La committenza dovrà pagare i costi minimi per la sicurezza nel trasporto?

Moltissimi autotrasportatori, committenti, avvocati e giudici l’attendevano  con ansia. Nella speranza che la decisione della Corte Costituzionale chiamata a esprimersi sulla legittimità dell’articolo 83-bis sui costi minimi di esercizio per l’autotrasporto potesse finalmente indicare un’unica strada da seguire, identica per tutti i tribunali nei quali negli ultimi mesi trasportatori e committenti si sono dati appuntamento per capire se i costi minimi devono essere  o meno riconosciuti per legge. Invece l’ordinanza numero 8o,  depositata  lo scorso 13 maggio 2015, con la quale la Corte Costituzionale  ha dichiarato inammissibile la questione, lascia tutto come prima. Affidando di fatto  l’interpretazione dei singoli caso ai singoli giudici. L’ennesima sconfitta per il sistema giudiziario, incapace di far si che una legge debba essere applicata e non “interpretata”; ma allo stesso tempo una piccola vittoria, anche se ai punti, per gli autotrasportatori, considerando che una diversa decisione della Corte costituzionale, che avesse definito incostituzionale la norma, avrebbe cancellato con un colpo di spugna tutti i ricorsi presentati nei mesi scorsi dagli autotrasportatori che hanno chiesto di ottenere il pagamento dei costi minimi. “L’inammissibilità si basa esclusivamente sull’intervenuta sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 settembre 2014 che ha affermato dei principi in materia di costi minimi direttamente applicabili nel nostro ordinamento e tali da determinare il rinvio della controversia ai Tribunali di merito (Lucca e Trento)”, precisa una nota diffusa dai responsabili di Fai Conftrasporto. Ma cosa accadrà d’ora in avanti? Per tutte le vertenze aperte prima che il Governo italiano stabilisse di ristabilire l’autonomia contrattuale (prevedendo che “nel contratto di trasporto, anche stipulato in forma non scritta, i prezzi  e  le  condizioni sono rimessi all’autonomia negoziale delle parti, tenuto conto dei principi di adeguatezza in materia di sicurezza stradale e sociale”) gli autotrasportatori potranno continuare a chiedere il saldo delle fatture emesse calcolando il costo minimo per il trasporto pubblicato periodicamente dal ministero dei Trasporti. E i committenti potranno continuare a opporsi. Con i giudici che potranno dare ragione ora all’uno ora all’altro. Come accaduto fino a oggi, anche se con una prevalenza di sentenze emesse a favore dei trasportatori e contro la committenza.

5 risposte a “La committenza dovrà pagare i costi minimi per la sicurezza nel trasporto?

  1. L’ordinanza pubblicata ieri con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dai Tribunali di Lucca e Trento con riferimento all’art. 83 bis del d.l. 112/2008, recante la disciplina dei c.d. costi minimi di sicurezza dell’autotrasporto di merci, va interpretata sulla falsariga della giurisprudenza della Consulta, secondo cui “i princìpi enunciati dalla Corte di giustizia, riguardo a norme oggetto di giudizio di legittimità costituzionale, si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno con il valore di jus superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quelle norme conservano efficacia e devono essere applicate anche da parte del giudice a quo”. Com’è noto, tra le ordinanze di rimessione di cui sopra e la decisione in commento sono trascorsi più di due anni, durante i quali sono intervenute rilevanti novità che hanno inciso sensibilmente sui termini della questione devoluta a suo tempo al giudice delle leggi.
    Ci si riferisce ovviamente alla sentenza della Corte di Giustizia U.E. del 4.9.2014, con la quale è stata dichiarata in contrasto con la normativa europea sulla concorrenza la disciplina dei costi minini di sicurezza limitatamente all’applicazione datane dall’Osservatorio della Consulta generale dell’Autotrasporto e della Logistica (dal novembre 2011 al luglio 2012) e alla legge di Stabilità 2015 (l. 23.12.2014 n. 190) che ha riscritto il testo dell’art. 83-bis con efficacia, tuttavia, a decorrere dall’entrata in vigore della stessa. Preso atto della significativa modifica del quadro normativo su cui effettuare il suo giudizio di legittimità, la Corte Costituzionale ha disposto, pertanto, il rinvio degli atti ai due giudici remittenti “per un nuovo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione alla luce dello ius superveniens”. Trattasi all’evidenza di una pronuncia che volutamente non è scesa nel merito delle censure sollevate in riferimento all’art. 83 bis, nella misura in cui queste sono state ritenute non più attuali e rilevanti rispetto alla definizione dei giudizi da cui si sono originate, essendo piuttosto compito dei giudici remittenti valutare se, alla luce del mutato quadro giuridico, vi siano ancora margini per sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 bis. La conseguenze di questa pronuncia sul contenzioso pendente e sulle posizioni maturate e fin qui non azionate non sono per nulla trascurabili, perché la disciplina dei costi minimi di sicurezza si conferma ancora come perfettamente efficace ed applicabile in relazione al periodo di sua vigenza (ossia fino al 31.12.2014): non è, infatti, intervenuta alcuna pronuncia abrogativa a negarne l’ultrattività e la ricordata sentenza della Corte di Giustizia ha avuto come effetto unicamente l’annullamento da parte del Tar Lazio delle tabelle pubblicate dal già ricordato Osservatorio nella sua breve vita, senza alcun coinvolgimento di quelle esitate prima e dopo dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Resta immutata, pertanto, la possibilità per gli autotrasportatori di agire giudizialmente (avvalendosi a tal fine della strada accelerata del procedimento per decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo) per il recupero dalla committenza del costi minimi di sicurezza relativi ai trasporti eseguiti fino alla fine dell’anno scorso, con l’unico limite rappresentato dalla maturazione dei tempi di prescrizione (5 anni per i contratti non scritti; un solo anno per quelli scritti) ed esclusa naturalmente dal conteggio la parentesi di attività del sopra ricordato Osservatorio.

  2. Credo proprio che la committenza non riuscirà a togliersi di mezzo i costi minimi, soprattutto per i periodi nei quali questi sono stati decisi da organi pubblici.
    La corte Costituzionale oltretutto mantiene inalterata la validità dell’articolo 83-bis, della legge 133/2008 ed il principio secondo il quale chi fa un servizio deve essere remunerato per lo meno dei costi di esercizio che sopporta mi pare più che rafforzato.

  3. Costi minimi: la Sentenza della Corte di Giustizia si limita esclusivamente a sanzionare il sistema tariffario che si basava sul ruolo dell’Osservatorio Nessuna abolizione, dunque, dei costi minimi stabiliti in via ministeriale. Un altro importante successo dell’avvocato Barbara Tomì sul Tribunale di Ferrara in materia di costi minimi dell’autotrasporto merci conto terzi. Dovrà ricredersi, chi pensava che la classe dei trasportatori dovesse ormai rassegnarsi.Sulla scottante materia dei costi minimi, ormai da più di un anno all’attenzione degli esperti di diritto dei trasporti, interviene finalmente un’importante pronuncia ottenuta dall’avvocato Barbara Tomì che rappresenta da tempo diverse compagnie di autotrasportatori interessati a veder riconosciuto nelle aule giudiziarie il proprio diritto di adeguamento a corrispettivi minimi delle tariffe per i trasporti.Tante negli ultimi mesi le interpretazioni contrarie, secondo le quali la sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea il 4 settembre 2014 avrebbe messo una pietra tombale sull’intero istituto dei costi minimi. A rendere tutto più difficile anche pronunce dei nostri giudici nazionali, che, senza distinguere di quali costi minimi i vettori chiedessero il rispetto, certo non dimostravano di dare la dovuta considerazione ai diritti di chi ha viaggiato per la committenza prima dell’istituzione del criticato Osservatorio e che, dalla pronuncia della Corte di Giustizia, rischiava di essere pregiudicato senza motivo. A tale deriva ha messo un primo freno la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 80 del 15/04/2015, che ha chiamato i singoli Tribunali territoriali a non appiattirsi sulla sentenza della Corte di Giustizia ma a valutarne, caso per caso, l’incidenza sulle singole controversie, tenendo sempre presente che i giudici di Lussemburgo si sono limitati a stabilire l’incompatibilità con il diritto europeo del solo Osservatorio, peraltro per le modalità della sua composizione.
    Agli esperti non poteva sfuggire, così, la recente pronuncia del 28 maggio 2015 con la quale il Tribunale di Roma ha chiarito che l’art. 83 bis D.L. 112/2008 deve essere comunque applicato, nonostante la sentenza della Corte di Giustizia, laddove non sia chiesta l’applicazione delle tariffe del censurato Osservatorio: esattamente ciò di cui era già convinta l’Avv. Tomì, che come legale di una ditta di autotrasporto, ha sostenuto le propri ragioni con la convinzione e determinazione che la contraddistinguono, davanti al Tribunale di Ferrara. La sentenza europea si è limitata esclusivamente a sanzionare il sistema tariffario che si basava sul ruolo dell’Osservatorio dell’Autotrasporto: nessuna abolizione, dunque, dei costi minimi stabiliti in via ministeriale. Questo è il fulcro della decisione del Giudice del foro ferrarese che, con ordinanza dell’8 Luglio, ha accolto integralmente le argomentazioni avanzate dall’Avvocato Tomì, così dimostrando di riconoscere il diritto dei vettori a percepire corrispettivi minimi per i trasporti eseguiti. La pronuncia fa chiarezza finalmente sulla materia e smentisce le interpretazioni di chi ha voluto dare al pronunciato della Corte di Giustizia un’applicazione anche troppo estensiva, fino a mettere in discussione principi cardine del nostro ordinamento. Per difendere in giudizio i vettori, infatti, l’Avv. Tomì ha anche dovuto precisare che l’abrogazione dell’art. 83 bis del D.L. 112/08, convertito con Legge 133/08, operata dall’ultima legge di stabilità, non ha efficacia retroattiva. E il Giudice ha confermato, con sollievo dei vettori ricorrenti i cui diritti sono fatti salvi. Del resto, non poteva essere diversamente. Nessuna rassegnazione, quindi, quando il diritto è dalla parte dei diritti. PER MAGGIORI INFORMAZIONI POTRETE CONTATTARE LO STUDIO LEGALE DELL’AVV. BARBARA TOMI’ 0425-599946 avv.barbaratomi@gmail.com Dott.ssa Eugenia Nardone

  4. COSTI MINIMI: TRASPORTATORI, NON ARRENDETEVI.
    IL PARERE DELL’AVV. BARBARA TOMÌ
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    di BARBARA TOMÌ (Avvocato del Foro di Rovigo)
    SOMMARIO: 1. Le ingiunzioni di pagamento a carico dei committenti – 2. La confermata efficacia dei decreti ingiuntivi emessi – 3. Conclusioni
    Abstract: In materia di costi minimi dell’autotrasporto, l’innegabile autorità della Corte di Giustizia non può impedire la legittima definizione del campo di applicazione della sentenza pronunciata dalla stessa Corte il 4 settembre 2014. Proprio questa pronuncia è diventata lo strumento in mano ai committenti per perseguire il malcelato intento politico di eliminare in toto i costi minimi dell’autotrasporto. È necessario, quindi, che la disapplicazione voluta dalla Corte europea non si traduca nell’ingiusto pregiudizio dei diritti degli autotrasportatori.
    [TAG: costi minimi, autotrasporto, Corte di Giustizia, Legge di stabilità, decreti ingiuntivi]

    1. Il nuovo anno avanza veloce e le liti giudiziarie proseguono con (tutti) i tempi di rito. Vecchia e buona storia, ma non quando il rischio è che i ricorsi proposti siano rigettati senza validi motivi e i diritti dei ricorrenti ingiustamente calpestati.
    Parliamo della questione dei costi minimi dell’autotrasporto, ormai nota anche a chi, prima della famigerata sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 4 settembre 2014, non si era mai avvicinato al settore. Proprio la fortuna del tema, tuttavia, fa la sfortuna degli autotrasportatori: pare siano in tanti, infatti, sull’onda del dibattito, ad improvvisarsi esperti in materia e a ripetere in aula trite e discutibili argomentazioni a difesa dei committenti debitori.
    È tempo di fare chiarezza e, a questo scopo, soccorrono illuminanti pronunce emesse dal Tribunale di Ferrara.
    Sono già molteplici i casi di decreti ingiuntivi emessi dietro ricorso di autotrasportatori in attesa di ricevere le differenze dovute rispetto ai costi minimi di riferimento. Citiamo, ad esempio, le ingiunzioni pronunciate dal Dott. Paolo Sangiuolo, N. 713/15 del 27.05.2015 e N. 1093/15 del 31.08.2015. Lo stesso Giudice, peraltro, ha di recente confermato il proprio orientamento, accogliendo altri due ricorsi ed emettendo i decreti ingiuntivi N. 89/16 del 26.01.2016 e N. 112/16 del 29.01.2016.
    Ai magistrati ferraresi, poi, si è da ultimo affiancato anche il Tribunale di Rovigo che, nella persona della Dott.ssa Luisa Bettio, il 22.02.16 ha pronunciato l’ingiunzione N. 164/16, ordinando il pagamento del credito maturato dai vettori che avevano presentato ricorso assistiti dalla scrivente.
    In tutte le ipotesi ora citate, si chiedeva al Tribunale di riconoscere i corrispettivi determinati dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.
    Tale precisazione non è un dettaglio dal momento che, sempre più spesso, si tenta di allargare la censura mossa dalla Corte di Giustizia ai costi minimi stabiliti dall’Osservatorio dell’Autotrasporto anche alle tariffe di fonte ministeriale che, al contrario, non sono state oggetto di sindacato europeo e rispetto alla cui applicazione non sussiste alcun ostacolo.
    La Corte di Giustizia europea, infatti, ha sanzionato soltanto la determinazione di corrispettivi minimi operata dall’Osservatorio, istituto che peraltro ha avuto vita breve, perché costituito nel novembre 2011 e dismesso poco dopo con D.L. 95/12. Le tariffe di fonte ministeriale, invece, sono fatte salve e non costituiscono in alcun modo una violazione del diritto europeo.

    2. È proprio distinguendo l’organismo fonte delle incriminate tariffe ed il periodo di effettuazione dei trasporti che i Giudici ferraresi rigettano le opposizioni proposte e confermano l’efficacia dei decreti ingiuntivi emessi a carico dei committenti per non aver onorato i crediti maturati dai trasportatori.
    A respingere le richieste volte a paralizzare le ingiunzioni è stato, prima, il Dott. Alessandro Rizzieri, con propria ordinanza N.R.G. 1963/15 del 08.07.2015, poi, il Dott. Gabriele Graziani con ordinanza N.R.G. 2833/15 del 18.11.2015.
    Soprattutto, merita di essere citata la recente pronuncia N.R.G. 3274/15 del 22.12.2015, con la quale la Dott.ssa Marianna Cocca, ancora Tribunale di Ferrara, ha smentito categoricamente le diffuse interpretazioni abusive della sentenza europea.
    La maggior parte delle pronunce che rimbalzano per la rete, infatti, dimostrano una quasi nulla conoscenza della materia ed una altrettanto minima comprensione del significato della sentenza europea e dei suoi effetti.
    Ben chiaro è, invece, il dispositivo pronunciato dalla Corte di Giustizia e pienamente coerente con la motivazione della sentenza.
    A detta della Corte, infatti, osta al diritto europeo la determinazione di costi minimi dell’autotrasporto realizzata da un organismo costituito da esponenti dei soggetti economici interessati: è per tale motivo, vale a dire in quanto l’Osservatorio era organismo di rappresentanza degli operatori economici e, in sostanza, associazione d’imprese, che i costi minimi dallo stesso determinati risultano contrastare con il principio europeo di libera concorrenza.
    Il disposto della sentenza non può estendersi, invece, ai costi minimi di formazione ministeriale. Le tariffe determinate dal Ministero, infatti, non falsano la concorrenza: trattasi quest’ultimo di un organismo pubblico, idoneo a tutelare esigenze sovraindividuali, e non certo di un’associazione di imprese volta a concertare intese vietate dall’Unione Europea.
    Se disapplicare i costi minimi stabiliti dall’Osservatorio, pertanto, è del tutto coerente con il diritto europeo, estendere la stessa censura alle tariffe ministeriali è abnorme ed ingiustificato.
    Non si può prescindere, quindi, dal considerare il periodo di effettuazione dei trasporti: solo quelli eseguiti sotto la vigenza dell’Osservatorio sono coinvolti dalla pronuncia della Corte di Giustizia. Per le prestazioni che non ricadono in quel circoscritto periodo temporale, invece, i costi minimi di riferimento non possono essere in alcun modo disapplicati.
    In proposito, è stata avanzata anche l’assurda tesi dell’abrogazione: è appena il caso di dire che questo meccanismo di espunzione di norme dall’ordinamento, che ha riguardato, per effetto della Legge di stabilità 2015 (L.190/2014), i commi 1,2 e da 6 a 11 dell’art. 83-bis del Decreto Legge 112 /08 conv. in Legge 133/08, non opera – senz’altro! – retroattivamente.
    Ne consegue che anche l’intervento abrogativo posto in essere dal nostro legislatore nazionale, se ha effetto per il futuro, non può comunque spiegare alcuna utilità nell’esasperata lotta dei committenti che non intendono riconoscere i costi minimi ministeriali per le prestazioni eseguite da luglio 2012 a dicembre 2014.

    3. Può essere che la Corte europea induca un certo timore reverenziale, ma chi scrive dubita della buona fede dietro tutta questa obbedienza filoeuropea: la continua invocazione alla Corte di Giustizia è, piuttosto, lo strumento per ritardare o addirittura omettere pagamenti doverosi e, così, continuare ad avvantaggiare la categoria dei committenti, che tra le due parti in causa è – si sa – quella politicamente più corteggiata.
    Il fervore europeista tanto esibito ha, peraltro, il contro-effetto di svilire l’autorità della stessa Corte europea, le cui parole sono sempre più abusate ed allontanate dalla ratio che le ispira.
    Di fronte alle sentenze di merito che disapplicano in toto i costi minimi, non si tratta, per chi scrive, di gridare alla lesa maestà, né di dar sfoggio di acume giuridico: semplicemente, la materia è più complessa di quanto la si voglia far apparire. Proprio per questo, allora, si vorrebbe muovere i giudici, chiamati ad accertare i crediti degli autotrasportatori, a non conformarsi all’orientamento che estende – illogicamente – il disposto della Corte di Giustizia ma, invece, ad esercitare il loro legittimo ruolo di vaglio circa l’incidenza della pronuncia europea nello specifico caso portato in aula.
    Solo in questo modo, infatti, è possibile impedire la negazione immotivata dei diritti legittimamente azionati dagli autotrasportatori che assumevano a riferimento le tariffe ministeriali.
    L’accoglimento delle argomentazioni fin qui esposte da parte dei giudici del Tribunale di Ferrara e di Rovigo, ma anche di Roma e di Salerno, è un indizio della loro intrinseca fondatezza e un motivo per proseguire le lotte intraprese.
    Occorre, allora, avanzare lungo il percorso tracciato, con la fiducia che presto siano disattese le tante manipolazioni abusive del disposto europeo e che, almeno nelle aule giudiziarie, i diritti degli autotrasportatori trovino definitiva affermazione.
    PER MAGGIORI INFORMAZIONI POTRETE CONTATTARE LO STUDIO LEGALE DELL’AVV. BARBARA TOMI’ 0425-599946 avv.barbaratomi@gmail.com

  5. COSTI MINIMI:
    LA BATTAGLIA CONTINUA CON L’APPOGGIO DELLA CORTE EUROPEA.

    di BARBARA TOMÌ (Avvocato del Foro di Rovigo)

    Segna una svolta decisiva nella questione dei costi minimi per l’autotrasporto l’ultima ordinanza pronunciata dalla Corte di Giustizia europea il 21 giugno dello scorso anno: con chiarezza granitica la Corte fa definitivamente salve le tariffe fissate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La censura europea resta limitata solo alle determinazioni rese da quel particolare organismo che era l’Osservatorio dell’Autotrasporto tra novembre 2011 e luglio 2012.
    In altre parole, i giudici di Lussemburgo confermano in tutto l’interpretazione che la scrivente sostiene già da anni in difesa di tanti autotrasportatori italiani: non vi è alcun ostacolo all’applicazione dei costi minimi di fonte ministeriale.
    Tale interpretazione aveva fatto breccia nelle aule di tribunale ancor prima dell’ordinanza europea di giugno 2016 tant’è vero che sono diverse le corti che hanno riconosciuto fondati i ricorsi promossi dagli autotrasportatori sulla base delle tariffe fissate dal Ministero.
    All’origine del dibattito vi è l’ormai celebre sentenza che la Corte di Giustizia europea aveva pronunciato il 4 settembre 2014. Sollecitata con lo strumento del rinvio pregiudiziale, la Corte giudicava contraria al principio di libera concorrenza la determinazione di costi minimi per l’autotrasporto operata dall’Osservatorio costituito nel luglio 2010, in quanto quest’ultimo era organismo rappresentativo degli operatori economici e, in sostanza, associazione di imprese.
    Rispetto alle tariffe ministeriali, invece, i giudici europei non sollevavano alcuna obiezione. Tuttavia, della citata sentenza sono dilagate – e tutt’ora per la rete ve n’è traccia – letture a dir poco capziose, volte a estendere la censura della Corte anche ai costi minimi determinati dal Ministero. Interpretazioni di questo genere, precipitato di inesattezze giuridiche e di forzature logiche miscelate in parti uguali, non hanno evidentemente altro scopo se non quello di contrastare e scoraggiare le azioni dei vettori, i cui interessi economici sono da sempre tenuti in minor conto rispetto a quelli, più strategicamente attraenti, dei committenti.
    Si aggiunga, poi, che mentre tali fantasiose letture trovano tuttora ampia eco, ben poco spazio è accordato, nei canali di informazione giuridica, telematici e non, a interventi che illustrino correttamente l’evoluzione della giurisprudenza, nazionale ed europea, in materia. Tale disparità mediatica non pare, peraltro, frutto del caso quanto piuttosto una precisa scelta di campo, attuata con l’intento di disincentivare le più che legittime richieste degli autotrasportatori.
    Qui è il nodo – e anche la soluzione – del problema. Che le prime pronunce in materia fossero negative dei diritti dei vettori, infatti, è circostanza da imputare esclusivamente a una lettura giudiziale frettolosa ed eccessiva della sentenza rilasciata dalla Corte nel settembre 2014, lettura di cui i committenti si sono immediatamente appropriati e che hanno contribuito a diffondere per rendere, nel proprio interesse, un’informazione distorta e parziale.
    È inutile, tuttavia, negare l’evidenza: i tribunali hanno invertito palesemente il proprio iniziale orientamento e oggi rendono un’applicazione sempre più oculata delle parole della Corte.
    Vale la pena, allora, consegnare agli interessati della materia un rapido excursus delle pronunce ottenute in favore degli autotrasportatori.
    I primi a prendere posizione in favore dei vettori, ancora nel 2015, sono stati i giudici del Tribunale di Ferrara, dapprima emettendo decreti ingiuntivi a carico dei committenti e, poi, soprattutto, confermando l’efficacia esecutiva accordata alle ingiunzioni: prima il Dott. Alessandro Rizzieri, con propria ordinanza N.R.G. 1963/15 del 08 luglio 2015, poi, il Dott. Gabriele Graziani con ordinanza N.R.G. 2833/15 del 18 novembre 2015 e, soprattutto, la Dott.ssa Marianna Cocca che con le sue pronunce N.R.G. 3274/15 del 22 dicembre 2015 e N.R.G.628/16 del 15 marzo 2016 ha smentito categoricamente le stiracchiate tesi addotte in difesa della committenza per paralizzare i decreti ingiuntivi.
    Il punto di partenza delle pronunce giudiziarie, ormai, è la netta distinzione tra le tariffe posto dall’Osservatorio e quelle ministeriali. Che queste ultime, in particolare, siano perfettamente azionabili è fuor di dubbio e l’ha ribadito anche il Tribunale di Siracusa, recentemente adito dalla scrivente legale. Il 6 giugno 2016, infatti, il Giudice Dott. Rizzo ha pronunciato l’ingiunzione N. 756/2016, condannando i committenti a pagare più di 150.000,00 euro ai trasportatori committenti e ciò proprio in considerazione del fatto che ad essere azionate fossero le tariffe poste dall’amministrazione nazionale.
    Un dato allora emerge con chiarezza: nelle aule giudiziarie si è progressivamente fatta strada la convinzione della validità dei costi minimi ministeriali e tale convinzione riposa a sua volta sulla conferma giunta a chiare lettere dalla Corte europea con l’ordinanza del 21 giugno 2016. Significativo è già lo strumento adottato dai giudici europei: non la sentenza, ma l’ordinanza, sempre preferita laddove la Corte ritenga che la questione non ponga alcun dubbio o sia risolvibile sulla scorta della giurisprudenza emanata. La salvezza dei costi minimi posti dal Ministero, infatti, era certa sin dalla prima sentenza del 2014: si vedano a riprova le sopra citate pronunce.
    L’ordinanza di giugno 2016, però, marca il passo decisivo spazzando via qualsivoglia ostacolo si pretenda di opporre alle azioni promosse dai vettori.
    Nei mesi appena successivi alla pubblicazione dell’ordinanza, infatti, i magistrati hanno subito dimostrato di conformarsi al dictum della Corte di Giustizia. Nell’ottobre 2016, prima il Dott. Gentili del Tribunale di Bologna, poi, il Dott. Solarino del Tribunale di Siracusa hanno emesso le ingiunzioni rispettivamente N. 5558/16 del 5 ottobre e N. 1540/16 del 12 ottobre: le prime, si auspica, di una nuova serie di pronunce confortate dall’indiscutibile interpretazione resa in materia dalla Corte europea.
    ​In conclusione, l’ultima ordinanza della Corte di Giustizia segna un punto chiave nella battaglia per l’applicazione dei costi minimi e sospinge i vettori un passo avanti lungo la scalata verso la piena tutela dei loro diritti, vulnerabili e troppe volte disattesi.

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