Divieti al traffico? Se la politica sa fare solo questo forse è meglio che l’Italia cambi strada

Da qualunque parte ci si giri e qualsiasi argomento si affronti, accade sempre più spesso di trovarsi di fronte a una norma che vieta. Emanata dalla magistratura, dalla politica, dalla burocrazia: chi detiene anche solo un po’ di potere, forse per dimostrarlo meglio, vieta. Basti pensare al caso Ilva, o ai divieti di circolazione stabiliti dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti i cui responsabili continuano a non comprendere che più aumentano i giorni di divieto e più cresce la quota giornaliera dei mezzi che si muovono sulle strade.Negli ultimi giorni i protagonisti dei divieti sono stati indubbiamente gli amministratori locali, pronti a prendere “strade” diverse, decidendo, in base alle proprie convinzioni o posizioni politiche, che l’inquinamento è un fatto locale, oppure di natura più ampia. Un “bivio” fondamentale: è sufficiente vietare la circolazione nel centro urbano per risolvere il problema? Oppure serve solo a spostare il traffico, magari sulle tangenziali o sul reticolo di strade che stanno intorno alla realtà urbana che si crede di proteggere con un semplice divieto? I dati sulle polveri e le particelle che non si riducono lasciano chiaramente intendere qual è la risposta, ma il timore è che neppure l’evidenza dei fatti possa far cambiare strada ad amministratori per i quali l’importante non è certo risolvere razionalmente la questione, bensì superare solo l’emergenza evitando, anche, possibili denunce alla magistratura e soprattutto facendo credere che si agisce nel bene della popolazione. La gente, passati i mesi nei quali i dati sull’inquinamento si riducono, si dimentica di queste “belle” pensate. Dunque avanti con i divieti che non rappresentano, comunque, un’abitudine solo italiana: la vicina Austria procede infatti nella medesima direzione, anche se lo scopo in questo caso è diverso. Essendo più furbi dei nostri uomini politici, gli austriaci utilizzano i divieti per favorire le proprie attività. Come? Semplice, esentando dai divieti i loro automezzi. Facendosi, di fatto, beffe del nostro Governo che protesta, addirittura in modo vivace, ma non con iniziative politiche. Errore imperdonabile (e del quale pagheranno le conseguenze, come sempre, i lavoratori, da chi produce merci a chi le trasporta), frutto della totale mancanza di un’idea della politica della mobilità, delle soluzioni più adeguate da proporre. I rappresentanti di Conftrasporto-Confcommercio hanno assunto posizioni dure, con lettere, documenti, e sono arrivati a partecipare anche a incontri ad alto livello. Con quale risultato? Verrebbe da rispondere citando la frase di quel tale che diceva:” ne ho prese tante ma quante gliene ho dette…”. Quante ne dovranno essere dette ancora (e basterà dirle o toccherà imboccare altre vie…) per evitare che si tocchi il picco del ridicolo, come accaduto proprio in questi giorni, con il sindaco di Milano pronto a vietare di fumare alle fermate degli autobus (neanche fosse un novello Sirchia, con la differenza che il professore un risultato importante l’ha ottenuto) e la “sindaca” di Roma che ha invece deciso di fermare le autovetture Euro 6, senza domandarsi se siano o meno protagoniste dell’inquinamento? Trascurando la “boutade del divieto di fumo”, se non altro per non scadere nel ridicolo, in questi giorni esponenti di enti di elevato livello scientifico ed emeriti esperti hanno evidenziato l’inutilità del divieto nella capitale. Una prova inconfutabile arriva dall’Unione petrolifera che ha reso pubblico, con uno studio, quello che, se non proprio la prima cittadina Virginia Raggi, almeno i suoi stretti collaboratori dovrebbero conoscere. Le emissioni di PM 10 delle auto diesel Euro 5 e 6 su quelle totali è totalmente irrilevante. Uno studio che tutti sono invitati a leggere (lo trovate anche sul sito wwwconftrasporto.it, oltre che ovviamente su quello dell’Unione petrolifera):  primi fra tutti coloro che “decidono” per milioni di cittadini e che potrebbero imparare come dovrebbe essere trattato un argomento serio che impatta con la vita di tutti. Verrebbe da dire a coloro che si arrabbiano: “li avete votati e ora ve li tenete”. Ma sarebbe troppo facile e perfino inopportuno. Ciò che ogni cittadino dovrebbe pretendere da chi amministra è l’umiltà. Chi ha l’onere di governare un Paese o una comunità di cittadini ha il dovere di documentarsi sugli argomenti che impattano con la vita di coloro che amministra. La cultura del divieto non aiuta a risolvere i problemi, anzi talvolta li aggrava. È solo una facile scorciatoia presa da chi non sa o non vuole capire. È spesso frutto solo di demagogia, che al momento magari coinvolge e convince ma con il passar del tempo si dimostra solo dannosa. Di esempi ne abbiamo a iosa. Dovremmo solo imparare a ricordarcene al momento opportuno.  

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio

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