Tir in viaggio sulle autostrade del mare, ecco perché tutti i problemi ora vengono a galla

Il nuovo anno si è aperto con l’avvio di una vertenza che potrebbe innescare una serie di rivendicazioni ad ampio raggio nel mondo del trasporto. Era prevedibile: l’aumento dei costi per far viaggiare i tir sulle autostrade del mare, diretta conseguenza dell’entrata in vigore delle nuove normative ambientali, con l’obbligo per le compagnie di navigazione di ridurre gli ossidi di zolfo dell’85 per cento, sta determinando una situazione di difficile gestione. Da un lato gli armatori, che di fronte ai nuovi costi si vedono costretti a trasferirli sulla loro clientela, imprese di autotrasporto comprese; dall’altro l’intero “sistema” che consente di trasferire le merci dalla strada al mare, letteralmente “colpito e affondato” per molte attività di trasporto che hanno come punto di partenza o destinazione le isole maggiori. In mezzo il Governo che, occorre evidenziarlo, ha già provveduto da par suo a complicare le condizioni. Come? Innanzitutto non gestendo in anticipo le evoluzioni evidenti che si sarebbero determinate in una situazione resa già complessa dalla riduzione delle risorse destinate alle Autostrade del mare. Con il solo risultato possibile: gli armatori costretti a incrementare i noli dovuti per i passaggi e i vettori a subirne le conseguenze. In una “catena economica” equilibrata, anche gli autotrasportatori avrebbero dovuto trasferire a loro volta gli incrementi sulla committenza. Ma questo non è possibile per tutti, perché non c’è dubbio che il potere di contrattazione è profondamente diverso tra i vettori. Vi sono coloro che hanno un’organizzazione e un potere contrattuale che permettono di ottenere l’aumento per le prestazioni di trasporto e ve ne sono, invece, altri che spesso sono condizionati dai loro committenti, gli intermediari, e pertanto non sono in condizione di richiedere incrementi per i servizi realizzati. Una situazione che avrebbe potuto (e dovuto) essere affrontata in tempo utile senza lasciar crescere pericolosi sentimenti di protesta da parte dei vettori colpiti. È da questi fatti che sono nate le prime manifestazioni di protesta, che fino a ora sono state limitate ma che, se non gestite adeguatamente, in poco tempo potrebbero diventare l’elemento scatenante per allargare la “rivolta” in un settore che la crisi economica e la concorrenza incontrollata da parte di vettori esteri sta pesantemente colpendo. Vi sono insomma le condizioni perché si inneschi nel Paese una protesta che potrebbe non limitarsi al mare. Gli stessi armatori non sono certo in grado di arginare la situazione, come pensava il Governo, magari “internalizzando” i nuovi incrementi che hanno invece dovuto trasferire sui vettori. Solo la committenza, come spesso avviene, si gode i benefici. Potrà non piacere, ma queste sono le conseguenze di un mercato non gestito. Un primo incontro fra esponenti del governo e rappresentanti della categoria, tenutosi nella giornata di martedì, non ha certamente soddisfatto l’intero mondo dei vettori e già nella prossima settimana sono in programma nuovi “tavoli”. L’unica soluzione possibile è che si intervenga sulle risorse dedicate alle Autostrade del mare (il che avrebbe senso visto che si deve trasferire sul mare una maggior quota di trasporto merci). Il timore è però che dietro questa vertenza si possa nasconda dell’altro: per esempio qualche tentativo di ottenere spazi da parte di talune realtà che utilizzano le proteste, come è già avvenuto in un recente passato, a fini non sempre riconducibili ai reali interessi dei vettori? La questione è delicata e se il Governo non saprà gestire in modo adeguato la vicenda gli sviluppi non potranno che essere devastanti.

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio 

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