La rabbia dei trasportatori? Colpa anche di chi al Governo ha buttato benzina sul fuoco

“Se qualcuno ti chiede di dare e di fare tutto quello che puoi;  se poi ti chiede di andare oltre realizzando anche ciò che non dovrebbe neppure competerti costringendoti a pagare ancora di tasca tua nonostante anni di crisi abbiamo svuotato le casse; se poi ti ripaga con accordi sottoscritti non mantenuti e sprechi di denaro pubblico a favore dei soliti burocrati… beh, prima o poi quel qualcuno deve aspettarsi che qualcosa gli venga restituito in ugual moneta… Il mondo dell’autotrasporto, dopo aver spremuto fino all’ultima goccia di sudore, dopo aver donato il sangue ed essere stato ricompensato con una straordinaria presa in giro non poteva subire oltre. E ha deciso di reagire. E a quanto sto vedendo, sembra deciso a farlo con grande forza: sabato 18 marzo la mobilitazione degli autotrasportatori in provincia di Bergamo credo farà particolarmente rumore, con non pochi inconvenienti per i cittadini ai quali però mi sento di dire, senza alcun timore d’essere smentito, che i responsabili non sono da individuare negli autotrasportatori, ma in chi, alla guida del Paese, li ha presi a pesci in faccia”. Non sembra avere dubbi, Doriano Bendotti, sul risultato della protesta dei Tir pronta a partire in numerosissime regioni d’Italia il prossimo fine settimana, dopo il semaforo verde acceso dai rappresentanti nazionali delle associazioni di categoria, riunite in Unatras, esausti per  una situazione insostenibile e resa insopportabile da promesse rivelatesi solo bugie. Obbligati, di fatto, a imboccare la via della mobilitazione generale. “Ci aspettiamo una protesta forte non solo perché in associazione stiamo ricevendo segnali in tal senso, ma anche perché alcuni rappresentanti del settore trasporto persone, oltre che merci, tassisti e noleggiatori con conducente, ci stanno chiedendo di poter scendere in strada a protestare con noi”, sottolinea Doriano Bendotti, alle prese con una macchina dell’organizzazione della protesta non facile. “Il nostro ruolo è quello di gestire il tutto in modo tale da cercare di creare meno disagi possibili alla popolazione, ma  un pizzico di preoccupazione c’è: perchè non è facile ricondurre alla calma persone letteralmente esasperate, e non è facile soprattutto perché abbiamo tutti consapevolezza che quell’esasperazione è profondamente “giusta”. Fai Bergamo sta gettando acqua sul fuoco, ma non è facile provare a difendere chi, come questo Governo, è palesemente colpevole di non aver mantenuto la parola data e di aver preteso lo stesso nuovi sacrifici. Guardo ai trasporti eccezionali e vedo che dopo il crollo del cavalcavia di Annone Brianza di fine ottobre, non vengono più autorizzati. E intanto tir e merci restano fermi. Guardo a una possibile risposta da parte del Governo alla richiesta della categoria di mappare le infrastrutture a rischio e di indicarci percorsi alternativi: niente. Come se la cosa non li riguardasse. In cambio le pubbliche amministrazioni chiedono alle imprese che effettuano questo tipo di trasporti che, a ogni attraversamento di ogni singolo ponte, un ingegnere certifichi la stabilità dell’infrastruttura. Ingegnere ovviamente pagato dall’impresa di trasporto…  E c’è perfino ,chi ha chiesto alle imprese di verificare se sul percorso ci sono statue o opere d’arte che potrebbero essere autorizzate… di segnalarlo, di provvedere…. Cosa deve fare l’autotrasportatore? Anche l’ingegnere o il sovrintendente alle belle arti? Aggiungete a tutto questo la mancanza di certezze nei pagamenti; il fatto che il Governo trovi i soldi per pagare nuovi dipendenti per l’Authority dei trasporti ma non riesca invece a reperire i fondi per assumere 280 ingegneri che consentano di far revisionare i camion nelle motorizzazioni civili facendoli ripartire; aggiungete qualche altra decisione inspiegabile puntualmente elencata sul sito della federazione, www.conftrasporto.it, e giudicate voi:  il 18 marzo la protesta poteva non partire? 

Una risposta a “La rabbia dei trasportatori? Colpa anche di chi al Governo ha buttato benzina sul fuoco

  1. Un modo per colpire i “signori della politica” ci sarebbe: la rivolta fiscale. Umberto Bossi & Co non la volevano fare? Se tutta l’Italia lavoratrice e onesta smettesse di pagare le tasse, ovviamente con la promessa di tornare a farlo solo quando questi avessero realmente fatto pulizia nella macchina burocratica, qualcosa cambierebbe….

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