Auto elettriche, tutto quello che avreste voluto sapere su come e quando ricaricarle…

Il futuro dell’auto è elettrico? A giudicare dalle “manovre” fatte da molti costruttori verrebbe da rispondere assolutamente di sì. Ma perché la “rivoluzione” (perché di questo si tratta) possa davvero avvenire occorre che sia pronto anche il mercato di chi  questi mezzi dovrà”alimentarli”:  l’italia è davvero pronta a “rifornire” i nuovi mezzi elettici? Una domanda che stradafacendo.tgcom 24 ha rivolto ai responsabili di una delle (pochissime) realtà impegnate nella “costruzione” di una rete di impianti di rifornimento, pubblici e privati, di energia elettrica per auto (e non solo): la Scame di Parre, in provincia di Bergamo. Che ha affidato Omar Imberti, responsabile marketing per la Business Unit EV, l’incarico di “radiografare” la situazione a oggi e in prospettiva.

E_mob 2018, seconda edizione della conferenza nazionale della mobilità elettrica che si è da poco chiusa a Milano, ha confermato che è scoccata l’ora dell’auto elettrica: è davvero così? È davvero credibile che, come annunciato nella tre giorni milanese, entro il 2030 possano circolare in Italia milioni di vetture spinte dall’elettricità? “Le auto elettriche in Italia, seppur con numeri bassi, sono incoraggianti in quanto risultano quadruplicate a luglio e più che raddoppiate dall’inizio dell’anno (+152%). Le auto ibride sono cresciute del 48% a luglio e del 33% nei primi sette mesi del 2018. In generale, le elettriche e le ibride, nell’ultimo mese, hanno superato la quota del 5% (dati Unrae). Le stime sul futuro prossimo sono di 2 milioni di nuove auto in commercio a livello globale al termine del 2018. A livello globale è la Cina il mercato più importante, con circa 580mila auto vendute e una crescita del 72% rispetto all’anno precedente, seguita dall’Europa (290mila, +39%) e dagli Stati Uniti (200mila, +27%). Il Giappone si colloca in quarta posizione, ma con i suoi 56.000 veicoli venduti e una crescita del 155% si afferma come il mercato più dinamico. Nel 2017 in Europa sono stati immatricolati 287.000 veicoli elettrici (+39% rispetto al 2016). Di fatto l’Europa si è confermata il secondo mercato mondiale dopo l’Asia, che è ovviamente trainata dalla Cina.

In Norvegia il 40 per cento di chi acquista una nuova auto la sceglie elettrica

Il Paese europeo che è più entusiasta delle auto elettriche è la Norvegia: i veicoli sono 62mila, ma il dato più impressionante è che si tratta del 39% delle auto vendute nel Paese. In pratica quasi un’auto su due è elettrica. Segue la Germania con quasi 55.000 immatricolazioni, più del doppio del 2016 (+117%), che sorpassa sia la Gran Bretagna, a quota 47.000 (+27%), sia la Francia (37.000, +26%). Questi primi quattro Paesi rappresentano da soli il 70% del totale in Europa”.  

Il mercato italiano è ancora in ritardo ma sta recuperando

I dati di oggi  ci dicono che  Italia nel 2017 sono state immatricolate 1.945 auto elettriche e che  nel primo semestre del 2018 ne sono state immatricolate p2.249 elettriche pure a cui si aggiungono 2.119 ibride plug-in: la crescita c’è ma non appare così importante… “Il mercato italiano è ancora indietro rispetto ai principali partner europei: lo scorso anno ha pesato per meno del 2% nel mercato europeo dei veicoli elettrici, a fronte del 13% del totale delle immatricolazioni. Ma i risultati dei primi mesi del 2018 testimoniano un crescente fermento del settore anche in Italia visti i risultati del primo semestre che fanno registrare un aumento dell’89%”. 

Quale auto elettrica scegliere? Milano ha messo in vetrina 130 modelli …

A Milano il raduno finale di e_mob ha visto però protagoniste 130 auto elettriche e avrebbero potuto essere di più se ci fossero stati più spazi disponibili, a conferma che l’industria automobilistica sembra davvero pronta a una vera e propria “rivoluzione”….  “L’industria dell’automotive è ufficialmente partita, lo dimostrano i numerosi modelli esposti al Salone di Parigi in corso in questi giorni. Di fatto tutti i produttori presentano almeno un modello plug-in. Certamente anche l’imminente scadenza a rispettare i limiti di emissioni sempre più stringenti spinge i car makers a proporre soluzioni a zero o quantomeno basse emissioni di Co2 come i modelli ibridi plug-in”. 

I costruttori sono pronti. E gli impianti di “rifornimento”?

Anche  “gli altri” sono pronti?  Chi, come Scame, realizza impianti per la ricarica elettrica è pronto?  “I produttori di stazioni di ricarica, in Italia, si contano sulle dita di una mano. Esistono diverse aziende che commercializzano dei prodotti di costruttori esteri ma bisogna prestare molta attenzione, perché le normative di sicurezza in tema di ricarica dei veicoli differiscono da Stato a Stato e non è detto che un prodotto conforme alle regole di un determinato paese (es. UK o Spagna) siano conformi a quanto previsto in Italia. Considerando l’importanza dei parametri di sicurezza, visto che parliamo di elettricità, è sempre opportuno verificare bene non solo la qualità in generale dei prodotti che arrivano dall’estero, ma anche la conformità degli stessi”. 

Ricarica veloce: presto sarà davvero simile a un distributore di carburante?

Stazioni di servizio elettriche dove fare il pieno di corrente: a fine 2017, secondo i dati contenuti nell’e Mobility Report 2018 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, si contavano 2.750 punti di ricarica pubblici dei quali il 16 per cento high power e 1.300 colonnine. Che differenza c’è? “La ricarica dell’auto elettrica si divide in due grandi categorie: la ricarica Standard in modo 3 (detta anche in corrente alternata “AC”) ed è la ricarica che avviene nei classici momenti in cui l’auto è ferma e quindi potenzialmente caricabile (es. casa, lavoro, hotel, centri commerciali etc.). In questi casi la potenza utilizzata varia tra i 3 ed i 22 kW ed i tempi di ricarica non sono rapidissimi, ma tipicamente compatibili con le abitudini e gli stili di vita degli electric driver. La ricarica cosiddetta Fast o rapida in modo 4 (detta anche in corrente continua “DC”) prevede potenze in gioco più alte, attualmente fino a 50 kW ma già ci sono sperimentazioni fino a 350 kW, è molto più simile al modello distributore di carburante”.  

Entro il 2025  ci saranno 50mila colonnine pubbliche?

Entro il 2025 si calcola potrebbero esserci fino a quasi 40mila o addirittura, nelle previsioni più ottimistiche, a 50mila colonnine pubbliche. Previsioni “credibili”?  “Considerando i parametri di riduzione di CO2 da parte dei produttori rispetto al limite di 95 g di CO2 al Km già fissati per il 2021 e aggiungendo che lo scorso 3 ottobre il Parlamento europeo ha approvato la proposta che prevede una riduzione quasi massima, ovvero -20% al 2025 e – 40% al 2030 è inevitabile che i veicoli a basse emissioni venduti nei prossimi hanno andranno ad aumentare esponenzialmente e con loro le infrastrutture per la ricarica. Un recente studio di Ambrosetti ha disegnato uno scenario ottimistico al 2030 in cui avremo 45.000 stazioni di ricarica pubblici e 4,5 MIO wall box privati. Lo scenario pessimistico prevede 30.000 stazioni di ricarica pubblici e 1,5 MIO wall box privati (fonte studio: ELECTRIFY 2030 – The European House Ambrosetti)”. 

Colonnine di rifornimento a  domicilio: il “pieno” si fa a casa o in ufficio

Accanto a quello degli impianti per il rifornimento  lungo strade e autostrade esiste  un altro nuovo importantissimo mercato in prospettiva: quello delle colonnine di rifornimento a  domicilio.  Come funziona questo “mercato”?  “Premesso che il momento migliore per caricare l’auto è quando la stessa è ferma, e secondo molte statistiche questo avviene per circa 22/23 ore al giorno, certamente il mercato dovrà tenerne conto e quindi soddisfare le richieste di ricarica proprio in questi momenti. A conferma di ciò un recente studio di Transport & Environment ha rilevato che nel 95% dei casi la ricarica avviene a casa o al lavoro. L’integrazione poi tra mobilità elettrica e fotovoltaico si sta sempre più diffondendo anche in Italia, l’electric driver infatti è attento alle fonti di energia utilizzate per alimentare la propria auto e in questo senso il fotovoltaico è certamente una fonte pulita e accessibile, soprattutto considerando la maggior parte delle ricariche avviene nella propria abitazione. A questo si aggiungono (e si aggiungeranno) anche altri modelli di business come la ricarica mobile, ma sarà senza dubbio interessante lo sviluppo in questo senso una volta possibile lo scambio di energia tra veicoli il cosiddetto Vehicle to Vehicle (V2V). Per ovviare al limite massimo di 3,5kW (la normale utenza domestica) SCAME già oggi propone una soluzione di ricarica che permetta l’integrazione con un impianto fino a 6kW. È un dispositivo di ricarica WALL BOX con sistema di power managment che consente di ricaricare la propria auto con la tranquillità di poter continuare ad utilizzare i carichi domestici, senza incorrere in un rischio di blackout. Probabilmente in futuro ci saranno gestori che offriranno tariffe agevolate riservate alla ricarica dei veicoli elettrici, ma solo a tale scopo sarà necessario differenziare la ricarica dell’auto dalle altre utenze”. 

Dal 2020 il veicolo elettrico sarà economicamente vantaggioso già dopo 4 anni 

Oggi a frenare il costo dell’acquisto di veicoli ibridi o full electric è soprattutto il costo maggiore rispetto a “diesel” o “benzina”. L’acquisto delle colonnine elettriche può essere frenato dai costi? Quanto costa oggi una colonnina pubblica? E una “privata”? “Sicuramente l’impatto del prezzo iniziale è uno dei maggiori ostacoli anche se andrebbe considerato in toto Total cost of Ownership. Dallo studio Fuelling Italy’s Future risulta evidente come già dal 2020 questo risulterà essere vantaggioso già dai primi 4 anni di vita del veicolo. Per quanto riguarda i costi ovviamente le variabili possono essere molteplici sia per quanto riguarda i prodotti che le condizioni di impianto.

Ricaricare l’auto a casa costa meno di quanto si possa immaginare

In linea generale si può considerare che un wallbox installato può avere costi indicativi di 1.000/1.200 euro mentre per una colonnina si può considerare un costo indicativo da 3/4.000 euro (installazione esclusa) a salire”.

Chi ristruttura casa o uffici dovrà avere l’impianto di ricarica elettrica 

Dal 2018  in casi di ristrutturazioni di immobili con determinate caratteristiche è previsto l’obbligo di inserire le colonnine per la ricarica. Sta accadendo? Il mercato si è realmente mosso in questa direzione? “La direttiva AFID, DL 257 del 16-12-2016 prescrive che, entro il 31 dicembre 2017, ai Comuni di adeguare il regolamento edilizio prevedendo che per il conseguimento del titolo abilitativo sia obbligatoriamente prevista la predisposizione per installare colonnine di ricarica dei veicoli elettrici. Tale obbligo riguarderà gli edifici di nuova costruzione a uso diverso da quello residenziale con superficie utile superiore a 500 metri quadrati e relativi interventi di ristrutturazione profonda e gli edifici residenziali di nuova costruzione con almeno 10 unità abitative e i relativi interventi di ristrutturazione profonda. Le infrastrutture elettriche predisposte dovranno permettere la connessione di una vettura da ciascuno spazio a parcheggio coperto o scoperto e da ciascun box per auto, siano essi pertinenziali o no, in conformità alle disposizioni edilizie di dettaglio fissate nel regolamento stesso e, relativamente ai soli edifici residenziali di nuova costruzione con almeno 10 unità abitative, per un numero di spazi a parcheggio e box auto non inferiore al 20% di quelli totali. In realtà questa norma prevede l’adeguamento dei regolamenti edilizi comunali e questi non sempre sono uniformi. Nella realtà alcuni Comuni stanno effettivamente chiedendo l’applicazione in alcuni casi anche più stringente prevedendo quindi non la sola predisposizione ma anche l’installazione (che era obbligatoria prima dell’entrata in vigore della direttiva). Purtroppo poi capita anche che la colonnina installata non sempre sia facilmente fruibile dagli utilizzatori, aspetto che invece dovrebbe essere posto come priorità”. 

Ecco perchè la  corsa all’auto elettrica partiràprima del previsto

Per le colonnine private si ipotizzano numeri incredibili: nel 2030 potrebbero variare tra 1,4 milioni e 1,6 milioni nello scenario più pessimista per arrivare  fino a 6,8 milioni nello “scenario di sviluppo accelerato”…  Le analisi ci dicono però anche che solo entro il 2024 si dovrebbe giungere alla parità di costo iniziale con i veicoli a combustione interna: quindi la vera “corsa all’elettrico” partirà solo nel 2025? “Stando a questi dati potrebbe sembrare così, in realtà  la coscienza sociale verso scelte sempre più sostenibili, che a seconda della sensibilità di ognuno hanno comunque un “valore” da inserire nei calcoli del TCO (Total Cost Of Ownership),  abbassa questa prospettiva. A questo si aggiunge l’assoluta necessità dei costruttori di immatricolare veicoli che gli permettano di rispettare i parametri imposti pena sanzioni amministrative pesantissime (95 euro di multa per ogni grammo di Co2 in eccesso per ogni auto). Questo spingerà i costruttori a trovare formule per rendere i veicoli elettrici allettanti molto prima 2025”. 

Scame in realtà si era mossa molti anni prima, iniziando a progettare diversi anni fa. Siete stati voi troppo frettolosi o è il cambiamento che, come quasi sempre, ha rallentato la sua corsa? “In realtà c’è chi era partito anche prima di noi. I veicoli elettrici infatti hanno una lunga storia alle spalle.

Motori elettrici? Francia e Inghilterra hanno cominciato a studiarli a fine 1800

La loro origine risale al 1832, ben prima dell’invenzione del motore a combustione interna. La Francia e la Gran Bretagna furono le prime nazioni europee ad avere una diffusione significativa di veicoli elettrici a partire dalla fine del XIX secolo. Le automobili elettriche erano preferite rispetto alle altre perché erano silenziose, non vibravano, non emettevano sgradevoli odori e non avevano nemmeno il cambio. Ma a partire dall’inizio dello scorso secolo una serie di fattori economico-ambientale segnarono un cambio di tendenza a favore dell’auto a benzina, eclissando il successo dell’auto elettrica. Innanzitutto la scoperta di grandi giacimenti di petrolio in Texas diminuì drasticamente il prezzo di mercato del carburante, e l’introduzione di importanti innovazioni come la catena di montaggio dell’industriale Henry Ford, e il motorino di avviamento, segnarono una svolta decisiva della tendenza. Queste nuove invenzioni permisero infatti di ridurre i costi di produzione e di rendere i prezzi delle auto accessibili a una maggiore fetta di mercato. Inoltre, la buona autonomia delle auto a benzina permetteva di soddisfare anche la crescente necessità di percorrere sempre più lunghe distanze. Tra la fine degli Anni 60 e primi Anni 70 l’interesse per le auto elettriche si ridestò a fronte del nascente interesse nel miglioramento della qualità dell’aria. Gli Stati Uniti a partire dal 1970 vararono il Programma di incentivazione “Federal Clean Car Incentive Program” per far fronte al vertiginoso aumento del prezzo del petrolio innescato dall’embargo dei paesi dell’OPEC e dalla guerra dello Yom Kippur del 1973, ma il programma fu presto cancellato perché non raggiunse gli obiettivi prefissati. Negli Anni 90 ci fu in USA una nuova ondata di entusiasmo e la produzione dei veicoli elettrici ricominciò, grazie anche al mandato del governo della California “Zero Emission Vehicle”. Ma per vari motivi il progetto non ha avuto seguito (per maggiori info vedi film documentario del 2006 “Who Killed the Electric Car?”). L’impegno di Scame nel settore delle infrastrutture e dei componenti di ricarica dell’auto elettrica nasce alla fine degli Anni 90. Già nel 1999 infatti, insieme al Cei-Cives (la Commissione italiana veicoli elettrici stradali a batteria, ibridi e a celle combustibili) fu progettato e realizzato il primo connettore specificatamente dedicato alla ricarica di veicoli elettrici leggeri, quello oggi normato come tipo 3A.

Chi ha rallentato il cambiamento? Gli interessi delle lobby economiche e politiche

E quali sono i fattori che principalmente hanno rallentato il cambiamento?  “Sicuramente l’aspetto politico/lobbistico legato a certi interessi e di conseguenza lo sviluppo tecnologico che è direttamente proporzionale alle condizioni di mercato. D’altra parte anche la tecnologia ha giocato il suo ruolo: le “vecchie” batterie al piombo non erano adeguate e abbastanza competitive per lanciare modelli di automobili con alimentazione alternative in grado di dare il via a un settore alternativo nella mobilità.

Le batterie agli ioni di litio, sviluppate per la telefonia mobile, hanno “riacceso” l’auto

La spinta al mercato è arrivata con l’applicazione della tecnologia delle batterie agli ioni di litio, sviluppate nel settore della telefonia mobile, applicata al settore automotive”. C’entra,e te arrivare a garantire autonomie simili a quelle garantite dall’endotermico toglie la cosiddetta “range anxiety” e, anche se molti automobilisti percorrono meno di 100 km al giorno (95 % degli europei secondo Libro bianco di Cives) sapere di aver e a disposizione molta autonomia rende psicologicamente più facile l’approccio alla mobilità elettrica

Tempi di ricarica, autonomia di percorrenza: la medaglia negativa ha anche un rovescio…

Meno “dipendenza” dal petrolio, meno inquinamento, ma anche più posti di lavoro.  Le potenziali voci positive che si leggono nel “bilancio” di questo possibile cambiamento proposto a e-mob, sono diverse e importansissime: Non c’è nessun rovescio della medaglia? Per esempio: i tempi di ricarica, l’autonomia di percorrenza? Non resteranno i primi particolarmente lunghi e i secondi limitati? “Se compariamo il modello distributore di carburante certamente l’auto elettrica ne esce penalizzata, ma se invece consideriamo che il tempo che oggi “perdiamo” dal distributore potremmo recuperarlo tutto perché in realtà il “pieno” lo facciamo nei momenti in cui non usiamo l’auto diventa addirittura un vantaggio. A livello di autonomia poi è vero in senso assoluto che è minore di un’auto a combustibile fossile, ma sempre uscendo dal modello attuale, non ho bisogno di aspettare che si accenda la spia della riserva per fare “carburante” perché mi carico ogni volta che ne ho la possibilità, un po’ come facciamo con il nostro smartphone.

Quante volte percorro in un giorno i 400 chilometri che le auto elettriche garantiscono?

E inoltre quante volte ho la necessità di fare in un solo giorno i 3/400 Km che oggi le auto elettriche garantiscono come autonomia? Solo in quel caso, tipicamente raro, userò il modello “distributore di carburante”, che ovviamente dovrà essere sviluppato capillarmente, per  ma tutte le altre volte avrò addirittura guadagnato tempo. 

Il vero problema è lo smaltimento delle  batterie, ma esistono già soluzioni

L’unico vero rovescio della medaglia, che non vale per le solo auto elettriche ma per tutti gli oggetti che hanno a bordo batterie a ioni di litio, potrebbe riguardare lo smaltimento delle stesse. A oggi ci sono molteplici studi e esperimenti anche di second life per allontanare il momento dello smaltimento aumentando il margine temporale per trovare soluzioni efficienti (efficaci già esistono) per rendere sostenibile a tutti i livelli il processo”. Immaginiamo che una batterie che arrivi ad una efficienza del 70/80 % (da quanto si evince questo accade dopo 10/15 anni di utilizzo), questo è quello che oggi si definisce il limite di efficenza per un auto elettrica, ma potrebbe essere utilizzata altri 15/20 anni come impianto di Storace per una abitazione dove l’efficenza accettata può essere anche minore. Di fatto avremmo circa 30 anni per trovare soluzioni efficienti. E’ d’obbligo il condizionale per gli aspetti sulla second life devono essere regolamentati

 

Anche per pullman e tir il futuro è “pieno d’energia”

Anche per i mezzi pesanti, come i pullman ma soprattutto i pesantissimi Tir è possibile pensare a un futuro elettrico? E che tipo di “colonnone” serviranno (voi ci state lavorando)?  “Premesso che l’aspetto del trasporto pubblico è un tema importantissimo, l’obiettivo che ci dobbiamo porre non è certo trasformare le auto endotermiche che circolano oggi in auto elettriche. L’obiettivo principale deve essere ridurre in generale le auto che circolano nelle nostre città, è solo dopo questo dobbiamo porci l’obiettivo di fare in modo che queste non impattino sull’ambiente. Inserito in questo contesto diventa fondamentale l’apporto dei trasporti pubblici e dei bus in generale che a maggior ragione dovranno essere a “zero emissioni”. Venendo alla loro ricarica condìsiderando che le potenze in giorno solo molto alte e che anche le condizioni in operano e ricaricano sono diverse spesso i proguddoti di Bus sviluppano anche la tecnologia di ricarica unitamente al prodotto. Ci sono anche produttori europei che stanno lavorando a questi aspetti, Scame in particolare oggi non è impegnata su questo fronte me non lo si esclude per il futuro. Sempre a proposito di trasporti pesanti,va ricordato che Tesla Motors ha presentato pochi mesi fa “SEMI” il primo modello di TIR full electric con 1000 km di autonomia. Anche altre case produttrici come per esempio Scania e Iveco, stanno lavorando a dei prototipi full elettrici in questo segmento. Nei prossimi anni vedremo un sicuro sviluppo di questo nuovo tipo di tecnologie e dei relativi sistemi di ricarica”.

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