”Se troveremo un quadro normativo che lo renda possibile, promettiamo lavoro e meno congestioni stradali. L’impatto che possiamo avere sulle città è enorme”. Parola di Travis Kalanick, ceo di Uber, che per il 2015 scommette sempre più sull’Europa. Con più auto e assunzioni. Parlando alla conferenza Digital Life Design a Monaco di Baviera, Kalanick, come riporta il Wall Street Journal, ha spiegato che intende ”stabilire una nuova partnership” con le città europee, portando sulle loro strade 400mila vetture e creando 50mila posti di lavoro.
Kalanick ha parlato anche dei problemi che sta incontrando la società in Europa, criticando le regole che, ha detto, ”esistono solo perché l’industria dei taxi sta cercando di proteggere se stessa”. In ceo di Uber ha spiegato che gli affari in Olanda e Svezia stanno crescendo, mentre le associazioni di taxi in Francia, Spagna e Germania stanno percorrendo le vie legali nel tentativo di ”soffocare” la concorrenza. Intanto, giovedì 22 gennaio, è previsto un incontro a Bruxelles tra i vertici della società californiana e i commissari Ue ai Trasporti Violeta Bulc e al mercato unico Andrus Ansip.
“Uber naturalmente è solo l’esempio di una nuova ondata di aziende che compongono quella che viene chiamata l’«economia della condivisione» (sharing economy). La premessa è seducente nella sua semplicità: «Le persone hanno le competenze, i clienti vogliono i servizi». Silicon Valley fa la parte del sensale, il tramite che sforna applicazioni in cui i lavoratori fanno coppia con il lavoro. Gli autisti si assumono tutti i rischi e tutti i costi — la macchina, la benzina, l’assicurazione — mentre dirigenti e investitori si arricchiscono.
Ora, chiunque può affittare un appartamento con Airbnb, diventare un tassista attraverso Uber, o fare le pulizia in casa utilizzando Homejoy.Ma sotto l’apparenza di innovazione e progresso, le aziende stanno spogliando le tutele dei lavoratori, spingendo verso il basso i salari e violando i regolamenti governativi.
Al suo cuore, l’economia della condivisione è uno schema per spostare i rischi dalle imprese ai lavoratori, per scoraggiare l’organizzazione del lavoro e per garantire che i capitalisti possano trarre enormi profitti con costi fissi sempre più bassi.Non c’è niente di innovativo o nuovo in questo modello di business. Uber è solo il capitalismo, nella sua forma più cruda.”