Si fa prima a chiudere i ponti che a renderli sicuri. “Ma così a crollare è la fiducia nello Stato”

Prevedere qualcosa che poi realmente si avvera può far molto piacere. Ma può anche diventare una fonte di dispiacere. Doriano Bendotti, segretario provinciale della Fai, la federazione autotrasportatori italiani, di Bergamo è dispiaciutissimo d’aver “azzeccato” ogni previsione fatta all’indomani della chiusura delle indagini sulla tragedia avvenuta il 28 ottobre 2016 ad Annone Brianza, sulla Statale 36, dove un cavalcavia aveva ceduto di schianto uccidendo una persona e ferendone altre sei. Già, perché alla notizia che due dirigenti della Provincia di Bergamo (che avevano rilasciato l’autorizzazione per il trasporto eccezionale all’azienda proprietaria del mezzo transitato durante il crollo) erano stati indagati, Doriano Bendotti aveva previsto il pericolo di un’ondata di nuovi divieti disposti da funzionari della pubblica amministrazione, spaventati dall’idea di poter finire nei guai con la giustizia proprio per aver autorizzato magari anche solo un trasporto eccezionale. Un timore di nuovi divieti (invece che di lavori di manutenzione sui ponti e cavalcavia per mettere in sicurezza le infrastrutture e consentire alle imprese di autotrasporti di lavorare, perché evidentemente è più facile chiudere i ponti che renderli sicuri…. ) destinato ad aumentare esponenzialmente ora che un’amministrazione provinciale, quella di Lodi, ha deciso di vietare l’attraversamento a tutti i mezzi pesanti oltre le 44 tonnellate (cliccate qui per leggere l’articolo). “ Un divieto assurdo, che di fatto toglie il diritto al lavoro, che impedisce a un settore di poter esercitare la propria attività con conseguenza gravissime su bilanci e occupazione”, denuncia Doriano Bendotti. “Leggendo una decina di giorni fa la notizia dei due funzionari indagati nell’ambito della tragedia di Annone avevo subito temuto il peggio, ovvero che negli uffici pubblici potesse scattare la corsa a mettersi al riparo da possibili guai giudiziari, cosa peraltro comprensibilissima soprattutto in un Paese come il nostro dove non si capisce mai troppo bene di chi sono le responsabilità e dove a pagare è spesso chi subisce le conseguenze di chi non sa fare leggi chiare e tantomeno farle applicare. E ora, dopo le notizie che arrivano da Lodi il timore che “vietare” diventi la norma, è altissimo. Intendiamoci: la giustizia ha fatto il suo corso e deve continuare a farlo senza che nessuno interferisca: è la politica che non ha fatto il suo dovere. A oltre due anni dalla tragedia di Annone Brianza tutto è rimasto come prima, nessuno ha dettato regole chiare e uguali per tutti per affrontare l’emergenza, pochissimi controlli sono stati fatti, e nel frattempo moltissime aziende sono state messe in ginocchio, costrette a fare salti mortali in un mare di burocrazia per organizzare un solo trasporto. Aziende chiamate addirittura in diversi casi a dover dimostrare, pagando i periti di tasca propria, che i ponti che avrebbero dovuto attraversare non sarebbero crollati. Ma che Paese siamo diventati? Affrontare la situazione non rilasciando le autorizzazioni è pura e semplice follia. Anzi molto peggio: perché a pagarne le conseguenze sono  cittadini che chiedono solo di lavorare e non possono farlo per  l’incapacità di uno Stato, che troppo spesso ha le sembianze di una macchina divoratrice di denaro pubblico, incapace di garantire la  sicurezza sulle strade e il  diritto a percorrerle a chi sulle strade ci lavora . Di questo stiamo parlando. Qualcuno, magari la magistratura stessa, si accorgerà che è un “reato” impedire alla gente di lavorare? Qualcuno invece di combattere ogni giorno le proprie battaglie politiche per i propri interessi e quelli del proprio partito vorrà provare a occuparsi degli interessi (e dei diritti) dei cittadini? Il livello di credibilità di certi rappresentanti del Paese è crollato. Ma su qual crollo nessuno è interessato a “indagare” a dovere….

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *