Chi inquina paga? Quello slogan è una presa in giro, a pagare di più sono i tir più “puliti”

“Lo slogan “chi inquina paga” è un’autentica presa in giro. La verità in Italia è che chi meno inquina paga di più, e lo studio realizzato da Confcommercio-Conftrasporto lo dimostra. Se la sostenibilità rappresenta davvero un valore va sostenuta senza pregiudizi ma con una fiscalità equa”. A denunciare come dietro le belle parole (che riassumono con uno slogan ormai famoso la direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale) si nasconda una realtà ben diversa è Paolo Uggè, vicepresidente di Conftrasporto e di Confcommercio, uno dei protagonisti della quarta edizione del Forum Internazionale di Conftrasporto organizzato da Confcommercio, in collaborazione con Ambrosetti, e ospitato al Grand Hotel Villa d’Este di Cernobbio, sul lago di Como. “La tassazione è confusa e dannosa e il taglio lineare è iniquo”, ha affermato Paolo Uggè, sostenendo la necessità di prevedere un decalage, con un “peso fiscale” via via sempre più leggero per i mezzi pesanti più recenti, capaci di ridurre l’inquinamento grazie alla tecnologia. “Perché se si vuole davvero un ricambio delle flotte di mezzi pesanti e dunque una difesa dell’ambiente, ma anche più sicurezza su strade e autostrade, un Euro 6 deve pagare meno di un Euro 5 e quest’ultimo meno di un Euro 4”, ha affermato il vicepresidente di Conftrasporto e Confcommercio. È impossibile non concordare e non difendere il principio chi inquina paga ma è altrettanto impossibile non raccontare la verità che si nasconde dietro facili slogan “analizzando i dati, a partire dai costi sostenuti dal settore rispetto alle esternalità ambientali determinate”. Costi che per il settore dell’autotrasporto, “responsabile” di impatti negativi sull’ambiente, non tornano affatto, visto che, ha affermato Paolo Uggé, “considerando che un tir Euro 6 percorre più chilometri il dato che emerge dalle nostra analisi conferma che chi ha investito per sostituire i vecchi mezzi paga 2 volte e mezzo o addirittura tre volte di più di chi non ha acquistato veicoli di nuova tecnologia pulita”. Dati messi nero su bianco nel “volume” d’analisi realizzata dagli esperti dell’ufficio studi di Confcommercio che si sono domandati, “calcolati i costi dell’inquinamento per ciascun veicolo per classe emissiva con peso totale a terra  oltre le 7,5 tonnellate, quanto dovrebbe valere l’accisa per litro di carburante al fine di neutralizzare perfettamente le esternalità generate”. La risposta alla domanda, definita “dirimente rispetto alle esigenze di una fiscalità equa e ordinata”, è semplicemente “sconfortante. “Nell’ipotesi peggiore, cioè di valutazione elevata dei costi dell’inquinamento”, si legge nel documento, “le accise nette internalizzanti, ai fini ambientali, dovrebbero andare da 0,282 euro per veicoli con terza classe emissiva (Euro3) a 0,131 euro per i meno inquinanti (Euro6): “attualmente le accise nette valgono 0,403 euro a litro e dal 2019 passerebbero a 0,437 euro a litro, risultando da doppie a più che triple rispetto a un’equa tassazione ambientale”.”Nel 2017, ciascun autocarro circolante, attivo in conto terzi, ha versato mediamente tasse ambientali in eccesso tra 4.717 e 7.570 euro rispetto all’inquinamento generato”, ha aggiunto Paolo Uggè, sottolineado a più riprese durante il suo intervento d’apertura dei lavori “l’assurdità del fatto che l’agire combinato tra accise in eccesso e rimborsi non differenziati rappresenti una vera e propria offesa macroscopica ai principi della tassazione, che vogliono imposte commisurate ai guasti prodotti a terzi dall’attività. Un’assurdita che impone un disordine ideologico a tutto il sistema dei trasporti e all’economia nel complesso, generando una cattiva allocazione delle risorse, frenando investimenti, innovazione e sviluppo proprio perché il sistema dei prezzi, colpito in modo iniquo dalla tassazione, non funziona come dovrebbe”. La strada per rimediare? “L’accisa unitaria, commisurata al litro di carburante, dovrebbe essere variabile in modo inversamente proporzionale alle emissioni inquinanti, modulando la pressione fiscale in funzione dell’inquinamento dei veicoli per classe emissiva. L’ambiente si difende non con facili slogan ma con decisioni prese sulla base di un’analisi attenta dei problemi”, ha concluso il vicepresidente nazionale di Conftrasporto e Confcommercio che trascinando ancora una volta sul “banco degli imputati” il mondo ambientalista di facciata, quello degli slogan facili e bugiardi, ha voluto anche ricordare come “l’analisi costi benefici sulla diversificazione modale, spostando le merci dalla “gomma” al ferro” delle rotaie, vada affrontata con raziocinio e senza il “furore iconoclasta” di certi ambientalisti”. Quelli che, conti alla mano, penalizzano chi investe per un autotrasporto più pulito…

 

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