Logistica,un affare sempre più sporco. Le norme per ripulirlo ci sono, ma il Governo non lo fa

Per frenare l’illegalità che ormai fa da padrone nella logistica esiste una sola via: tornare al rispetto delle regole, far applicare le normative che esistono e che prevedono la responsabilità condivisa di tutti coloro che compongono la filiera del trasporto, così come esistono l’azione di rivalsa e i valori della sicurezza. Una via che Conftrasporto indica da anni ma che i governi che si sono succeduti dal 2011 non hanno seguito, preferendo logiche diverse. Perché? Come mai non sono applicate queste normative? Pura e semplice superficialità di coloro che hanno avuto la responsabilità di gestire il dicastero dei Trasporti? O forse il peso di qualche rappresentanza della committenza che mira solo a lucrare sulle attività di operatori che rischiano in proprio? Dopo tanti anni quesiti come questi, da cui può dipendere – non scordiamolo – la vita di moltissime persone, non meriterebbero di trovare finalmente risposte chiare e nette? Conftrasporto si batte da tempo perché il rispetto delle regole sia un fatto consequenziale. Invano. Vani sono stati, negli anni, i ricorsi ai tribunali amministrativi, all’Autority Antitrust, alla Corte costituzionale e anche alla Corte di giustizia europea. Il risultato, anche se alcuni interpreti del diritto hanno confermato che le norme italiane erano incompatibili con i principi costituzionali e del libero mercato (riuscendo anche a far credere che così fosse e che presto, finalmente, le cose sarebbero davvero cambiate….), è stato esattamente il contrario. Niente di vero, dunque. La Corte suprema ha riconosciuto la validità dei valori purché definiti da un’Autorità terza pubblica e quindi ha rigettato l’interpretazione dell’incompatibilità che veniva data. Da ultimo anche la Corte costituzionale ha respinto due ricorsi riconoscendo la perfetta validità delle norme contestate. Eppure è sotto gli occhi di tutti che quelle disposizioni avevano un unico scopo: porre fine a episodi di sfruttamento, favorire maggior sicurezza oltre che evitare perdite consistenti per le entrate dello Stato. Chi ha ovviato di garantire il rispetto di una legge dello Stato è, dunque, colpevole. È pur vero che, a loro discolpa, esistono pareri dell’Antitrust che ha avversato quelle normative erigendosi a supremo giudice, addirittura superiore alla Corte di giustizia europea e alla Suprema Corte nazionale. Ma il dubbio che sia mancata una attenta valutazione è forte, innanzitutto perché appare indecoroso che un uomo di governo, investito da un mandato popolare, sia pure attraverso il Parlamento, debba sottostare a un giudizio di un’Autorità, espressione di pura e semplice burocrazia. Nei fatti queste interpretazioni superficiali hanno finito con il generare situazioni che hanno danneggiato gli operatori e lo stesso Stato. Una situazione che la giornalista Milena Gabanelli ha rappresentato chiarissimamente sul Corriere della Sera di lunedì 16 dicembre, dando spazio alla denuncia di Roberto Fontana, sostituto procuratore nel dipartimento Crisi d’impresa della Procura di Milano, contro le “società che si aggiudicano a basso costo contratti di appalto o subappalto e che spariscono in poco tempo”, ed evidenziando proprio come il fenomeno “sia diffuso in alcuni settori produttivi, nelle attività di servizi, ma soprattutto nella logistica”. Logistica che ha visto un caso “emblematico” citato sempre da Milena Gabanelli sul Corriere della Sera: “quello di Ceva Logistics per la quale proprio la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Milano ha disposto un’inedita “amministrazione giudiziaria” di uno degli stabilimenti di Ceva Logistics Italia Srl, divisione italiana del colosso quotato a Zurigo e con 7 miliardi di fatturato in 170 Paesi per 58.000 impiegati”. Un quadro quello mostrato dal Corriere, che è la perfetta rappresentazione di una condizione che si è ampliata proprio perché sbagliate interpretazioni o la mancanza di applicazione, attraverso controlli adeguati, di normative di legge, l’hanno favorita. Con proprio il settore della logistica che “brilla” per il suo coinvolgimento: imprese che appaltano ad altre che subappaltano e che utilizzano vettori talvolta anche irregolari, che non pagano le tasse e che sono oggetto di sfruttamento inaccettabile. Poiché l’unica regola per marginare i costi è la violazione delle regole sulla sicurezza sociale e della circolazione che sono alla base delle leggi 32/05 e dei successivi decreti legislativi di attuazione, sopravvive solo chi viola le norme. Alla luce di queste “verità assolute” e che nessuno, a meno di essere in malafede, può contestare, quale risposta verrà data alla richiesta contenuta nell’intesa raggiunta con il ministro per le Infrastrutture e i trasporti Paola De Micheli e più che mai adeguata per porre fine a una situazione vergognosa che si è generata nel tempo? La “politica” non perda ulteriore tempo, anche perché chi ha preceduto l’attuale responsabile del dicastero dei Trasporti lo ha già fatto abbondantemente. A chiederlo, denunciando una situazione inaccettabile in un Paese civile, non sono questa volta le federazioni di un settore ma una giornalista che ha voluto approfondire ed evidenziare un’autentica vergogna.

Paolo Uggé, vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio

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