto il nostro è il territorio più colpito da questa “tragedia”. Un appello e allo stesso tempo una rivendicazione del ruolo, fondamentale, del settore. “Non va infatti dimenticato che l’autotrasporto, anche in questa circostanza critica, sta svolgendo una funzione essenziale”, si legge nella lettera. “Ci sono decine e decine di camion che ogni giorno entrano nella zona rossa per trasportare generi alimentari e merci di prima necessità con totale senso di responsabilità, svolgendo il lavoro di tutti i giorni. L’autotrasporto rivendica il suo ruolo e la sua “missione”: quella di essere una presenza insostituibile nel soddisfare le esigenze quotidiane più difficili. Mi piacerebbe che da oggi noi autotrasportatori fossimo un po’ meno “invisibili” e “scontati”, e che tutti si rendessero conto della nostra importanza! Dopo i primi giorni di, comprensibile, emergenza”, prosegue Antonio Petrogalli, “ è ora importante valutare con equilibrio la situazione per evitare danni ancora peggiori, consentendo a tutte le imprese di continuare la loro attività, dal commercio, all’industria, all’artigianato, al turismo, ecc…Come ho già detto occorrono regole e normative comuni a tutti, per non creare ulteriore confusione e per mettere in condizione le imprese e i lavoratori di operare in modo sicuro. Noi siamo disponibili a prendere tutte le precauzioni necessarie, però le procedure dovrebbero essere uniformate in modo che gli autisti sappiano come comportarsi per la sicurezza di tutti. Invece ci sono richieste espresse a macchia di leopardo, dettate dalla paura e senza una precisa logica. Abbiamo assistito in questi giorni a quanto i paesi Europei abbiano demonizzato le nostre merci e le nostre produzioni: sembravamo noi gli “untori” quando in realtà le ultime notizie ci dicono che il virus potrebbe essersi diffuso in Europa partendo dalla Germania già a gennaio. In attesa che siano stabilite le vere responsabilità del contagio, è necessario fare i conti con le conseguenze delle “false notizie”. Oggi gran parte dei Paesi di destinazione non vogliono le merci lombarde trasportate da camion lombardi, per la paura di essere infettati, viceversa gli autisti delle ditte straniere si rifiutano di venire in Italia a consegnare a ritirare prodotti finiti. Per esempio, il 4 marzo un autotrasportatore tedesco ha rifiutato di consegnare la merce in Friuli e l’ha abbandonata al Brennero. Il coronavirus spaventa gli autotrasportatori stranieri che non vogliono entrare in Italia per paura del virus e per timore di restare bloccati sul territorio nazionale dalle misure anti Covid-19. Una situazione paradossale che sta minando alle fondamenta tutta l’economia, perché ad esempio le aziende manifatturiere non ricevono le materie prime e non possono consegnare il prodotto finito. Con l’emergenza Coronavirus sono stati sospesi, oltre alle scuole di ogni ordine e grado, anche tutti i corsi professionali, e qui sorge un altro grosso problema per noi. Perché alla Scuola del Trasporto della Fai facciamo corsi indispensabili per gli autisti come la patente Cqc, la cui validità quinquennale è in scadenza proprio in questi mesi; analogamente il Patentino Adr per il trasporto delle merci pericolose, oppure il Patentino europeo per il trasporto del bestiame. Questi sono alcuni degli esempi della corsualità per ottenere titoli di abilitazione professionale indispensabili ai nostri conducenti, che in caso contrario saranno impediti nella guida. L’emergenza di queste settimane è al centro di un fitto calendario di incontri con il Ministero dei Trasporti e con la Protezione civile, ai quali stiamo partecipando come Fai nazionale e regionale. Il 2 marzo la F.A.I. ha incontrato la Ministra dei Trasporti De Micheli, alla quale sono state fatte presenti le imminenti scadenze chiedendo la posticipazione dei titoli abilitativi, l’emanazione in tempi brevi di decreti attuativi per l’utilizzo dei fondi destinati agli investimenti e il contrasto dei crescenti divieti degli stati esteri alla circolazione dei cittadini e delle merci italiane. Lunga è la lista degli interventi presentata anche con la firma di tutte le Associazioni del Trasporto e delle Organizzazioni Sindacali: alcune non costano nulla, altre necessitano di stanziamenti che dobbiamo urgentemente chiedere all’Unione Europea. Su tutto pesa la psicosi dilagante che fa capire l’assoluta necessità di abbassare i toni, pur nell’ambito di una comunicazione trasparente, perché altrimenti si rischia davvero di mettere in ginocchio l’economia italiana e quindi di fermare il Paese. Sono certo che la situazione non sia peggiore degli altri Stati ma, come purtroppo succede troppo spesso in ambito europeo, ognuno va per conto suo e ci sono nazioni che hanno fatto decine di migliaia di tamponi (come l’Italia) e altre che ne hanno fatte alcune centinaia e quindi da noi sono stati scoperti più casi che altrove. Non voglio semplificare o minimizzare, ma solo evidenziare i rischi che stiamo correndo, enfatizzando eccessivamente la situazione sanitaria collegata al nuovo Coronavirus. Nel frattempo, pur con tutte le cautele ampiamente comunicate e con accorgimenti di semplice buonsenso, senza ingiustificati allarmismi, continuiamo la nostra attività il più normalmente possibile. Ne usciremo tutti insieme”.

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