La fiducia degli autotrasportatori nella politica viaggia in retromarcia. E l’Italia è spezzata in due

Può davvero essere capace di far ripartire i trasporti e la logistica, fattori indispensabili per rimettere in moto l’intera economia, un Paese che ha impiegato 31 anni per completare i 40 chilometri della Variante di Valico Barberino-Sasso Marconi e 45 anni circa per realizzare appena nove degli 85 chilometri della Tirreno-Brennero, come denunciato nel focus di Confcommercio e Isfort su trasporti e logistica in Italia presentato nella seconda giornata del Forum internazionale di Conftrasporto a Cernobbio? È una domanda che si sono posti in molti fra gli ospiti del convegno organizzato da Confcommercio e ospitato a Villa d’Este, in un clima di fiducia non esattamente alle stelle nei confronti della classe politica. Un clima confermato dall’indagine svolta fra gli imprenditori dell’autotrasporto interpellati da Conftrasporto, decisamente pessimisti sulle prospettive dell’economia italiana (41,8 contro il 31,5 per cento). Un clima di sfiducia che chi guida il Paese potrebbe modificare probabilmente solo intervenendo immediatamente e in modo concreto, non solo a parole, per affrontare una situazione per certi versi drammatica fotografata sempre dal documento elaborato dall’Ufficio studi di Confcommercio. Un esempio? L’immagine dell’Italia “spezzata in due in termini di accessibilità, con le regioni del Centro a fare da cuscinetto: se in Abruzzo e in Umbria i volumi di merce movimentati tra il 2010 e il 2014 via strada sono diminuiti in misura nettamente superiore alla media nazionale, in Friuli Venezia Giulia la contrazione si ferma a un quinto della media. E nulla cambia se si guarda alle ferrovie, visto che poco meno di tre quarti del traffico interno nazionale avviene tra le regioni a nord dell’Emilia Romagna”. Una cartina dell’Italia “a singhiozzo” sulla quale sono tracciate strade nate vecchie, mai nate, incomplete che, per essere completate avrebbero immediatamente bisogno di un’iniezione di denaro: circa 16 miliardi di euro, da aggiungere ai quasi 2 destinati al potenziamento del trasporto merci ferroviario. Più rosea, invece, la situazione per quanto riguarda i porti, “con i buoni esempi di Genova e Ravenna in termini di diversificazione del traffico ed equilibrio tra offerta e domanda, e di La Spezia e Trieste per l’intermodalità mare-ferrovia”.

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