Italia ancora in crisi, un imprenditore del trasporto su due non vede la ripresa

La crisi non è ancora finita. Ne è convinto un imprenditore su due del settore autotrasporto e logistica. Il dato emerge da un’indagine realizzata da Confcommercio e Conftrasporto, in collaborazione con Format Research, presentata al Forum Internazionale di Cernobbio. Secondo il sondaggio, il 52,4 per cento delle imprese del settore considerano peggiorata la situazione economica generale dell’Italia. Gli imprenditori dell’autotrasporto e della logistica sono più pessimisti rispetto alla totalità delle imprese italiane (il 40 per cento indica un peggioramento).

I dati sono comunque migliori rispetto a quelli emersi ad aprile (60,9 per cento). Lo studio, che fa comunque emergere risultati migliori rispetto a un’analoga rilevazione effettuata nell’aprile scorso, sottolinea anche che il 56 per cento degli imprenditori ha visto ridurre i propri ricavi (era il 58,7 per cento ad aprile) e il 26 per cento prevede un’ulteriore flessione per i prossimi mesi (era il 27,3 per cento); passa infine dal 57 per cento dello scorso aprile al 55,6 per cento la quota di imprese dell’autotrasporto e della logistica che ha ridotto gli occupati, mentre resta stabile la situazione dei prezzi praticati ai clienti.

5 risposte a “Italia ancora in crisi, un imprenditore del trasporto su due non vede la ripresa

  1. Che “gufi” questi trasportatori la ripresa c’è ma loro si ostinano a non vederla (sarà nascosta dietro i camion fermi).

  2. Non sarà perché gli aumentati mezzi pesanti che circolano sulle nostre strade e che secondo la Confetra dimostrano che nel settore c’è la ripresa in realtà sono nella maggior parte provenienti da paesi esteri?

  3. Concordo con Ludovico ma vorrei far notare che molti di quegli automezzi con targa estera sono delle imprese italiane che hanno delocalizzato grazie alle politiche assurde dei nostri esecutivi che non si sono mai preoccupati di una attività che è elemento di competitività. Le imprese che hanno delocalizzato, molte non tutte, non avevano altra scelta che delocalizzarsi o chiudere. Questa è una delle conseguenze del mercato aperto con il quale o si convive o ci si ridimensiona.

  4. Vorrei far notare un aspetto che deve essere tenuto in considerazione. Se le imprese italiane di autotrasporto non si evolvono, quindi questa è un occasione da non perdere, lasceranno spazio a chi invece, facendo solo intermediazione, crescerà grazie alla possibilità di poter sfruttare tanti operatori di altri paesi europei. Così non si rende competitivo il trasporto europeo ma si consente a sacche parassitarie di continuare a sfruttare le debolezze e divisioni di tanti. Ecco perché, e lo dico senza piaggeria, ritengo che la Fai, che cerca di far crescere la cultura di impresa e quindi stimola le imprese che esercitano la sola vezione a crescere per fornire dei servizi a valore aggiunto, stia veramente portando avanti una politica a favore delle imprese nazionali di autotrasporto. Questa è la ragione principale per la quale dopo anni ho lasciato l’ organizzazione della quale facevo parte ed ho deciso di aderire alla Fai. Complimenti per le iniziative che stanno a dimostrare quanto, pur non essendo immune da errori, la Fai ritengo sia la federazione che più di ogni altra porti avanti azioni per il mondo dei trasporti e della logistica. Io ero uno che non condividevo le posizioni di Uggè ma ora debbo ricredermi e riconoscere quanto la sua visione del trasporto era lungimirante.

  5. A proposito di crisi, come giudicate la situazione in cui un’impresa di vecchia data, con personale assunto da decenni, si vede soffiare le commesse da un’altra azienda, appena costituita ad hoc, che assumendo nuovo personale ha ben ottomila euro di sgravio all’anno per tre anni e quindi costi ridotti e tariffe più basse?

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